Tratto da un mio articolo su Livesicilia.it del 25 novembre 2012
“L’uomo cattivo, é lui, é l’uomo cattivo!”
Inès si era svegliata ansimante, mentre metteva in fila quelle due parole. Si era raggomitolata dall’altro lato del letto, raggirando le spiegazioni di Stefano:
“É stato solo un brutto sogno”.
Aveva liquidato così le domande incerte e terrorizzate del suo uomo.
Non riuscendo a riaddormentarsi, insieme alle palpebre, aveva riaperto uno scrigno di pensieri, che credeva seppelliti.
Non riuscendo a riaddormentarsi, insieme alle palpebre, aveva riaperto uno scrigno di pensieri, che credeva seppelliti.
É disarmante la capacità di certi dolori di riemergere.
L’uomo cattivo era tornato ed era tale e quale all’ultima volta che si erano incontrati. Con il suo odore di Marlboro mischiato a quello di dopobarba alla mirra, con i capelli lisci e sudaticci, con le mani minuscole e le
unghia citatissime. Inès aveva tuffato il viso nella federa del cuscino, sperando di respirare l’odore rassicurante di Stefano. Aveva ritrovato, invece, l’alito dell’uomo cattivo e l’odore della sua pelle.
Un rosario di lacrime le ripulì il volto. Inès le ingoiava una a una, masticando i ricordi e quella ferita, che aveva diviso in due esatte metà la sua innocenza.
“Inès sei bellissima, la donna più bella che abbia mai visto”.
L’aveva sorpresa così l’uomo cattivo, in una sera qualunque, dentro un locale carico di gente e di luci al neon. Un brivido di piacere e di imbarazzo aveva attraversato la lunghezza del corpo di Inès. Tremante aveva balbettato un suono infantile e aveva immediatamente abbassato gli occhi. Nei suoi vent’anni Inès aveva solo intravisto briciole di affetto, dimostrazioni di un amore neonato, che le aveva insegnato quel fidanzatino, di cui non si era mai riuscita a innamorare. L’uomo cattivo odorava di un mondo che Inès non conosceva, che un po’ la affascinava e un po’ la impauriva, facendole ripensare a quei tanti “stai attenta” che si dicono ai bambini. L’uomo cattivo aveva deciso per entrambi fin dal primo momento. Calcolava la consistenza degli sguardi di Inès e le infliggeva raffiche di sorrisi, che facevano galoppare il suo cuore da ragazzina. Inès era innocente per comprendere la differenza tra il vero bene e il troppo male, che le gironzolava intorno. Era abituata a scrivere il suo diario, a vedere le commedie romantiche al cinema con papà e ad andare al mare con le amiche dentro un bus strapieno di turisti stranieri. Il resto era un sogno ancora da fare. Poi un giorno l’uomo cattivo l’aveva convinta: “Andiamo a prendere un caffè, un gelato o una pizza?”. Lei si era fatta bella con un impegno mai messo prima, anche se dentro la pancia le brontolava il presagio di fare una cosa proibita, brutta, sporca. L’uomo cattivo l’aveva trattata come la regina del reame più bello che l’umanità potesse immaginare.
“Inès sei bellissima, la donna più bella che abbia mai visto”.
L’aveva sorpresa così l’uomo cattivo, in una sera qualunque, dentro un locale carico di gente e di luci al neon. Un brivido di piacere e di imbarazzo aveva attraversato la lunghezza del corpo di Inès. Tremante aveva balbettato un suono infantile e aveva immediatamente abbassato gli occhi. Nei suoi vent’anni Inès aveva solo intravisto briciole di affetto, dimostrazioni di un amore neonato, che le aveva insegnato quel fidanzatino, di cui non si era mai riuscita a innamorare. L’uomo cattivo odorava di un mondo che Inès non conosceva, che un po’ la affascinava e un po’ la impauriva, facendole ripensare a quei tanti “stai attenta” che si dicono ai bambini. L’uomo cattivo aveva deciso per entrambi fin dal primo momento. Calcolava la consistenza degli sguardi di Inès e le infliggeva raffiche di sorrisi, che facevano galoppare il suo cuore da ragazzina. Inès era innocente per comprendere la differenza tra il vero bene e il troppo male, che le gironzolava intorno. Era abituata a scrivere il suo diario, a vedere le commedie romantiche al cinema con papà e ad andare al mare con le amiche dentro un bus strapieno di turisti stranieri. Il resto era un sogno ancora da fare. Poi un giorno l’uomo cattivo l’aveva convinta: “Andiamo a prendere un caffè, un gelato o una pizza?”. Lei si era fatta bella con un impegno mai messo prima, anche se dentro la pancia le brontolava il presagio di fare una cosa proibita, brutta, sporca. L’uomo cattivo l’aveva trattata come la regina del reame più bello che l’umanità potesse immaginare.
