La depressione post partum. Secondo uno studio americano non riguarda solo la mamma. Che cosa vuol dire?
Ormai sono parecchi gli studi in grado di rintracciare stati di depressione post partum nel papà, colpiti in percentuale ed in misura estremamente variabile, come nel caso delle mamme, ma, spesso in modo offuscato, perché non siamo abituati a valutare questa possibilità.
Perché alcuni papa’ soffrono di depressione post partum, considerato che, nel loro caso, gli ormoni non c’entrano?
I fattori predisponenti sono pressoché simili, tranne la variabile ormonale, sempre rintracciabile ma in maniera ancora poco conosciuta, incidono molto la propria storia individuale e l’asetto cognitivo-emotivo accompagnati dal livello motivazionale che prepara il cambiamento nello stile di vita necessario alla nascita del bebè.
A volte può succedere che questa cornice presenti dei punti più deboli capaci di alterare il giusto equilibrio, e se poi, vi è la sfortuna di trovarsi in condizioni ambientali e relazionali sfavorevoli, ecco che avviene l’alterazione dello stato emotivo …anche nei papa’.
Che intendiamo per “condizioni ambientali e relazionali sfavorevoli”?
Per esempio l’assenza di rete familiare di supporto, o al contrario la presenza di parenti troppo intrusivi, o ancora l’ instabilità economica, una relazione romantica non molto soddisfacente, scarsi livelli comunicativi all’interno della coppia, oppure il senso di esclusione rispetto al rapporto mamma-bambino, per non parlare della perdita di sonno, inevitabile quando c’è in casa un neonato, o semplicemente dover affrontare una realtà molto diversa da quella che era stata immaginata.
Capita che alcuni nonni vadano in tilt con l’arrivo dei nipoti. Si rifiutino di collaborare, addirittura si allontanino dal nipotino (che possibilmente era stato atteso con desiderio). Perché succede questo?
La nascita di un bimbo normalmente interessa tutto il sistema parentale, in quanto implica un importante passaggio di ruoli e di consegne esplicite ed implicite. In questo percorso troviamo il coinvolgimento di straordinarie figure di sostegno che sono i nonni, chiamati, non solo a, gioire ed a coccolare le nuove creature, ma anche ad incontrarsi, ed a volte scontrarsi con i grandi cambiamenti educativo-generazionali. Spesso, il confronto tra modelli molto diversi rischia di confonderli oltremodo, mettendo a dura prova la loro capacità di mediazione, infatti devono essere in grado di continuare ad esercitare il loro ruolo genitoriale senza fare i genitori. Un paradosso questo di non poca ambiguità.
Gli studi in merito non sono eccessivi, ma già la situazione sembra essere chiara solo sulla base di questa riflessione. Chiaramente anche in questa situazione possiamo citare la componente personale ed emotiva.
Qualche consiglio in merito?
Si. In alcune strutture vengono svolti, oltre ai classici corsi di preparazione al parto ed accompagnamento alla nascita per i genitori, dei corsi specifici rivolti ai nonni. Io credo che prenderanno sempre più campo, e mi sento di consigliarli.
Quando invece ad intristirsi è il fratellino maggiore, cosa succede? Cosa fare?
Anche in questo caso, la cosa migliore, come sempre, è non arrivare impreparati.
Normalmente il clima d’amore che si respira all’interno di una famiglia, quando sta per arrivare un altro componente, dovrebbe essere contagioso e predominante, ma a volte può succedere che, anziché gioia e partecipazione, il primogenito, filtri ansia e preoccupazione. In questo caso il cambiamento si trasforma in un evento traumatico in grado di mettere a rischio l’equilibrio emotivo del bambino e addirittura dell’intero nucleo familiare. In queste circostanze oltre alla fase di tristezza del figlio più grande subentra anche un senso di colpa che pervade i genitori, e da qui una serie di meccanismi disfunzionali messi in atto inconsapevolmente quasi per volersi discolpare. In questi casi è assolutamente necessario farsi supportare da specialisti, che con i loro consigli riusciranno ad interrompere questo circolo vizioso e a riportare l’armonia.
Cosa può fare una neomamma che si trova un compagno o dei genitori vittima di depressione post partum?
Intanto bisogna allenarsi a captare i segnali di allarme, ed a distinguerli correttamente da semplici comportamenti inopportuni, perché spesso alcuni episodi vengono sottovalutati in quanto non siamo abituati a pensare che la depressione post partum possa coinvolgere anche altri membri della famiglia, oltre la mamma. Superata questa difficile osservazione bisogna sempre richiedere l’aiuto di un esperto, affinchè possa risolversi tutto agevolmente. Spesso la prima richiesta viene fatta al proprio ginecologo, al pediatra oppure al medico curante, con i quali ci si incontra di più ed è più semplice operare un confronto.
Ci sono delle neomamme che si trovano nel nuovo ruolo senza alcun aiuto. Quali consigli per loro?
Purtroppo non tutte le neomamme possono contare sull’adeguato supporto parentela ed amicale, per svariati motivi. Quando questo succede non bisogna mai perdersi d’animo.
Oggi si una tanto il termine multitasking per indicare quei sistemi operativi in grado di eseguire più programmi contemporaneamente, ecco io semplicemente credo che sia geneticamente in dotazione di ogni genitore, basta ovviamente esserne consapevoli.
Creare e rispettare delle priorità ed organizzarsi in funzione di queste, ricordandosi che anche la mamma più pasticciona del mondo è una brava mamma, e che ciò che farà la differenza nella crescita dei nostri bimbi non è la quantità del tempo che passiamo con loro ma la qualità dell’amore che gli trasmettiamo.