La prima volta che ho incontrato Elvira è stato otto anni fa. Era giugno e, manco a dirlo, ci trovavamo al Tribunale di Palermo. Era un giorno importante. Avevano arrestato il boss Giuseppe Falsone, uno degli allora cento latitanti più ricercati d’Europa. Io ero stanca, intimidita, sfatta da una notte passata ad Agrigento e da un’alba, che mi aveva vista risvegliarmi a Palermo. Elvira invece era bellissima: completino bon ton, che le calzava a pennello e una sua allure personale nell’indossarlo. Non lo dico per piaggeria, quanto perché, la prima cosa che mi venne in mente quando me la presentarono fu proprio questo: che bella donna! Un magistrato, il carissimo dottore Fernando Asaro (oggi Procuratore a Gela), all’epoca pm di punta della Dda di Palermo, mi presentò Elvira con poche parole, lo sguardo attento e una deferenza che dicevano tutto. Finì lì.
Elvira c’è sempre
L’ho incrociata molte volte, perché Elvira Terranova c’è sempre, come conviene a un buon giornalista. L’ho vista accapigliarsi (avendo la meglio) con Matteo Renzi, all’epoca in cui, l’allora delfino Pd, viveva e rifletteva sicumera. L’ho ascoltata intervistare Luca Bianchini, uno scrittore leggero e simpatico, che lei trattò con toni leggeri, ma senza scivolare nella banalità. L’ho ascoltata attenta, mentre ricordava con il cuore, la pancia e le lacrime la sua più cara amica e collega, la mai troppo compianta Cristiana Matano. La trionfante chiesa di San Giuseppe dei Teatini pareva piangere con Elvira e con il resto dell’assemblea.
Sempre attenta, sempre elegante, sempre con quel filo di trucco e di tacco, che, a par delle donne di un tempo, è la cifra stilistica della femminilità.
Con un po’ di timidezza le ho chiesto un’intervista. Perché Elvira ha, a mio avviso, un appeal imponente, che a volte può farla sembrare meno gioviale, di quanto in realtà non sia.
Abbiamo fatto una bella chiacchierata. A cuore aperto. Come capita solo tra donne. E ad Elvira dedichiamo il nostro spazio: donna della settimana.
chi è Elvira Terranova?
Sono originaria di Licata, in provincia di Agrigento, anche se sono nata e cresciuta a Francoforte. Sono figli di immigrati. I miei genitori erano proprietari terrieri e poi, per una serie di congiunture, fecero le valigie e dovettero lasciare la Sicilia. Con i miei e mia sorella ho passato in Germania l’infanzia e buona parte della gioventù. Poi la scelta di tornare.
nasce il fuoco dell’informazione
Assolutamente sì. Inizio giovanissima a collaborare con alcune emittenti locali dell’agrigentino, Tele Video Faro e Teleacras e collaboro anche con il quotidiano La Sicilia. Erano gli inizi degli anni ’90. Era il periodo delle stragi. Mi capita per caso di leggere un bando, una borsa di studio dedicata ad Antonella De Stefani. Il premio era la possibilità di un periodo di lavoro al Giornale di Sicilia. Mi presentai giusto per provare. Non avrei mai immaginato che mi sarei aggiudicata il premio. I quotidiani sono una bella palestra. Inizialmente mi occupavo di scuola, ma contestualmente mi guardavo intorno, annusavo, osservavo. Ero giovane e consapevole che quella doveva essere la mia strada.
poi, cosa suCcede?
Partirono delle collaborazioni con altre testate, alcune di respiro nazionale: Il Resto del Carlino e Oggi Sicilia, dell’editore Ciarrapico. Fu in quel giornale che mi fu fatta la proposta che, per una giornalista, generalmente, rappresenta una chiave di volta. “Ti occuperai di giudiziaria”. Così mi disse la direttrice Marianna Bartoccelli. Occuparsi di giudiziaria non è una cosa che impari dall’oggi al domani. Dovevo iniziare da zero. Non mi scoraggiai. Anzi. Già il giorno seguente ero in procura a bussare, una a una, alle porte di tutti i pm.
L’avventura nella giudiziaria?
Avvincente. Erano gli anni del processo Andreotti, che seguivo senza sosta anche a Perugia. Un giornalista lo sa, quando il mestiere ti prende, non ti stanchi mai. Erano anche i tempi delle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, tra questi Santino Di Matteo, papà del piccolo Giuseppe. Era un’epoca diversa. Il giornalismo non aveva i tempi brevi di oggi, non godeva della velocità di trasmissione e sulle notizie dovevi star sopra nel senso letterale del termine. La presenza era necessaria e questo concetto per me è rimasto inviolabile.
l’ingresso ad Adnkronos, una delle più note agenzie di stampa italiane
Come tutte le cose importanti, mi capitò un po’ fortuitamente. Diciamo che mi trovai al posto giusto nel momento giusto. Entrai come esterna e poi restò vacante un posto nella sede palermitana. Erano gli anni ’90. Non sono più andata via.
Sei diventata Caposervizio. come vivi questo ruolo prestigioso?