Così il giorno dopo e quello dopo ancora.
Fino a quel sabato di agosto, sotto un cielo che distribuiva, distratto, afa e pioggia.
La macchina come un aeroplano
Con la sua macchina, che sembrava un aeroplano, l’uomo cattivo aveva cambiato direzione.
Si era infilato in una stradina, dove le case parevano tutte abitate da morti.
Da lì era entrato in un cancello scuro e incrostato.
“Non avere paura, siamo a casa mia”.
“Voglio tornare al mare.”
”Scendi su, vediamo un film insieme”.
“Voglio andare a casa”.
“Ti ho detto scendi”.
“Ti prego, voglio andare a casa mia”.
“Ti prego, voglio andare a casa mia”.
“Cretina scendi o ti faccio scendere io”.
Inès piangeva e avrebbe urlato, se solo la paura che l’uomo cattivo le facesse tutto il male del mondo, non le avesse strozzato la voce in gola.
“Puttanella sali su”.
In quelle stanze senza luce, dentro quella stradina piena di fantasmi, Inès aveva lasciato per sempre un pezzo della sua anima.
La stessa che, per anni, era tornata a svegliarla la notte. Le si appoggiava dentro un orecchio e le sussurrava un grido di dolore sottile, ma persistente.
Liberami Inès
“Vieni a liberarmi Inès, vieni. In questa stanza c’è buio e io potrei soffocare”.
Da lì tornava, come un conato di vomito, l’uomo cattivo. La camminata incerta, ma baldanzosa di chi deve per forza dimostrare qualcosa, l’odore di mirra, gli occhi minuscoli e randagi.
Con il suo solito ghigno si avvicinava a Inès e le sfiorava il collo con i capelli umidi, quindi con le mani viscide disegnava la mappa del suo corpo da ragazzina. A quel punto Inès si svegliava di botto, tra il sollievo del pericolo scampato e lo sgomento di chi sente l’anima prigioniera.
L’ultima volta che aveva visto l’uomo cattivo era stato in ospedale, poco tempo dopo quel sabato afoso. Un dolore lancinante allo stomaco le aveva fatto credere di morire. Disperata gli aveva inviato un sms, più per farlo sentire in colpa, che per chiamare all’appello la sua pietà.
Lui si era precipitato:
“É solo una colica. Meno male, pensavo me l’avessi combinata, occhi di angelo. Good bye, buona vita”. Inès lo aveva visto uscire dalla corsia e insieme a lui aveva visto andare via una nuvola gonfia di cattiverie tutte ancora da fare. Quell’uomo si era divertito a giocare a calcio con il suo cuore buono. Lei non lo avrebbe mai perdonato. Gli aveva lanciato addosso una raffica di maledizioni mute, per poi voltare, definitivamente, lo sguardo dall’altra parte. Da allora la vita di Inès è ripresa, a volte singhiozzante, altre simile allo scatto di certi scalatori di una volta. Sono passati settimane, mesi, anni. Inès ha imparato di nuovo a sorridere, è tornata scrivere il suo diario, a vedere le commedie romantiche insieme con il suo papà, ma soprattutto ha preso per mano un amore, che ha tutta l’aria di volere diventare grande. C’è sempre, però, quel pezzo di anima, priogioniera tra i fantasmi di quella casa, che forse qualcuno ha distrutto. L’anima può addormentarsi per anni, ma quando si sveglia fa il rumore più grande che gli uomini conoscano. Inès lo sa bene e ogni giorno sceglie di addomesticarla, mentre la vita le accarezza le spalle.
“É solo una colica. Meno male, pensavo me l’avessi combinata, occhi di angelo. Good bye, buona vita”. Inès lo aveva visto uscire dalla corsia e insieme a lui aveva visto andare via una nuvola gonfia di cattiverie tutte ancora da fare. Quell’uomo si era divertito a giocare a calcio con il suo cuore buono. Lei non lo avrebbe mai perdonato. Gli aveva lanciato addosso una raffica di maledizioni mute, per poi voltare, definitivamente, lo sguardo dall’altra parte. Da allora la vita di Inès è ripresa, a volte singhiozzante, altre simile allo scatto di certi scalatori di una volta. Sono passati settimane, mesi, anni. Inès ha imparato di nuovo a sorridere, è tornata scrivere il suo diario, a vedere le commedie romantiche insieme con il suo papà, ma soprattutto ha preso per mano un amore, che ha tutta l’aria di volere diventare grande. C’è sempre, però, quel pezzo di anima, priogioniera tra i fantasmi di quella casa, che forse qualcuno ha distrutto. L’anima può addormentarsi per anni, ma quando si sveglia fa il rumore più grande che gli uomini conoscano. Inès lo sa bene e ogni giorno sceglie di addomesticarla, mentre la vita le accarezza le spalle.