Parliamo di prematurità con un noto pediatra siciliano, il professore Giuseppe Iacono, gastroenterologo e già primario del reparto del Gastroenterologia dell’ospedale Di Cristina di Palermo. Il dottore Iacono ha seguito centinaia e centinaia di bimbi prematuri. Vuoi nell’urgenza, vuoi nel percorso fondamentale del follow up. La sensibilità del professore è una dote che gli riconoscono tanto i genitori quanto i pazientini, a dimostrazione del fatto che l’umanità debba essere prerogativa e non solo accessorio del buon medico. Iacono ha seguito e segue tantissimi pazientini con problemi gastrointestinali. Tra questi anche molti prematuri. La prematurità, infatti, ha sovente implicazioni per l’apparato gastrico. Occorrenze che possono essere banali, ma anche serie. Di questo e di molto altro discutiamo con il professore.
Definiamo la prematurità
La prematurità è una condizione seria. La medicina ha comunque fatto passi da gigante nel far sopravvivere i bimbi prematuri e quindi nel farli vivere bene, ma non possiamo negare che alcuni di loro non ce la fanno. Infatti, anche se le possibilità di sopravvivenza sono buone, alcuni di loro, soprattutto quelli altamente prematuri, non riescono a farcela o talora vi riescono a caro prezzo (sequele neurologiche, visive etc). Si distinguono tre gradi diversi di prematurità. In generale per prematuro intendiamo un bimbo nato prima delle 36 settimane(prematurità lieve), prima delle 27/28 settimana, prematurità di secondo grado, prima delle 24/26 settimane prematurità severa. Negli anni ’70 moriva il 70% dei bimbi prematuri, oggi ne sopravvive più dell’85%.
Le complicazioni della prematurità
Tre sono le principali complicazioni della prematurità: insufficienza respiratoria, infezioni, complicazioni a carico dell’apparato gastrointestinale.
Per quanto riguarda le complicazioni gastrointestinali eccone una digressione. A seconda del grado di prematurità variano ovviamente le complicanze digestive del pazientino, che sarà alimentato per via endovena, oppure, se meno grave, potrà essere alimentato con sondino naso-gastrico con latte materno. Purtroppo, nel 51% dei casi può insorgere una patologia chiamata enterocolite necrotizzante (NEC), che può portare alla necrosi dell’intestino, ciò perché l’apparato gastroenterico è immaturo e non è in grado di ricevere cibo, considerato che in utero si sarebbe alimentato tramite la placenta e il cordone ombelicale. Occorre sottolineare che i rischi non sono uguali per tutti e che esiste una variabilità individuale per cui potrebbe accadere che taluni bimbi, che non presentavano alcuna chance di sopravvivenza, ce la fanno ed altri che, non presentano gravi problemi non ce la facciano.
Occorre sottolineare che in Italia si registra il più basso tasso di mortalità di bambini con peso inferiore a 1500 g (11% contro la media del 14,4%), ciò perché il neonatologo italiano presta molta più attenzione all’alimentazione con il prezioso latte materno (una medicina naturale ed efficacissima), tant’è che in Italia abbiamo il più alto numero di banche del latte umano donato.
Premesso ciò, i rischi gastroenterologici iniziano con la nutrizione (5/10% di colestasi con insufficienza epatica in evoluzione talora verso la cirrosi epatica. La conseguenza più grave resta la NEC, enterocolite necrotizzante, la cui insorgenza è inversamente proporzionale all’età gestazionale ed al peso corporeo del bambino. Il trattamento è chirurgico in quasi il 30% dei casi. La NEC espone il bimbo alle seguenti complicazioni: peggioramento delle patologie di base, epatopatia, sindrome dell’intestino corto, stenosi intestinale, lunghe ospedalizzazioni. La mortalità è del 30% ed è inversamente proporzionale al peso del pazientino). L’immaturità dell’apparato gastrico espone il prematuro ad infezioni da agenti patogeni che possono comprometterlo. Un’altra complicazione è l’ileo da meconio, ossia un’occlusione intestinale dovuta a meconio compattato, spesso primo segnale di fibrosi cistica. La sindrome da tappo di meconio, cioè un tappo di meconio molto duro, che porta a una ritardata emissione delle prime feci. La stenosi ipertrofica del piloro, cioè l’impossibilità dello stomaco di svuotarsi, dovuta all’ipertrofia delle fibre circolari dello sfintere pilorico ed infine l’atresia esofagea, che fa parte delle complicazioni che richiedono un intervento chirurgico.
Il reflusso gastroesofageo
Nella maggior parte dei casi il GER nei prematuri è legato all’immaturità dell’esofago e del giunto gastroesofageo. Il disturbo è inversamente proporzionale al grado di prematurità. In pratica, la valvola che sta alla fine dell’esofago (Cardias ) si dovrebbe aprire per far passare il cibo (latte) e chiudersi subito dopo. Pertanto, la fisiologica ridotta lunghezza dell’esofago e la scarsa capacità funzionale del cardias (entrambi matureranno intorno all’anno di vita) espongono il prematuro alla comparsa del reflusso gastroesofageo, cioè la risalita di latte, muco e saliva nel cavo orale. Purtroppo tale risalita può innescare altri sintomi più gravi: pianto insistente, presenza di sangue (emottisi) espressione di esofagite, ossia dell’infiammazione dell’esofago, talora inalazione di materiali rigurgitati nelle primissime vie respiratorie (causando broncopolmoniti ab ingestis). Altri sintomi sono rappresentati da apnee, broncospasmo, perdita di peso, otiti ricorrenti.
