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Perché è importante infrangere le nostre regole (almeno ogni tanto)

Il racconto di un mio piccolo momento di felicità familiare

Amo viaggiare in automobile. È una passione che mi ha contagiato mio marito e che, insieme, ci ha portati a macinare non so quanti “mila” km. Mi guardo intorno, annuso l’aria, sbircio tra un vigneto che sbuca dietro una curva o mi infilo nella bellezza del mare all’improvviso, dopo le colline. È il privilegio di una meta raggiunta passo passo. Lo faccio quando possibile. Quando il tempo che corre mi regala il privilegio della lentezza. Come in questi giorni. Una trasferta di lavoro che, complici le vacanze pasquali più lunghe dell’umanità, è diventata un piccolo regalo. Eccoci a metà strada, a fare sosta (perché il bello dei viaggi in auto sono le soste: improvvisate, ristoratrici, accoglienti). Ci siamo ritrovati in un paesino tra la Basilicata e la Campania. Atena Lucana: un nome che sa di Grecia, di Etruschi, di libri del ginnasio, di cose antiche.

È piccino: poche case, qualche viottolo in salita tra mura antiche e basolati. Le campane dell’ultima messa e un paio di signore ben vestite, che si affrettano verso una chiesa antica. Un castello, che qualcuno del posto definisce medioevale. Non approfondiamo. Abbiamo giusto qualche ora, il tempo del pit stop: una cena, una dormita, la colazione e poi dritti verso la meta. Sostiamo in un hotel, tra i pini montanari e l’aria friscicarella dell’entroterra. Pare novembre, quando inizi a pensare al Natale e i posti di collina sanno di cibo buono e di legna bruciata. La gente è accogliente. Non ci hanno mai visto, ma ci sorridono di cuore e ci danno del voi. La camera è semplice: letto, comodino, armadio di ciliegio. In bagno un kit essenziale e asciugamani che profumano di limone e lavanda. Sarà lo stesso ammorbidente che usava mia nonna, perché il profumo mi riporta brusco ai ricordi di infanzia. Una zaffata sul cuore, ma di quelle belle. Che prepotenti gli odori! Ti prendono per i capelli e ti riportano indietro di trent’anni con una lucidità sconcertante, ma che dura giusto un paio di secondi.

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Atena Lucana (SA)

Un banchetto d’altri tempi

Scendiamo a cena. La sala ristorante è pronta per un banchetto. C’è un tavolo centrale adornato di fiori e confetti verdi. Intorno è un tripudio di felicità. Domando alla giovanissima cameriera cosa si festeggi.

“Signò è la promessa di matrimonio.”

Io esitò. Lei capisce che non ho capito.

“La firma al comune, le pubblicazioni, quello che si fa davanti al sindaco un paio di mesi prima del matrimonio. Qua si festeggia sempre signò. Qua si festeggia tutto.”

Mi piace l’allegria di questa ragazza che mi dice, a stampatello: “Che si festeggia tutto.”

Dovrebbero farne una legge!

Non ci sono complicazioni in questa festa di provincia. Tanti tavoli sparsi per la sala, qualche vasetto di roselline qua e là, il cesto dei confetti dentro un foglio trasparente e con una coccarda sopra. Come usava una volta. C’è anche un pianista di pianobar come non ne vedevo da una vita.

Arrivano i futuri sposi, con gli abiti “da cerimonia”, i battimani, i genitori orgogliosi e i brindisi con il Cinzano. Allungano anche a noi un piattino. Ci sono i canapè con il salmone affumicato e la maionese, qualche oliva e una manciata di salatini.

“Signò, le offriamo le tartine, sono buone. Mangiatele con salute per augurio degli sposi.”

Non so da quanto tempo, a un ristorante, ancor più a un banchetto, non vedevo le tartine al salmone con la maionese sotto e di fianco quelle con il finto caviale. Le ho mangiate ed erano squisite. Raffi implorava un assaggio di maionese e quasi senza rendermene conto “gliel’ho concesso”. Mio marito non credeva ai suoi occhi. Ordiniamo anche noi. Avevo giurato: un’insalatona leggera quindi andrò a ninna presto. La cameriera con il sorriso accogliente ci tenta.

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La cena proibita

Ci ritroviamo nei piatti la zizzona di Battipaglia, la provola lucana, le salsicce alla brace, il prosciutto di Ferrandina, i deliziosi spaghetti alla crema di peperoni e pecorino, il “pezzo di pane” (lo chiamano così il pane antico, con la mollica larga e croccante e la polvere di farina sopra la crosta). Intanto, quattro passi più in là, gli sposini iniziano a ballare. Il pianista di pianobar abbandona le languenti Champagne e Io che amo solo te e si inerpica prima in un valzer e quindi in una raffica di mazurke. È bellissimo essere ospiti improvvisati della felicità. È uno dei pochi modi per sentirsi felici davvero. Raffaele mi chiede di ballare e nonostante io sia un’impedita e fondamentalmente una timida, non ci penso un secondo. Con mio figlio balliamo e facciamo gli auguri agli sposi, felici per la loro felicità. Contenti e disinvolti senza perché. Mi viene in mente un tempo lontano, un ristorantino del mio paese, sulla provinciale, a pochi passi dalla vecchia stazione ferroviaria. Si chiamava la Villetta e lo aveva messo su un emigrante, tornato a casa, dopo anni passati chissà in quale pezzo di mondo. Lì il paese festeggiava i suoi eventi: brindando con il Cinzano, mangiando canapè con maionese e finto caviale, pasteggiando vino di montagna e ballando vecchie canzoni. Il titolare raccontava delle meraviglie “dell’estero” che non sarebbero mai state meravigliose quanto il suo paese sui monti Sicani. Ho ricordato le tante volte che in quel posto sono stata felice. Tanto e con poco. Ho sorriso. Con Raffi abbiamo continuato a ballare fino a che non siamo crollati per la stanchezza. Una volta in camera, con mio marito abbiamo commentato e riso tanto, riso di gusto.

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Che meraviglia infrangere le regole

Abbiamo mangiato cibi pesanti, non abbiamo chiesto come fossero stati preparati nè da dove arrivassero (uno dei miei primi pensieri ogniqualvolta portiamo il piccolo a mangiare fuori). Abbiamo infranto alcune regole da genitori apprensivi, rendendoci conto di vivere, nel quotidiano, una piccola schiavitù legata (forse giustamente) alla lettura delle etichette, alla ricerca del bio, del km 0, del non cancerogeno. È stato bello, bellissimo infrangere le nostre stesse regole.

Mi sono chiesta come avranno fatto i nostri genitori a tirarci su sani e salvi in quell’epoca ignorante, ma fortunata, in cui siamo cresciuti?

Raffi ha dormito di sasso per ore e ore: che bellezza! Io ho avuto qualche difficoltà a prendere sonno. Mi è sembrato di tornare bambina, quando qualcosa mi faceva davvero felice e dove pensarci forte forte per non dimenticarne nulla. Che poi la felicità è una cosa semplice, nulla di più. È una sosta dove non te lo aspetti, un banchetto retrò e la capacità di infrangere, per una volta, le regole più ferree, quelle che ci imponiamo da soli.

Una risposta

  1. Ma che belli i tuoi racconti…sono dal parrucchiere…e sorridevo e mi emozionavo…mi sembrava di vedere e vivere tutto, grazie alla tua descrizione, soprattutto delle emozioni…continua a regalarci consigli e momenti di svago.

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