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Non posso portare i bimbi in vacanza, come farò?

Una lettrice ci scrive che dovremmo parlare anche di chi non farà neppure un giorno di villeggiatura. La sua lettera dà lo spunto a più di una riflessione

Da diversi giorni, su A tutta Mamma, capita che si parli di vacanze. La stagione invita a questo. In un magazine online, dedicato alle donne, che spesso affronta argomenti cari a mamme e bambini, discettare di spiagge, vademecum per il bagnetto, per il pic nic all’aperto, per le gite in quota, sono i topic del momento. Sarà stato l’ennesimo pezzo tematico, che avrà ispirato una lettrice, che preferisce rimanere in buona parte anonima, pur autorizzandoci a pubblicare il suo nome, Anna, a scriverci delle righe, che fanno riflettere.

La lettera della nostra lettrice su chi in estate rimarrà a casa

La nostra lettrice, ci tiene a puntualizzarlo, non parla per se. Lei è nonna di una nipotina, ha lavorato come impiegata in pubblica amministrazione ed ha avuto la fortuna, negli anni ’80, di concedersi le vacanze must per l’epoca: la settimana in villaggio turistico, qualche week end in bassa stagione e perfino una crociera, quando le sue figlie non erano ancora adolescenti. “Non me la passavo male, scrive Anna. Erano tempi in cui i viaggi all’estero, i voli low cost e la parola villeggiatura a tutti i costi erano ancora orizzonti peregrini. Leggendo le vostre righe, che peraltro apprezzo per varie ragioni, vorrei però farvi notare che, da sempre esiste e per sempre esisterà quella fetta di società che in vacanza non può andare. Che non può permettersi alcun week end, villaggio vacanza con miniclub o casa in affitto a due passi dalla spiaggia. Capisco bene che viviamo nell’era dei social, in cui sbandierare felicità è un obbligo alla faccia di chi felice non può esserlo (non in questo momento). Leggo di gente che vola al fresco della Baviera o sulle spiagge dorate di Formentera. Mal che vada, ammiro foto di acque cristalline di casa nostra, che fanno da sfondo a succulenti aperitivi o a pranzi di pesce da simil nababbi. Vedendo queste inserzioni all’interno della vita di tutti (della maggior parte) mi domando: chi non può permettersi una sola briciola di tutto questo, non subirà il senso di abbandono da una società che ci vuole felici, opulenti e vacanzieri? Non si sentirà forse in colpa verso i propri bambini, a cui non potrà garantire quella vacanza che,  i social e l’informazione online, costi quel che costi, pare volerci imporre? Mi piacerebbe che A tutta Mamma ne parlasse. Darebbe merito a una buona idea, che sto facendomi di voi e del vostro lavoro”.

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I ricordi più belli dell’estate? Stare insieme con semplicità

Intanto ringraziamo la signora Anna per questo input prezioso e per l’attenzione che ci riserva. Leggendo le sue righe, carissima Anna, mi ha fatto tornare in mente la mia infanzia. Sono cresciuta a Casteltermini, un paese dell’entroterra agrigentino. Sono figlia di impiegati statali e da piccola aspettavo l’estate come si aspetta Babbo Natale o di spegnere la candelina sulla torta. Le mie estati erano semplici, genuine, piene di piccole cose, che però ricordo a memoria. Una per una. I giochi con i bimbi del quartiere, per esempio. Ci arrampicavamo su una montagnola di sabbia e una volta in cima parlavamo e ridevamo e poi parlavamo e poi ridevamo ancora. In quella acuta disconnessione di pensieri, privilegio e prerogativa dei bambini, io e i miei compagni di giochi eravamo esattamente felici. Ed ancora, ricordo quando mio nonno mi portava in gita all’orto, un fazzoletto di terra, seminascosto in una viuzza del paese antico. Passavamo il pomeriggio a mangiare fichi, a prendere il sole e a cantare qualche canzone del Festival (mio nonno suonava chitarra e mandolino da maestro, sebbene nessuno glielo avesse mai insegnato). Il massimo della contentezza erano le giornate in campagna. Non avevamo villini, ma una semplice “robba”, di quelle che, nei tempi andati, servivano da appoggio al mezzandro. In quella campagna, le Serre, vi era un giardino bellissimo e minuscolo (il tesoro di mia nonna), un modesto vigneto, quattro o cinque ulivi e poi roveti carichi di more e due alberi, curvi sotto il peso di succose prugne. Le estati alle Serre erano belle come un miracolo. Dense di giochi e canzoni. Di patate arrostite e di pic nic sull’erba con pane e zucchero e frutta fresca. Di un tempo lungo, perché goduto in pieno. Il vicinato si riuniva per vedere la Corrida o il Festivalbar, tutti intorno a un 28 pollici a tubo catodico. Respiravamo felicità. Quella dell’attimo presente, che si autoregala l’immortalità grazie al ricordo. Sa, signora Anna, i miei e genitori, che non erano ricchi, ma avevano due stipendi dignitosi, ogni anno, portavano me e mia sorella, per una settimana, al villaggio vacanza. Lo facevano per farci godere ben bene il mare (con i suoi benefici) e per staccare tutti quanti la spina. A settembre, poi, c’era la gita con il “Dopolavoro”. Si andava tutti a Taormina, in un posto fighissimo, reso accessibile dalla bassa stagione. Se le dicessi che di quelle “villeggiature”, fatte per come si conviene, non ricordo quasi nulla, lei mi crederebbe? Le attendevo sì felice, con il cuore in sella all’entusiasmo. La fiammella però si esauriva subito. Di quelle giornate estive “senza costi aggiuntivi” ricordo, invece, ogni passo, ogni segno di interpunzione. Qualche sera fa, ascoltando dal vivo un concerto di Marcella Bella, sentendole intonare due brani della mia infanzia (a targa anni ’80) ho quasi sentito l’odore di quel tempo felice, scarico di pensieri impegnativi e pieno dei grandi affetti di quando si è bambini. Mi sono scese due lacrime: lente, fiere, cristalline.

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Le cose importanti non costano nulla

Vi sono parecchie cose che, in estate, si possono fare senza alcun costo. La natura non ha prezzo, il mare neppure, un fazzoletto di campagna è concesso a tutti. La buona volontà e le famiglie (nel senso ampio ed inclusivo del termine) capaci di amarsi sapranno fare il resto. Lo scrivo senza retorica. Lo scrivo senza tornare indietro a rivedere. Lo penso davvero.  Certa che si possa essere felici in un lussuoso villaggio di Santorini, come in un umile casetta sui colli. Forse sbaglierò, difficilmente però potrei convincermi del contrario. Grazie Anna e ad maiora!

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