Il reflusso gastroesofageo nel 90/95% dei casi non necessita di terapia e si risolve gradatamente man mano che i bimbi crescono. Un’altra condizione, che si associa al reflusso nel paziente prematuro rispetto al neonato nato a termine, è l’allergia alle proteine del latte vaccino (APLV), tale allergia può estrinsecarsi con vomito, manifestazioni cutanee e respiratorie, che ne aggravano il decorso. In questi casi, oltre alla terapia di cui parleremo più avanti, occorre iniziare una dieto-terapia con latte non allergizzante. Per quanto concerne la terapia farmacologica, occorre precisare che è indicata allorquando, da semplice reflusso, si passa ad una vera e propria malattia da reflusso (la cosiddetta GERD). Nel caso di un semplice reflusso gastroesofageo non occorre una terapia farmacologica, quanto un frazionamento dei pasti. La regola è far mangiare il piccolo poco ma più spesso.
Prematurità e latte materno
Premesso che il latte materno è importante per lo sviluppo ottimale dei neonati a termine ed ancor di più per i piccoli prematuri. Diversi fattori come il DHA (acido grasso, vitale per un corretto sviluppo del sistema nervoso centrale e degli occhi) e anticorpi, che durante la gravidanza vengono trasmessi tramite placenta e cordone ombelicale dalla mamma al feto. Chiaramente, nascendo prima del tempo, i prematuri non ricevono tutti questi fattori. Occorre sottolineare che il latte materno di bimbi prematuri contiene concentrazioni più elevate di questi fattori, rispetto al latte materno di un bimbo nato a termine. Occorre ancora di più sottolineare che l’apparato digerente dei prematuri è immaturo e necessita di un latte altamente digeribile, quale è quello della propria madre. Infatti questo contiene enzimi specifici, che facilitano la digestione dei nutrienti del latte materno e diversi fattori di crescita utili per un corretto sviluppo dell’apparato digerente (EGF) e del Sistema nervoso centrale (NGF). Infatti il latte materno è talmente importante per il prematuro, che se per qualsiasi motivo non dovesse essere disponibile, si può ovviare con il latte donato da altre mamme, mediante le banche del latte materno. Perché il latte materno a tutti i costi? Perché contiene più agenti protettivi, infatti più latte materno assume un prematuro, più basso è il rischio di contrarre malattie. Infatti ogni 10 ml di latte materno pro kg, in più al dì, riduce il rischio di sepsi del 19%. Inoltre il rischio di NEC, enterocolite necrotizzante, patologia potenzialmente fatale è fino a dieci volte più basso nei prematuri, che assumono latte materno, rispetto a quelli allattati con latte artificiale., pertanto ogni goccia è preziosa. Inoltre, i prematuri allattati dalla mamma, tendono ad essere dimessi dall’UTIN in media due settimane prima rispetto a quelli allattati artificialmente ed anche che nel primo anno di vita, hanno il 6% di possibilità in meno di subire un ricovero ed inoltre, a lungo termine, il latte materno migliora lo sviluppo mentale (studi hanno provato che i bimbi allattati al seno hanno un QI più alto rispetto agli altri fino a 5 punti) ed un migliore sviluppo fisico e cardiologico. Se altamente prematuro e nei primi giorni della prematurità, visto che avranno difficoltà a coordinare la suzione, la deglutizione e la respirazione, il latte può essere estratto dalle mammelle con il tiralatte e somministrato con sondino naso-gastrico fino a quando la forza di suzione del piccolo non sarà sufficiente. Nei bambini con peso inferiore a 1,5 kg utile somministrare una maggiore quantità di proteine, calcio e fosforo, di conseguenza assieme al latte materno viene somministrato un fortificante.
Lo svezzamento
Lo svezzamento è un momento di grande cambiamento per il bambino prematuro, perché permette di aumentare l’introduzione di energie e di proteine ad alto valore biologico e anche di micronutrienti di tipo Zn ed Fe. Lo svezzamento rappresenta una tappa importante della crescita e dello sviluppo neurologico e relazionale del bambino. Per lo svezzamento di un bambino prematuro non occorrono raccomandazioni specifiche. Si deve iniziare in una finestra temporale che va tra il 4° e il 6° mese di vita, corretta (calcolando l’età da quando il piccolo sarebbe dovuto nascere), solo nel caso in cui si verificherà una crescita non adeguata, si può ipotizzare un inizio più precoce e in ogni caso quando le competenze motorie (acquisizione della posizione semiseduta) ed il grado di maturazione orale, sono state raggiunte. Così come per l’inizio dello svezzamento, anche per quanto riguarda l’introduzione dei diversi cibi non esistono raccomandazioni specifiche a condizione di mantenere un buon apporto di proteine Zn, Fe, Se, Ca ed in ogni caso sempre sotto la supervisione del pediatra. In questa fase critica dello sviluppo, infatti la promozione di una crescita adeguata durante i primi 1000 giorni è estremamente importante perché è noto dalla letteratura che una buona crescita sia qualitativa che quantitativa nei primi 1000 giorni di vita contribuiscono a modulare correttamente lo stato di salute in età giovane e adulta.
Va sottolineato che qualunque sia il sintomo che presenta il piccino, i genitori non devono mai drammatizzare, nè cedere alle “autodiagnosi”. Devono sempre rivolgersi con fiducia al pediatra che saprà fare le giuste valutazioni e indirizzarli, se necessari, verso ulteriori approfondimenti specialistici.