Che cos’è l’allergia alimentare?

Per allergia alimentare si intende una risposta anomala del sistema immunitario, scatenata dal contatto con un cibo che comunemente viene assunto senza problemi dalla maggioranza degli individui. Nel linguaggio quotidiano utilizziamo spesso la parola “allergia” per indicare una più generica intolleranza agli alimenti. Qualche volta è effettivamente causata da una reazione allergica, ma in altri casi è causata da:
– difetto del metabolismo degli zuccheri (es. fruttosemia);
– carenze di enzimi digestivi  (es. deficit di lattasi);
– effetti tossici dell’alimento da contaminazione (es. anisakis, parassita presente nel pesce crudo o poco cotto, muffe);
– intolleranza al glutine (malattia celiaca);
– idiosincrasia (reazione anormale in relazione alla quantità di cibo, agli additivi alimentari).

ALIMENTI ALLERGIZZANTI

Potenzialmente qualunque alimento è in grado di indurre allergia, infatti sono stati riportati più di 170 alimenti come causa di reazioni allergiche ma solo una minoranza di questi è responsabile della maggior parte delle reazioni.

Se il bambino nasce con una forte predisposizione familiare allergica, le proteine contenute negli alimenti più frequentemente assunti dalla mamma che allatta o dal bambino con le pappe (come per es. il latte di mucca, le uova, il pesce, il pomodoro, il grano, etc.) possono sensibilizzare il bambino e provocare reazioni allergiche. Leproteine del latte vaccino sono le prime da tenere sotto controllo in quanto le formule artificiali che sostituiscono il latte materno sono a base di latte di mucca. In seguito, numerosi altri alimenti possono causare allergia; i più frequenti sono:
– l’uovo;
– il grano;
– la soia;
– con la crescita anche il pesce (merluzzo, trota, sogliola);
– alcuni tipi di frutta a guscio e legumi (noce brasiliana, mandorle, nocciole, arachidi).

L’80% dei bambini non sviluppa allergia a più di due alimenti contemporaneamente.

COME SI MANIFESTA

Nella maggior parte dei casi le reazioni sono immediate e sono quelle più temibili in quanto compaiono da pochi minuti a due ore circa dal pasto che contiene le proteine allergizzanti.

Le manifestazioni di allergia alimentare possono essere a carico dell’apparato digerente:
– vomito,
– dolori addominali,
– scariche diarroiche,

che compaiono dopo l’assunzione di un alimento (come latte di mucca o uovo) e fanno sorgere il sospetto di allergia alimentare. È bene sottolineare, tuttavia, che questi sintomi non sono affatto specifici: molto spesso dipendono da altre malattie gastrointestinali come la gastroenterite acuta infettiva o altre malattie infiammatorie intestinali.

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Tra le manifestazioni cutanee di allergia alimentare, la dermatite atopica del primo anno di vita può essere aggravata da un’allergia agli alimenti in una minoranza di casi. Anche in questa evenienza, l’osservazione della mamma ha un ruolo estremamente importante nella valutazione clinica: come pensare, ad esempio, che qualche alimento sia la causa della dermatite se la pelle migliora e diventa quasi normale al mare – come spesso accade – sebbene il bambino continui a mangiare più o meno gli stessi alimenti?

È bene invece pensare ad un’allergia alimentare quando l’eczema compare o si aggrava tutte le volte in cui il bambino assume un determinato cibo. Nel dubbio, sarà comunque opportuno ricorrere ai test diagnostici (vedi oltre).

L’orticaria (e l’angioedema), a differenza di quanto comunemente si pensa, è causata da allergia ai cibi in meno del 5% dei casi. Talvolta, ma si tratta di eventualità ben poco frequenti, la rinite e l’asma bronchiale possono essere causate da allergia alimentare.

Il sintomo più temibile è lo shock anafilattico, reazione generalizzata causata dal contatto con l’alimento a cui il bambino è allergico. Fortunatamente il pallore e la riduzione della pressione sono preceduti da manifestazioni cutanee come orticaria/angioedema, rinite, asma bronchiale, spasmo laringeo. Se non si interviene prontamente con un adeguato trattamento salvavita, il collasso cardio-circolatorio può aggravarsi e talvolta condurre al decesso.