Con senso di responsabilità e tanta passione. La mia giornata inizia prestissimo, prima delle sei del mattino. Apro l’agenzia alle 7.00 e la chiudo alle 22.00. Mi occupo di tutto. Il mio ruolo non mi ha relegata dietro una scrivania “da capo”, anzi. Scendo in campo tutti i giorni. La prima cosa è la rassegna stampa, poi via in giro per eventi, stanze dei bottoni, teatri di cronaca e teatri d’opera. In questo mestiere il passo tra il diletto e il dolore è breve. Internet, gli smartphone e le moderne tecnologie facilitano. Chi lavora in agenzia si occupa di lanci, che poi saranno materia prima per le testate. Devi essere veloce. Devi capire il cuore di un fatto e farne una notizia in tempi brevissimi. Avvincente no?
Luoghi, onorificenze, incontri. Raccontaci…
Un ricordo indelebile è legato alla notte tra il 7 e l’8 maggio 2011 quando la mia vita incrociò quella del piccolo Severin. Mi trovavo a Lampedusa. Si aspettava uno sbarco. Era notte. Rimasi sulla banchina insieme ad alcuni uomini delle forze dell’ordine. A un certo punto sentimmo dei suoni acuti. Gabbiani? No! Erano urla di essere umani. Rintracciammo le voci e creammo una catena umana. Ne salvammo tantissimi. Tra le mie braccia finì Severin. Aveva appena quattro mesi. Gli occhi spalancati, che non mi concedevano una sola espressione. Al collo un crocifisso. Girai tutta l’isola con la missione di trovare sua madre. Era mattina quando, nell’area marina protetta, vidi una donna, quella donna, la donna giusta. Mamma e figlio scoppiarono in un urlo che azzerava le distanze. Non lo dimenticherò mai. Era il giorno della festa della mamma. Dissi solo due parole a quella donna, che era esattamente meravigliosa: “Auguri, buona festa della mamma.”
Non ho più avuto loro notizie. Non so perché, ma li immagino felici.
Altro ricordo indelebile, l’essere stata inviata in Afghanistan, aver indossato un giubbotto antiproiettile e aver visto bimbi indifesi come di più non si potrebbe dentro orfanotrofi e ospedali. Scene che ti insegnano tutto in pochi istanti. Mi piace poi ricordare un incontro con una donna davvero speciale, Lucia Annibali, l’avvocato, oggi deputata parlamentare, sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato. Una donna di grande statura. Una cara amica.
amicizie, Esistono nel giornalismo?
Certo. Questo è un tema a me caro perché, in primis mi riporta alla mia Cristiana (Matano n.d.r). Eravamo giovani e “straniere” nella metropoli palermitana. Ci annusammo. Ci studiammo. Come capita nelle amicizie più belle. Diventammo inseparabili. (Elvira si ferma. È commossa. Il tono dice tutto).
sempre a caccia di notizie e la elvira privata?
Ho un compagno, ma non sono mamma. Faccio una vita regolare. Sveglia presto e nanna prima di mezzanotte. Adoro leggere, divoro libri su libri. Il mio preferito è Follia di Patrick Mcgrath. Che adoro la moda lo hai già scritto vero? (Sorride). Mi piace prendermi cura di me, del mio aspetto fisico. Non dimentico le buone abitudini alimentari ed adoro fare rilassanti e lunghe passeggiate. Viaggiare è un altra passione ed il mio pallino è l’esplorazione dei meandri della mia Sicilia. Non si finisce mai di scoprirla. Poi l’opera lirica: la adoro. Ho appena assistito al Rigoletto di Verdi.
Un consiglio a chi vuol fare questo mestiere?
Oggi il giornalismo vive qualche acciacco, ma è ancora vivo e vegeto. Quindi chi vuole fare questo mestiere deve anzitutto leggere, studiare partendo dell’Abc dello scrivere un buon articolo. Avere consapevolezza che si devono avere quante più notizie possibili, avere contezza che il giornalismo non si fa al telefono ma scendendo in strada, a caccia di persone e di fatti. Si devono verificare le notizie così da cercare di scrivere la verità. Per essere un buon giornalista occorre sporcarsi le scarpe, anche se hai i tacchi (come nel mio caso).
Grazie Elvira e ad maiora!
Ps: Citiamo per ultime, ma non per importanza, alcune informazioni importanti su Elvira Terranova. È stata insignita, dalla Regione Sicilia, della Medaglia d’oro al valore civile per il salvataggio di Lampedusa. Per la stessa motivazione, nel gennaio 2016, riceve dal Presidente Sergio Mattarella l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine di Merito della Repubblica italiana. Ha avuto una menzionr speciale nel premio Maria Grazia Cutuli nel 2013 ed è di ieri la notizia di un altro riconoscimento, il premio “Coraggio Emanuela Loi”, conferito a Elvira Terranova, Franca Viola e Lucia Annibali. La cerimonia si svolgerà il 27 ottobre a villa Malfitano a Palermo. Elvira è notoriamente un’iron lady del giornalismo. A lei, ci permettiamo anche di riconoscere un merito importante: fare grande giornalismo nella sua terra, dandole ulteriore onore. A lei, giornalista di frontiera, auguriamo tutti i successi che ancora merita e le riconosciamo di essere davvero bella in quell’istantanea con Severin. Lei stanca e senza trucco e lui con negli occhi la luce grata della salvezza.