I simboli sono importanti. Lo dico da tradizionalista. Da ex diciannovenne, che rimase folgorata da un insegnamento che si chiama Semiotica, che pareva inintellegibile, ma poi, nella danza di segni, rimandi e “significati secondi” mi spiegava la realtà a stampatello e placava le mie angosce tardo adolescenziali. I simboli sono stati determinanti in questo periodo difficilissimo, che ci è piombato addosso, mentre eravamo impegnati a pensare a tutt’altro. Lo sono stati soprattutto per tentare di spiegare al mio bambino, quel che noi adulti ancora non abbiamo compreso del tutto. I primi giorni di lockdown sono stati infiniti, una melma di pensieri e stati d’animo senza soluzione di continuità. Quando sperimenti l’angoscia, come puoi trasmettere serenità? Bluffando? Con un bimbo sarebbe un crimine. Mi svegliavo al mattino, mettevo a fuoco e sí, lo ammetto, sentivo picchiarmi una pietra in testa. Almeno per le prime settimane dell’emergenza, quando i dati quotidiani parevano bollettini di guerra. Una mattina, una delle prime del lockdown, guardando un tg insieme al mio bambino, lui fu attratto dal presidente Mattarella.
”Mamma guadda, un nonno.”
Quel “un” in luogo di “il” era parecchio significativo, perché Mattarella non somiglia al nonno di Raffaele e perché era evidente che mio figlio intendesse che il nostro Presidente, nella sua fervida immaginazione, somigliasse al nonno: quello ideale, quello delle storie a lieto fine, con i capelli bianchi, la tempra comprensiva e le spalle robuste.
-”Raffaele, lui è Sergio Mattarella, il presidente degli italiani. Di tutti noi.”
-“Allora è il nonno di tutti i bambini? Mi porterà un regalino.”
Ho colto al volo quel suo assistit. Ho letto nei suoi occhi la mancanza dei suoi nonni, che non incontrava da settimane e che non avrebbe potuto rivedere chissà per quanto. Allora sí, in quel momento ho compreso che era lecito dire una bugia buona, perché a volte le bugie sono necessarie, diventano perfino inevitabili.
”Si Raffaele, è il nonno di tutti i bambini italiani.”
”Allora mi deve mandare un regalino.”
Da quella mattina grigia, di un inverno che non accettava di farsi primavera, io e Raffaele abbiamo iniziato un piccolo gioco. Avremmo compiuto una serie di azioni buone e in cambio il nonno Mattarella ci avrebbe spedito un pacco regalo. Avrebbe fatto così con noi e con gli altri nipotini sparsi per l’Italia. A patto di portare a termine una serie di regole: togliere il pigiama ogni mattina (dettaglio non scontato in tempo di quarantena), sistemare insieme cameretta e lettino, partecipare ai collegamenti con maestra e compagnetti, lavare le manine spesso, accettare il compromesso della videochiamata con gli affetti più cari, in luogo dei tanto sospirati incontri, che con un po’ di pazienza sarebbero arrivati presto. Un vademecum giornaliero, per mitigare la dannazione di un tempo senza scadenza, con tutte le abitudini rimaneggiate, la solitudine imposta e l’impossibilità di fare tutto quel che prima era possibilissimo.
Il gioco ha funzionato. O meglio, è stato molto efficace. È ovvio che un bimbo non può rispettare alla lettera tutte le regole, di qualsiasi natura esse siano. E credo sia giusto così. Raffaele ha fatto i capricci, ha avuto mattine di pugni battuti per il desiderio di voler incontrare i suoi compagnetti, ha avuto giornate storte di ciondolamenti in pigiama. Ha desiderato con tutto se stesso di andare al suo bar preferito, dal signor Ignazio, per prendere un ovetto di cioccolato, non uno qualsiasi, ma quello di quel bar. Punto e basta. Eppure, l’idea di nonno Mattarella, che gli avrebbe inviato un pacco regalo a sanzione del suo aver rispettato le regole, lo ha incentivato, eccome. Ho motivo di pensare che, senza questo stratagemma, tutto sarebbe stato molto più complicato. Il suo non è stato un banale essersi bevuto una storiella per bambini, quanto l’aver preso a cuore (e con tutto il cuore) questo uomo dai capelli bianchi, dagli occhi trasparenti e con i modi gentili. Raffaele ha seguito i suoi discorsi in diretta e in differita. Sicuramente non avrà compreso, ma avrà intercettato qualcosa con pancia e cuore. Quando Mattarella faceva capolino in tv, Raffi issava le antenne: “Mamma, il presidente, silenzio shhhhh, fammi sentire.”
E si piazzava ad ascoltare curioso. In un tempo disorientato, nonno Mattarella è stato per Raffaele una consolazione piccina, ma reale. È andata così perché il mio bambino ha voluto prendere sul serio quello che per noi è il Presidente della Repubblica, per lui un nonno, quello ideale, quello che potrebbe calzare a pennello sopra il cuore di ogni nipotino. Raffaele si è fidato e in quella fiducia ha trovato alcuni strumenti per attraversare un momento davvero complesso. I regali sono arrivati: uno al mese. Cose semplici, facili da reperire, ma che lo hanno reso felice come mai era capitato. Il giorno in cui Raffaele ha potuto riabbracciare i suoi nonni, mi ha detto che i regali di Mattarella non servivano più, perché adesso ci sarebbero stati i suoi nonni a portarglieli. Con buona pace di tutti, ho ritenuto chiuso un capitolo e ho pensato che i bimbi ti stupiscono sempre, fuori e oltre le aspettative.
Oggi, guardando in tv le celebrazioni del 2 giugno, riecco il Presidente. Raffaele giocava contento con un camioncino, quando ha di nuovo issato le antenne.
”Mamma, Mattarella il nonno Presidente. Ma manda ancora regali? Mi manda il regalo per il compleanno se faccio il bravo?”
Gli ho risposto di sì e lui ha ascoltato attento tutto il servizio del Tg. Seguiva il Presidente ammirato e fiducioso, al punto che mi ha commossa.
Che privilegio ricevere la fiducia incondizionata di un bambino e quanto arduo sia meritarla.
In quei giorni difficili, ammetto che, in quel fidarsi con innocenza del Presidente Mattarella, mi sono lasciata coinvolgere dal mio bambino. Sarà che sono una tradizionalista, che credo nei riti, che adoro i simboli e di questi ho bisogno. E Mattarella mi sembra un punto fermo: serio, pacato, stabile ed anche dolce, che la dolcezza è dono di pochi, ma quanto è importante. In questo finale di un giorno cruciale (per noi donne italiane ancora di più) ho sentito di dovere condividere questa storia, piccina ma per me importante. Troverò il modo un giorno di dire a Raffaele che quei tre pacchi regalo non li ha mandati Mattarella, o forse no, perché le bugie buone sono necessarie e chissà, se il Presidente sapesse, magari sarebbe d’accordo con me.
Una risposta
Cara Mari brillante come sempre. Sarà che vi conosco sarà che amo Raffaele …. non posso fare a meno di seguirvi e apprezzare ogni riflessione pezzo storia riportata al lettore con dedizione e passione!