LA DIAGNOSI

La diagnosi si basa prevalentemente su di una storia clinica accurata (la familiarità, una descrizione accurata dei sintomi, l’intervallo tra  assunzione dell’alimento e la comparsa di segni clinici) e su di un altrettanto accurato esame obiettivo del bambino.

Per confermare il sospetto di allergia nei confronti dell’alimento considerato, la prima cosa da fare è quella di praticare le prove cutanee con il metodo della puntura della pelle con lancetta (prick test). Il test consiste nell’applicare sulla cute dell’avambraccio una goccia di estratto dell’alimento, nel pungere la goccia con una lancetta e nell’osservare la reazione locale. Quando il sospetto diagnostico cade su alimenti come frutta e verdura, per il test cutaneo è preferibile utilizzare gli alimenti freschi mediante il cosiddetto “prick by prick”.

Nel caso di situazioni che impediscono l’esecuzione delle prove cutanee (pelle molto irritata o molto reattiva o nel caso in cui non si possa sospendere la terapia con antistaminici che interferisce con il risultato delle reazioni cutanee) può essere opportuno, a completamento dell’iter diagnostico, ricorrere alla ricerca nel siero di anticorpi IgE specifici per gli allergeni che si sospettano come causa dei sintomi allergici.

È molto importante tenere sempre presente che né i prick test né i RAST permettono di diagnosticare un’allergia alimentare. Hanno soltanto un valore orientativo e aiutano, insieme alla storia clinica (quel che la mamma ricorda) e all’esame obiettivo (la visita), a sospettare  una allergia . Moltissimi bambini hanno prick test e RAST positivi per le proteine del latte, dell’uovo o per molti altri alimenti eppure non soffrono di alcuna forma di allergia. Uno degli errori più comuni e più dannosi consiste proprio nel considerare il bambino “allergico” soltanto perché ha i prick test o i RAST positivi per qualche alimento!

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La prova decisiva per dimostrare che l’alimento è effettivamente la causa dei sintomi, è la sua esclusione dalla dieta: la dieta di eliminazione di uno o più cibi viene praticata per un massimo di 2-3 settimane. Al termine di questo periodo, se i sintomi sono ancora presenti, dobbiamo necessariamente concludere che gli alimenti “esclusi” non hanno nulla a che vedere con i disturbi che stiamo cercando di diagnosticare. Occorrerà quindi modificare la dieta di esclusione oppure cercare una causa non alimentare dei disturbi.

Se invece i sintomi sono scomparsi o si sono ridotti, dovrà essere nuovamente introdotto l’alimento (test di provocazione orale) in un ambiente ospedaliero adeguatamente attrezzato: se i sintomi ricompaiono, avremo la prova inequivocabile della allergia alimentare. Pertanto, il ruolo causale dell’alimento va sempre verificato con la dieta di esclusione ed il successivo test di scatenamento. Spesso i disturbi di cui stiamo cercando la causa sono capricciosi e dobbiamo sempre sospettare che siano migliorati soltanto per caso e non grazie alla dieta di esclusione, di qui la necessità del test di scatenamento. Comunque, le diete di esclusione non vanno mai prolungate per più di due-tre settimane:
– se il test di scatenamento dimostra che i disturbi sono causati da un determinato alimento, l’alimento andrà eliminato dalla dieta;
– se invece il test di scatenamento dimostra che gli alimenti “sospetti” non provocano reazioni, il bambino potrà ricominciare a mangiare normalmente tutti i cibi.

Recente, l’introduzione nella diagnostica allergologica di test molecolari consente di ottenere informazioni più mirate sulla della proteina responsabile della reazione allergica.

