A Palermo è un lunedì di traffico e routine. Come tutti i lunedì metropolitani, arrivare in orario, in pieno centro, è una chimera. Al CBR di Palermo (Centro Biologico per la riproduzione) abbiamo appuntamento con la dottoressa Carmelina Simonaro. È una ginecologa di lungo corso, che sin dagli inizi della carriera, a fianco del dottore Ettore Cittadini, ha scelto di scandagliare il complesso mondo dell’infertilità, della poliabortività e della sterilità “inspiegabile”. A Palermo è molto conosciuta anche perché si occupa di fecondazione assistita ed è riuscita a far coronare il sogno di molte coppie. Coppie che avevano messo da parte “il grande sogno”.
La dottoressa Simonaro ci accoglie insieme a una sua collega, la dottoressa Antonella Pane, anche lei ginecologa, anche lei ormai una veterana del CBR.
“Siamo colleghe, ci dice la Simonaro. Ma anche care amiche. Rispondiamo in tandem. Magari il risultato sarà più esaustivo”.
La dottoressa Simonaro è una stakanovista. Passe le sue giornate tra il suo studio privato e il Cbr. Occhio attento al telefono, che la tiene in linea diretta con le sue assistite. È appena reduce da una serie di interventi. “Anche noi stiamo con il fiato sospeso, ci dice. Un fallimento è tale anche per il medico”.
Dottoresse, quando cominciare a preoccuparsi se un figlio non arriva?
Sotto i 35 anni, una preoccupazione verosimile va posta in essere dopo un anno di tentativi mirati di concepimento. Sopra i 35 l’asticella si abbassa a sei mesi. Sono cifra indicative, che vanno vissute con attenzione ma senza panico. Il panico nella ricerca di un figlio non aiuta mai.
Cosa fare se il bebè non arriva?
Anzitutto non perdersi d’animo. Non pensare al peggio. Si inizia con una comune visita ginecologica. Il medico inizierà a farsi un’idea delle condizioni ginecologiche generali della paziente, sottoponendola ad ecografia, pap test ed eventualmente tamponi, che scongiurino determinate classi di infezioni, che possono creare problemi di infertilità. Quindi il medico stabilirà se è il caso di prescrivere degli esami di routine e dei dosaggi ormonali (generalmente di pertinenza ovarica e tiroidea). Se è tutto nella norma, occorrerà fare un esame che indaghi lo stato di salute delle tube. Un’ostruzione rubrica può essere causa di sterilità. L’esame d’elezione è l’isterosalpingografia (si tratta di un esame invasivo, che prevede l’uso di radiazioni e la necessità del mezzo di contrasto). Oggi vi è a disposizione, in molti studi ginecologici, la cosiddetta isterosonosalpingografia, meno invasiva, perchè lo studio tubarico si effettua sotto controllo ecografico e mediante l’uso di un gel inerte (innocuo) eco riflettente.
Se anche le tube dovessero essere a posto?
Se anche questo esame dovesse essere negativo e contestualmente anche il partner, avendo effettuato degli esami (quali lo spermiogramma e la spermiocultura, per verificare qualità, motilità e quantità di spermatozoi ed eventuale presenza di infezioni) avrà avuto esito buoni, è consigliabile procedere con la PMA, la procreazione medicalmente assistita. Ovviamente, prima di arrivare a questo percorso, si consiglia alla coppia il monitoraggio ecografico dell’ovulazione, con conseguenti rapporti mirati. Se anche in quel caso le cose non dovessero sortire per come sperato, si suggerisce la strada della fecondazione. Va da sé che tra visite, esami, diagnosi e tentativi, la scelta avrà modo e tempo di essere maturata.
Come si effettua una fecondazione assistita?
Ve ne sono di diversi “tipi”. In donne relativamente giovani (entro i 38 anni) proponiamo quella intrauterina. Si parte con una stimolazione ormonale dell’ovulazione (compresse o punture sottocutanee). L’obiettivo è di ottenere dei buoni follicoli, che andranno monitorati con controlli ecografici. A follicoli maturi – 22 mm circa – (il numero non deve superare 3) si programma l’inseminazione che, in questo caso, consiste in una iniezione di liquido seminale direttamente nel canale cervicale e nella cavità uterina. Il liquido seminale viene però precedentemente “capacitato”, così da renderlo, in parole povere, più “efficace”. È una procedura indolore, breve e ambulatoriale. La percentuale di successo, però, è relativamente bassa: non supera il 15%
Gli altri step di fecondazione artificiale?
