La situazione siciliana merita attenzione. I contagi aumentano di giorno in giorno ed aumenta anche l’indice Rt. Lo conferma l’Istituto superiore della Sanità, che, considerato l’incremento dei casi nelle ultime settimane, ha certificato che la situazione in Sicilia sta evolvendo non certo in maniera positiva. L’Isola, è tra le 8 regioni con un Rt (tasso di contagiosità) superiore ad 1, come dicono le ultime rilevazioni. Al secondo posto dopo il Veneto, con 1.66, segue, terza, la Campania (1.44), entrambe la scorsa settimana sotto il valore soglia di 1. La Lombardia e il Piemonte invece si attestano ad un valore inferiore: 0.96 per la prima e 0.87 per la seconda. Oggi sono 16 i nuovi positivi. Cinque contagi nel Palermitano, tre a Catania e uno a Messina. Sette casi nel Ragusano, probabilmente si tratta di migranti nell’hotspot di Pozzallo già segnalati in precedenza ed ora entrati nella casistica. Anche nel capoluogo si tratta di migranti, 4 da Lampedusa, che sono stati trasferiti al San Paolo Palace. Sale a 40 il numero dei ricoverati, 2 in terapia intensiva e 235 in isolamento domiciliare: 275 gli attuali positivi al coronavirus. Sono 3.288 le persone che fino ad oggi hanno avuto la malattia; fermo, fortunatamente ormai da due settimane, rimane il numero dei decessi: 283. I tamponi effettuati da ieri ad oggi sono stati 2778 (quasi 277 mila in totale). Intanto in Sicilia via libera ai tamponi rinofaringei in alcuni laboratori di analisi, con un costo che si aggira intorno ai 100 euro.
Abbiamo chiesto di fare il punto della situazione al professore Antonio Cascio, infettivologo e ordinario della cattedra di Malattie Infettive alla facoltà di Medicina dell’Università di Palermo.
Professore, la situazione inizia a farsi seria?
“È una situazione a cui si deve prestare attenzione senza però cadere nel terrorismo mediatico e nel terrore tout court. Parole d’ordine prudenza e controllo.”
Il numero dei nuovi contagi però aumenta di giorno in giorno.
Ci sono due nodi: i migranti e chi rientra da zone altamente endemiche
“Per quanto riguarda il discorso migranti l’attenzione deve essere alta e la questione non va strumentalizzata. Non si deve eccedere né in buonismo, né, peggio ancora, in un integralismo che diventerebbe razzismo. Occorre guardare alla cosa con criterio e razionalità. La problematica dei migranti é appurata. Parliamo di persone che arrivano in Italia in condizioni di assoluta promiscuità, dove abbozzare un discorso di distanziamento e di uso dpi è proprio una chimera. Basta un solo positivo per contagiare quanti condividono con questi la traversata. Come arginare i rischi? Attenzione assoluta all’ingresso, sí al controllo dei sintomi, ma anzitutto tamponi a tappeto. Una volta che i migranti sono inseriti in comunità, non deve scendere la sorveglianza sindromica. Ahimè capita anche che in molti fuggano dai centri e quindi, senza entrare in un discorso politico e sociale, oggi più che mai è necessario un controllo ancor più accurato da parte delle forze dell’ordine. Perché è ovvio che un positivo che sfugge al controllo, può diventare un vettore importante di contagio.
Aumentano anche i rientri dalle zone endemiche, italiane e straniere. Cosa fare?
Anzitutto occorre buonsenso. Ritengo che sia prudente, per quanti provengono da zone endemiche, italiane e straniere, eseguire il test sierologico, che diventa abbastanza attendibile soprattutto nel caso in cui non si presentino sintomi sospetti. Più test sierologici si eseguono e più si può stare tranquilli. In presenza di sintomi è fondamentale allertare il medico e cercare di eseguire il tampone. È giusto scaricare l’app immuni e anche quella prevista dalla Regione Sicilia per quanti fanno accesso all’Isola.
Come deve comportarsi chi torna da una zona a rischio?
L’invito è alla prudenza, soprattutto per chi rientra da una zona endemica. Ovviamente sconsiglio a chi rientra di andare a trovare la nonna o il parente immunocompromesso. Se vuole farlo, è necessario mantenere la distanza di 1,5 m e usare la mascherina, se possibile meglio incontrarsi all’aperto ed evitare effusioni. Non mi piace parlare di quarantena, ma appena tornati da una zona endemica o comunque da un viaggio, è bene usare tutte le accortezze possibili, in termini di uso di dpi e di distanziamento.
Gli eventi, pubblici o privati, sono situazioni di alto rischio?
Sono convinto che occorra riprendere la routine anche dando spazio agli eventi. Occorre però organizzarli solo se vi sono le condizioni di sicurezza: luoghi aperti, evitare di stare uno sull’altro, evitiamo abbracci e baci, usiamo la mascherina laddove non è possibile distanziarci e laviamo spesso le mani. Se abbiamo anche solo un sintomo sospetto non partecipiamo e allertiamo il medico curante.
Quali le situazioni in cui l’attenzione deve essere massima?
Il virus circola, dobbiamo aspettarci le positività e quindi massima attenzione in luoghi comunitari e con soggetti deboli. Quindi asticella alta in case di riposo e ospedali. Si dovrebbero eseguire in maniera sistematica dei controlli sierologici agli operatori sanitari. Basta una sola défaillance su questo fronte per creare un preoccupante focolaio e quanto accaduto in Lombardia deve esserci da insegnamento. Occorre la sorveglianza sindromica e su tal fronte il medico curante è il primo anello della catena. Le strutture pubbliche devono essere pronte a fare il tampone in tempi brevi, soprattutto laddove il curante indichi che la persona sta male e ha sintomi compatibili con il Covid. Sottolineo anche che il test andrebbe garantito gratuitamente ed in poco tempo così da bloccare eventuali focolai.
Rischiamo un autunno in pandemia?
Se siamo cauti e impariamo a proteggere e a proteggerci non lo rischieremo.