LA CURA

Quando la diagnosi è certa, la terapia dell’allergia alimentare consiste semplicemente nell’esclusione, dalla dieta, dell’alimento che causa l’allergia. Se la dieta terapeutica deve essere protratta per un lungo periodo è opportuno integrarla con i nutrimenti che vengono a mancare come calcio, ferro o altri a giudizio del medico curante. Le diete di esclusione vanno prescritte dall’allergologo pediatra.

Nel primo anno di vita, quando l’alimentazione è incentrata sull’allattamento al seno o sull’impiego di latti di mucca formulati, si può ricorrere a formule a base di idrolisati di riso, oppure a prodotti dietetici per l’infanzia a base di proteine del latte vaccino sottoposte a processi di digestione enzimatica (formule idrolisate di sieroproteine o della caseina) che consentono una crescita adeguata  in attesa di una spontanea risoluzione della patologia che avviene nel 90% dei casi entro il terzo anno di vita. Nei casi più gravi si ricorre ad alimenti costituiti da miscele di aminoacidi, i componenti elementari delle proteine.

È bene tenere presente che le manipolazioni effettuate in questi ultimi alimenti per renderli meno allergizzanti, riducono notevolmente l’appetibilità ed il loro sapore sgradevole li rende male accetti al bambino. Le formule a base di proteine della soia arricchite con minerali, vitamine, aminoacidi e calcio permettono una nutrizione equilibrata analoga a quella dei normali latti in polvere, da evitare però nei primi sei mesi di vita per l’alto rischio di allergizzazione.

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Non bisogna mai dimenticare che la dieta è un aspetto importante della vita del bambino e che una dieta di esclusione, di per sé psicologicamente onerosa, può rendere difficile anche la sua vita di relazione (frequenza dell’asilo nido o della scuola materna, partecipazione alla vita sociale dei coetanei). Ed è bene tenere presente che per la diagnosi di allergia è importante procedere con grande rigore per evitare diete incongrue.

Nei casi in cui le allergie non si risolvano spontaneamente dopo il sesto anno di vita, potrà essere intrapreso un percorso di desensibilizzazione  per l’alimento incriminato, presso strutture ospedaliere particolarmente attrezzate e con personale esperto e dedicato alla gestione di questi piccoli pazienti. Il percorso non è privo di rischi (che diventano tuttavia trascurabili nei centri allergologici specializzati), ma consente di raggiungere un livello di tolleranza sufficiente ad evitare reazioni gravi, in caso di assunzioni accidentali dell’alimento o in molti casi a superare brillantemente la propria allergia.

ASSUNZIONE INVOLONTARIA

I sintomi provocati da un’involontaria assunzione del cibo allergizzante vanno curati in base alla gravità della reazione. Se compaiono vari disturbi (per es. orticaria, gonfiore, rinite, spasmo bronchiale e/o laringeo) vi è un forte rischio che il bambino vada incontro a shock anafilattico e si deve quindi ricorrere prontamente alla terapia di emergenza(adrenalina con siringa auto iniettabile, antistaminico e cortisone ev) e condurre in urgenza il bambino al più vicino pronto soccorso.

PREVENZIONE

In realtà possiamo fare ben poco per prevenire l’allergia alimentare. Le malattie allergiche sono malattie a carattere genetico, legate a vari fattori ereditari e ambientali. La loro comparsa è indipendente da quello che può mangiare la mamma durante la gravidanza o mentre allatta. L’esclusione dalla sua dieta di alimenti importanti come latte, uovo e grano non previene la comparsa di allergie!

Si possono suggerire solo alcune misure che hanno più la caratteristica del buon senso che della sicura efficacia:
– allattare al seno (senza restrizioni dietetiche) è utile sia per il normale nutrimento del lattante che per l’aiuto che può offrire nei confronti delle infezioni in questi primi mesi di vita, in cui le difese immunitarie sono ancora deboli;
– evitare di fumare in gravidanza e durante l’allattamento o a contatto del bambino perché è dimostrato che il fumo può addirittura scatenare le allergie;
– arieggiare quotidianamente la stanza del bambino per ridurre l’umidità in quanto i locali domestici umidi creano un ambiente favorevole per gli allergeni presenti in casa.