Si passa alla cosiddetta fecondazione in vitro, la Fivet (fecondazione embrio transfert). Si induce farmacologicamente una super ovulazione (mediante punture sottocutanee dell’ormone gonadotropina), si monitora l’ovulazione, quindi si asportano i follicoli maturi per via transvaginale. La paziente, in questo step, è sottoposta a sedazione profonda. Si aspirano tutti i follicoli a disposizione, si raccolgono gli ovociti e quelli maturi vengono fecondati in laboratorio. A questo punto si aprono due strade: la fivet (ovocita e liquido seminale vengono messi insieme in coltura) o icsi (lo spermatozoo viene iniettato direttamente nel citoplasma dell’ovocita). La scelta dipende dall’adeguatezza del liquido seminale. Dopo questo passaggio, che si svolge in laboratorio, avviene il trasferimento in utero (dopo 72 ore o dopo 5 giorni). Nella scelta tra le due tempistiche, occorrerà valutare i costi -opportunità. Dopo 72 ore abbiamo degli embrioni allo stadio di otto cellule, dopo 5 giorni abbiamo delle blastocisti, ossia embrioni allo stato più avanzato. In teoria si dovrebbe optare sempre per la condizione più matura. Tuttavia occorre tenere presenti le condizioni della paziente e capire se è il caso di accelerare l’impianto. Quindi avviene cosiddetto transfert, procedura posta in essere per via vaginale, senza anestesia e con una tempistica molto veloce.
Dopo l’impianto cosa deve fare la donna?
Deve sottoporsi a una terapia di supporto per facilitare l’impianto. Non è necessario stare a riposo. Quindi inizia il count down di 12 giorni, dopo i quali si può finalmente fare il dosaggio delle beta hcg, l’ormone della gravidanza. Se il numero è dentro determinati range, la donna è incinta. Con la fivet le percentuali di successo si aggirano tra il 20% e il 25%.
Quanti embrioni possono essere impiantati?
La legge italiana consente l’impianto di un massimo di due embrioni.
Quanti ovociti si possono congelare?
Non vi è un limite e la loro capacità è del tutto equivalente a quelli impiantati subito. Gli ovociti congelati sono una riserva, che spesso si rivela utile.
La gravidanza delle donne sottoposte a fivet?
È paragonabile a una gravidanza fisiologica. Così come il parto. Si suggeriscono screening quali l’amniocentesi per scongiurare malformazioni, che in caso di fecondazione assistita, possono verificarsi con una lieve percentuale di maggiorazione rispetto alle gravidanze fisiologiche, poiché si tratta di gameti “trattati” in laboratorio.
Fino a che età ci si può sottoporre a fivet?
La legge italiana consente la fecondazione fino a 44 anni compiuti, dopodiché è possibile ricorrere all’eterologa con un limite di 49 anni di età.
Quali i rischi della stimolazione ormonale?
Si deve fare attenzione alla familiarità per tumore al seno e alla mutazione genetica in tal fronte. Per tal motivo, prima della stimolazione, viene sempre prescritto uno screening senologico. Un effetto collaterale è la ritenzione idrica, che scompare subito dopo la terapia.
L’età media di chi si rivolge a voi?
Sicuramente abbiamo una preponderanza di quarantenni. Ma abbiamo praticato fivet anche a ragazze sotto i 30, ovviamente perché vi erano validi motivi per farlo.
Quali le principali cause di infertilità?
Anzitutto l’aumento dell’età in cui si decide di diventare genitori. Poi lo stile di vita: fumo, alcol, inquinamento, stress, cattiva alimentazione. Altre cause organiche: problemi endocrini, celiachia, patologie autoimmuni, disordini metabolici, cause infettivologiche a livello genitale (vuoi della donna che dell’uomo), oligospermia, spermatozoi lenti. Le cause possono essere davvero molteplici e vogliamo sfatare il mito della sterilità psicologica. Le cause esistono e possono essere trovate. Occorre perseverare, caricarsi di forza e non demordere. Non sempre ce la si fa, ma farcela è possibile ed è questo il presupposto dal quale partire.
Grazie dottoresse e ad maiora!