Le queer family esistono da sempre (per fortuna!). Un tempo non le chiamavano così. Probabilmente il loro nome originale era: “la famiglia che ti scegli.”
Questo concetto, in estate, diventa di grande attualità.
Parto da lontano.
L’Italia é il paese europeo con le più lunghe vacanze scolastiche “non assistite”
In soldoni significa che, comuni genitori lavoratori devono arrangiarsi nei tre mesi di stop della scuola.
“Stancanze” o addirittura “cacanze”, così sono state definite le ferie scolastiche dei nostri bambini da una mamma influencer.
La tizia in questione non aveva tutti i torti. Perché la scuola che chiude i battenti il 9 giugno, per riaprirli, quando va bene, tre mesi dopo, non é un affare facile da gestire. Non al giorno d’oggi e non per genitori che sono dei comunissimi mortali. Ci sono le alternative, verissimo: campus estivi anche di altissimo livello (tennis, calcio, lingue straniere, nuoto, laboratorio di arte, ecologia, scultura e scrittura creativa), ma anche di elevatissimo costo, con tanto di caparra “salto nel vuoto”, che non tiene conto dell’imprevisto e che ti inguaia a perdere quelle preziose quattrocento euro, sganciate già a fine maggio. Ci sono poi le soluzioni più a misura d’uomo. La scuola che garantisce la cosiddetta “accoglienza”, ergo devi accompagnare tuo figlio laddove ha passato nove mesi sui libri e spacciargli per qualcosa di esaltante le ore e ore passate a colorare, a vedere insieme ad altri cento bambini un cartone in aula magna o a ballare le hit dell’estate in palestra. Diciamoci la verità: un baby parking più che un edificante tempo d’estate. Sorvoliamo sui paesi nordici (Norvegia, Svezia e Finlandia prime delle fila) dove il welfare é un dato di fatto e via ai contributi in denaro per i “summer time” nelle ore scolastiche, per non parlare di valide possibilità di svago for kids del tutto gratuite.
Terza ed ultima alternativa: la famiglia di origine che arriva a sostegno. Ma siamo proprio sicuri che esistano ancora i cosiddetti “nonni baby sitter”? Ed ancor più, riteniamo giusto, semmai ancora ve ne fossero, confinare i tantissimi nonni super agé della nostra epoca allo sfiancante compito di intrattenere per giornate intere i nostri bambini, sotto il solleone di luglio?
La difficile estate
Senza ipocrisia: l’estate, quella in attesa delle agognate ferie (una, due settimane quando va bene), diventa per molti una prova di sopravvivenza.
A meno che non si sperimentino quelle che oggi va di moda chiamare queer family.
Che sono una salvezza, che sono la meraviglia del mondo, che sono conforto e confronto.
Vengo e mi spiego. Se nelle gimkana che fanno i genitori “comuni mortali” ad incastrare le ferie, a darsi il cambio sul posto alla casa (vacanza) al mare o a fare la staffetta per fare coincidere i periodi di villeggiatura con qualche riposo avanzato o con qualche festività soppressa, ci metti loro, le famiglie che ti scegli, allora si inizia a giocare facile.
Parlo per esperienza. Sono reduce da un’estate bella, ma anche tanto impegnativa, sotto molteplici punti di vista. Il diktat é stato uno: fare sí che il nostro bambino trascorresse dei mesi sereni e che riuscisse a stare in compagnia di coetanei. Ben venga il tempo di accoglienza a scuola fino a fine giugno (siamo fortunati, viviamo una realtà scolastica solida e ben organizzata), un imprevisto davvero imponderabile ahimè ci ha dovuto però fare rinunciare al tempo d’estate di luglio. Piano b: la solita casetta al mare, quella di proprietà di amici nostri tanto cari ed ecco che entra in gioco la famiglia queer. Già li ci sentiamo a casa, al sicuro, lo stesso vale per il mio piccolo, che definisce “casa viola, casa sua”. E lí il concetto si allarga, perché ogni anno in estate (stessa spiaggia, stesso mare) ci ritroviamo in tanti amici, con bimbi della stessa età, condividendo le stesse esigenze.
