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Pressione e focolai, in Sicilia momento nero per gli ospedali

Il punto della situazione con gli esperti

La Sicilia vive un periodo sanitario drammatico, che al Covid interseca il problema della mancanza di posti letto ospedalieri, acuito dai focolai in corsia. Gli  ospedali sono pieni ad uovo. I due centri Covid dedicati, quello dell’ospedale Cervello e quello del Civico di Partinico non hanno più spazio. Saturi i reparti di cura ordinaria e le terapie intensive. Quasi impossibile un turn over veloce, per via della complessità dei casi. Al Policlinico di Palermo, dei 40 posti Covid aperti nei reparti di Medicina, 39 sono già pieni. Full anche i due reparti, aperti all’ospedale Civico di Palermo, dove sono più di 50 i malati Covid ricoverati. Pesante anche la situazione al Di Cristina dei Bambini di Palermo, dove oggi sono 17 i bambini ricoverati, ma nei giorni scorsi sono arrivati a 28, a fronte dei 30 posti disponibili. “Cerchiamo di incentivare il turn over, dice la professoressa Claudia Colomba, primaria del reparto di Malattie infettive, certi che la situazione è emergenziale e in divenire.”

Vi sono inoltre focolai dappertutto e questo acuisce lo stato di emergenza.

Il Covid tiene banco assoluto, non solo in ambito sanitario. Non è la sola malattia esistente e questo lo sappiamo bene. Si soffre e si muore di tumore, di patologie urgenti, quali quelle cardiovascolari per esempio, ma ci sono anche malattie “secondarie”, tollerabili, direbbe qualcuno, che però vanno necessariamente monitorate. Per non parlare della famigerata prevenzione, che da due anni a questa parte per oltre il 50% dei siciliani è diventata un surplus.

Il rischio, diventato realtà, ahinoi per molti, é di sopravvivere al Covid ma di morire di altro: per ritardi nelle diagnosi, nelle cure o negli interventi chirurgici. Dei nuovi ospedali Covid, che dovevano essere allestiti in Sicilia (tra questo quello che sarebbe dovuto sorgere all’Imi di Palermo) non si sa nulla. Quel che è certo è che la sanità ospedaliera boccheggia e i bollettini dell’emergenza nell’Isola lo confermano: oggi record di morti Covid, con 72 decessi (sebbene nella conta vi siano alcuni morti dei giorni scorsi), 8.600 nuovi casi e un totale di 1559 persone ricoverate nell’Isola. Per fare spazio ai pazienti dovrebbero essere convertiti, a brevissimo, dei reparti al Policlinico e al Civico di Palermo.

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Il dottore Massimo Geraci, primario al Pronto Soccorso dell’Arnas Civico di Palermo, conferma l’emergenza

“La pressione torna a essere alta, dopo qualche giorno in cui abbiamo creduto di respirare. Aumentano gli accessi e quel che si deve scongiurare è il rischio di focolai, occorrenza che ormai capita ovunque in ambito ospedaliero. Facciamo tracciamento, tamponi rapidi ed anche molecolari, prima di un ricovero, ovviamente qualche caso può sfuggire. É certo che diamo assistenza ai casi urgenti, ovviamente senza attendere l’esito dei tamponi e cercando di attuare tutte le procedure di sicurezza possibile. Il virus però corre veloce e il momento è davvero drammatico.”

Abbiamo chiesto, sulla gestione dei focolai, un parere al professore Antonio Cascio, infettivologo e primario al Policlinico di Palermo

Professore Cascio, come gestire i focolai ospedalieri?

In caso di focolaio ospedaliero e difficoltà ad allocare i pazienti in altre strutture, potrebbe essere presa in seria considerazione la possibilità di fare un “isolamento di coorte” all’interno del reparto o dell’ospedale dove i pazienti sono già ricoverati. I pazienti potranno essere così assistiti per le patologie per le quali sono stati ricoverati da medici specialisti in quel determinato settore, che, oltre ad essere triplamente vaccinati, indosseranno pure la mascherina. Gli infermieri vaccinati, con le mascherine e con gli altri dispositivi di protezione potranno tranquillamente assistere tali pazienti anche in un ospedale no-Covid. Ricordo a tutti che attualmente la maggior parte del personale sanitario si contagia a casa o al bar essendo le fonti di contagio i parenti o gli amici. Solo quei pazienti che a seguito dell’infezione presentiranno i sintomi respiratori più importanti dovranno essere trasferiti nei reparti specifici.

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Quali precauzioni in quel caso?

Andrebbero riservati percorsi a parte per pazienti fragili e anziani. Nel loro caso il rischio, anche in presenza di vaccinazione completa, rimarrebbe comunque alto.

Quindi niente più centri Covid dedicati?

In una condizione ideale, con endemizzazione del virus e variante unica Omicron, meno grave delle precedenti poiché tende a rimanere nelle alte vie aeree e popolazione vaccinata in larga massa, non sarebbero necessari i centri Covid dedicati, questo ovviamente a tutto vantaggio della sanità no Covid, che deve assolutamente riprendere la marcia.

Molti sanitari sono positivi asintomatici, che però non possono andare a lavoro, con i disagi che ne conseguono

É una realtà molto attuale. Si potrebbe pensare a un impiego dei sanitari totalmente asintomatici proprio nei reparti Covid. La pandemia dura da due anni, abbiamo oggi vaccini e cure come gli anti virali e gli anticorpi monoclonali, si deve uscire dall’impasse e smaltire le procure di isolamento per chi è immune o totalmente asintomatico, ferme restando le giuste precauzioni, di uso di dpi e distanziamento, laddove é necessario.

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