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Il bimbo tiranno e il genitore di cristallo

Perché educhiamo in nome della gratificazione e abbiamo terrore del rimprovero? Intervistiamo sul tema il professore Daniele La Barbera, psichiatra

Erano gli anni cinquanta quando Dino Buzzati scriveva il racconto “Il bimbo tiranno”. Ne era protagonista un bambino talmente bello, intelligente e “virtuoso” che tutti in famiglia, comprese le persone di servizio, lo straviziavano, guardandosi bene dal rivolgergli anche il più piccolo tra i rimproveri. Nel suo nucleo familiare c’era la gara a elargirgli consensi e gratificazioni e ad evitargli anche la più piccola frustrazione.

La storia non finí bene. Probabilmente non era in toto lo specchio di quei tempi, ma ne precorreva altri.

La notizia di un bimbo “capriccioso” ormai cresciuto, che ha distrutto decine di rose all’Ariston non é più nella cassa di risonanza quotidiana, sono invece recentissime le notizie di possibili provvedimenti penali a carico del cantante Blanco. Ciò dimostra che non si é trattata di una ragazzata, di un’occorrenza sorvolabile, come lí per lí aveva fatto intendere Amadeus davanti a milioni di italiani. La vicenda dà spunto a più di una riflessione. Perché i giovani di oggi hanno perso il senso del limite e vanno oltre come se fosse una cosa del tutto naturale?

Dei bimbi tiranni di oggi, abbiamo parlato con il professore Daniele La Barbera, psichiatra e primario al Policlinico di Palermo

Professore La Barbera, perché oggi abbiamo paura di rimproverare i nostri figli?

“Qualche decennio fa, l’educazione dei figli era normativa: vi erano regole rigide che andavano osservate alla lettera, pena rimproveri e punizioni anche severe. Ovvio che anche allora vi erano le eccezioni alla regola. Genitori che esageravano, e non andava bene e figli molto ribelli.  Oggi invece, le cose sono cambiate radicalmente. Manca un vademecum “normativo” nell’educare i figli e quindi la strada é quella del gratificare invece che dell’indicare regole di buon comportamento.

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Perché succede questo?

“Sono cambiati i tempi e anche il modo di concepire le famiglie. Prima intorno al bambino vi era un ‘lavoro’ familiare corale, con nonni anziani e autorevoli a fare la loro parte e con genitori maggiormente assertivi e autorevoli. Oggi le famiglie sono piccole, mononucleari, vi sono tanti figli unici, depositari di attenzioni ma anche di tante ansie. Il genitore di oggi da un lato ha poco sostegno emotivo e pratico da altri familiari, dall’altro teme di ferire, di traumatizzare il proprio piccolo e lo asseconda. Vi é anche chi accontenta i figli in tutto, soprattutto in termini di gratificazioni materiali, per rabbonirli, anche se é ovviamente una condizione passeggera e illusoria, una sorta di boomerang, che tornerà indietro tanto al genitore, quanto al bambino.

I genitori di oggi sono molto fragili?

Assolutamente sí. Quando un genitore arriva a stare male emotivamente se qualcuno rimprovera il suo bambino (la maestra, i nonni, un altro adulto), anche quando quel rimprovero é legittimo e dispensato per come si conviene, dimostra la sua fragilità. Nel richiamo di altri a suo figlio vede rimproverare se stesso e non lo accetta. Non solo, reagisce male e se lo fa di fronte al bambino, rischierà di trasmettergli la sua fragilità, disorientandolo. Viviamo in un tempo in cui il genitore si identifica molto con il figlio, rischiando di proiettare in lui se stesso. Nel bene e nel male. I nostri figli, però, possono somigliarci, ma devono essere altro rispetto a noi. Devono essere liberi di fare la loro strada, di affermare loro stessi, di smarcarsi da noi e dalle ambizioni che proiettiamo su di loro.

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Oggi siamo anche genitori più ambiziosi?

É vero anche questo. Rispetto alle generazioni precedenti, i bimbi di oggi hanno a disposizione un ventaglio di scelte intriganti già dalla primissima infanzia: attività extra-scolastiche, possibilità di fare grandi viaggi, una vita sociale quasi “mondana”, perché fitta di impegni e di incontri. Non solo, oggi i bimbi, complice anche la realtà virtuale, vivono una sorta di gara quotidiana: devi essere bello, intelligente, ben vestito, devi fare sport, imparare le lingue straniere sin da piccolissimo, cantare o suonare uno strumento musicale. Parola d’ordine performance e i genitori di oggi rischiano di cadere nella trappola della coercizione al successo, ma senza fornire ai loro figli gli strumenti per fortificare la loro personalità.

Ci spieghi meglio

Io vizio mio figlio, compro giocattoli e vestiti di lusso, gli ripeto che é il migliore, ma non favorisco la sua crescita perché lo proteggo in tutto e non lo espongo alle piccole sfide quotidiane, non lo abituo alla frustrazione, che é parte della vita. Non lo sgrido neppure quando é il caso e apriti cielo se a farlo é addirittura un’estranea come la maestra. Il bimbo che cresce senza limiti, diventa come quel giovane adulto che ha distrutto i fiori a Sanremo ed ha dichiarato candidamente che lo ha fatto “per divertirsi”. Perché il bimbo tiranno non diventa un adulto di successo, tutt’altro.

Come fare per evitare che questo accada?

Provando a vivere in maniera funzionale la genitorialitá. Non é semplice, neppure impossibile. Anzitutto vivendo il rapporto con il proprio bambino con delle regole, che sono necessarie per lui e per noi. Sviluppiamo l’autonomia dei nostri piccoli, con compiti quotidiani semplici: vestirsi da solo, aiutare ad apparecchiare e a riordinare, collaborare il compagno in difficoltà. É bene gratificare il nostro bambino, ma indirizzarlo in un percorso di egocentrismo non lo aiuterà (sei il più bello, il più intelligente, il più buono), semmai potrebbe farne un “narciso”, con problemi di bilanciamento dell’autostima. Amare i propri figli non equivale a dire loro sempre sí a iper proteggerli, a metterli su un piedistallo che non prevede confronti. Prima o poi dovranno darsi al mondo da soli, ed il mondo é un luogo ostile, ma se sappiamo prenderlo di petto ha tanto di meraviglioso da darci.

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