Le meravigliose queer family
Ed ecco porgerci a vicenda la mano: oggi pranzo da noi, così tu puoi lavorare al pc, pomeriggio al mare saranno i mariti a vigilare la ciurma, stasera pigiama party da me. Ed ecco che, come per magia, una decina di bambini, azzerano il carico della gestione “uno a uno”, diventano un a banda di felicità e fanno felici noi genitori (se stanno bene loro, cosa vuoi di più dalla vita?). Si sa, i bimbi sono davvero sereni quando si confrontano e condividono tra di loro. “Io ho preparato una spaghettata da me, porti tu il gelato che non ho fatto in tempo a comprarlo?
E non preoccuparti se Elena ha dimenticato il costumino, rimedieremo qualcosa ed eccola qua, ti mando la foto, guarda che bella!”
“Grazie e allora, quando i bimbi avranno finito di sguazzare al mare, salite da noi a casa, vediamo il tramonto e già che ci siamo mangiamo due spaghetti aglio e olio, sorseggiamo un buon Syrah e siamo felici!”
Ecco: siamo felici!
Perché le vacanze questo devono essere: un miraggio di felicità, da custodire durante i lunghi inverni. Una scorta di piccole cose perfette, da incastrare nel puzzle complesso della vita di tutti i giorni.
Questo sono state le mie vacanze, grazie alla fratellanza e alla sorellanza creata con “estranei”, che diventano puntualmente più che dei parenti stretti, anzi, sono altro. Sono “la famiglia che ti scegli!”
Non c’è dovere di salvataggio, ma solo il piacere di tendersi una mano, di condividere le esigenze reciproche, certi che questo é il solo modo per dimezzare i pesi.
Perché, diciamoci la verità, quelle famiglie solide e “tribali” di un tempo, che io ho sperimentato nella mia fortunata infanzia, oggi non esistono più. Ci sono nonni molto anziani, che mettono in campo tanto amore, ma che arrivano dove possono e che se anche lo volessero, sono poco addomesticati alla pazienza. Hanno passato la vita a lavorare, hanno dovuto delegare la genitorialitá in un tempo in cui i figli erano figli, punto e basta (oggi invece siamo tutti montessoriani, steineriani, psicanalitici e “ho paura che si traumatizzi e che cresca cretino”), come pretendere che siano oggi dei nonni gregari? Può succedere, per carità, ma non è la norma. E la pletora di zii accudenti di un tempo? Oggi le famiglie sono disseminate tra i vari punti cardinali del mondo, figurarsi se in estate si verifica la chimera di ritrovarsi tutto insieme appassionatamente per tre lunghi mesi. Ed allora Dio benedica “le famiglie che ti scegli”, che oggi vanno di moda perché Michela Murgia ha avuto il coraggio di sdoganarle senza troppi giri di parole. Perché sono necessarie. Perché un padre e una madre da soli non potrebbero riempire bene il tempo di un’estate senza fine in un paese dove il welfare per famiglie e bambini è pressoché inesistente. Evviva le queer family, senza le quali io mi sentirei orfana. Perché se a immortalare questa lunga estate ci sono foto sorridenti, paesaggi da cartolina e sicuramente la fortuna di aver vissuto tanti momenti felici (mai scontati), nel
lungo percorso del quotidiano le cose non sono mai così semplici. Grazie alle queer family nell’augurio (che dovrebbe anche essere pretesa) che pure il nostro Stato diventi pilastro delle famiglie italiane, di quelle di sangue e di quelle meravigliosamente queer.
Ps: Mi sembra doveroso ringraziare, per quanto riguarda la mia esperienza personale, i nonni, che sono colonna affettiva fondamentale nella crescita del mio bambino. Che anche durante questa lunga estate, hanno voluto darci il loro sostegno.