Nella settimana mondiale dell’allattamento, vogliamo raccontarvi la storia di Luciana Zaccari, una ragazza romana e del suo Francesco. Due campioni, ed è il caso di dirlo. Una mamma giovane e speranzosa, fiera del suo pancione. Poi l’imprevisto, che rischia di trasformarsi in tragedia. La forza, la tenacia, che danno risposte anche alle domande più difficile. Poi, anzi soprattutto, quel latte materno che diventa un salvavita. Grammo per grammo. Passo per passo. Verso un futuro tutto da disegnare.
Luciana, raccontaci di te e del tuo piccolo
La gravidanza e l’ipertensione
Le cose sono cambiate in gravidanza perché il farmaco che prendevo non era compatibile con il piccolo e doveva essere sostituito. Da subito i valori iniziarono ad alzarsi, erano sempre border-line. Nonostante ciò ero comunque fiduciosa che tutto si sarebbe svolto secondo i piani del professore che mi seguiva. Ricovero anticipato e parto indotto alla 38esima settimana, questo il progetto. Si era fatto solo un accenno ai rischi che correvo, gestosi e trombosi, ma ero ottimista, avevo fatto il corso preparto, visitato l’ospedale e la sala parto dove avevo scelto di partorire, parlato con le ostetriche. Nella mia testa era tutto pronto, aspettative rosee e felici.
A un certo punto della gravidanza accade quello che non doveva
L’emorragia di sangue e la corsa all’ospedale
Nasce Francesco, il mio guerriero
In ogni caso siamo stati fortunati perché Francesco non ha riportato danni cerebrali e se la placenta si fosse staccata completamente lui sarebbe morto nella mia pancia.
Una mamma e la prematurità
La prematurità fa paura perché non c’è niente di certo, non sai se uscirete da lì insieme tu e tuo figlio e come ne uscirete. Quando entri in questi reparti dalle luci soffuse, scandito dai bip dei macchinari attaccati a quelle piccole anime, ti spogli di tutto, indossi un camice, mascherina, ti disinfettanti le mani, togli orologio e bracciali. Ti dimentichi anche di avere una vita al di fuori di quelle mura. Medici e infermieri non si sbilanciano mai sulla salute di tuo figlio. Si vive alla giornata. È una montagna russa. Un giorno un passo avanti, quello dopo due indietro. Si impara a gioire per le piccole conquiste, cose che per le mamme di bimbi nati a termine sono scontate.
Anche una volta dimessi non è un percorso che si conclude completamente. Molti bimbi si portano dietro i segni di essere nati troppo presto per mesi, anni, alcuni per sempre…

L’allattamento in terapia intensiva, un’avventura possibile
Io ero all’Aurelia hospital. La nostra casa a 40 km.
Fu lui a portarmi i primi barattolini per il latte. Mi disse che gli infermieri in Tin si erano raccomandati tanto che io tirassi il latte. “Va bene anche un cucchiaino di latte, hanno detto”.
Quei preziosi barattoli di latte
Nel reparto dove ero ancora convalescente trovai delle ostetriche meravigliose. Mi aiutarono ad usare il tiralatte, mi dissero di tirare ogni 3 ore, anche di notte, di farlo guardando le foto di mio figlio perché ne stimolava la produzione, di bere molto e di riposare per mettermi in forze. Furono fondamentali soprattutto come sostegno psicologico per me.
All’inizio uscivano solo delle gocce di latte, mio marito attraversava la città per portare 5ml, l’equivalente di un cucchiaino. Poi ha iniziato ad aumentare sempre più.
Un solo cucchiaio di latte materno è un salvavita
Aspettavo con pazienza che lui fosse pronto per prendere il latte direttamente al seno, ma le infermiere dicevano che era ancora presto perché con il biberon proprio non riusciva e che il biberon è comunque meno faticoso del seno.
La prima volta che l’ho attaccato al seno
Sorprendente Francesco al seno si attaccò come una ventosa. Mangiò tantissimo in pochissimo tempo. Un fatto eccezionale che lasciò tutte le infermiere di turno senza parole. A Francesco piaceva proprio stare pelle a pelle con me quando mangiava, ma per non fargli spendere troppe energie continuavano ad alternare seno, biberon, sondino.In Tin l’allattamento è scandito da orari precisi. Ovviamente non è possibile allattare a richiesta anche se noi per fortuna eravamo in una Tin aperta h24. Tutti i pomeriggi avevo la possibilità di fare la marsupio terapia e secondo me anche questa ha contribuito alla buona riuscita dell’allattamento perché ogni volta che la praticavo avevo spontanee e abbondanti fuoriuscite di latte.
Un percorso difficile ma possibile
In tutti questi mesi un’ostetrica conosciuta dall’Aurelia hospital mi aiutò, mi consigliò, seguendomi ad ogni passo. È stata per me fondamentale.
Fino a quando ho allattato?
Mi sono sentita giudicata e mi sono state dette frasi infelici e false del tipo “ma quanto vuole allattare ancora?” “Ormai non serve più!” “Sta diventando una cosa morbosa!” Tutti a giudicare il nostro rapporto esclusivo. Non ho ricevuto nessuna comprensione. Credo che in Italia si debba lavorare ancora molto nel diffondere corretta informazione sia alle neo mamme che a molti medici, ostetriche e infermiere.
Ho visto molte mamme mollare, prima di tutto perché si crede sia una cosa che viene naturale e semplice, quando invece, almeno all’inizio e soprattutto in casi particolari come il mio è molto impegnativo, poi perché mal consigliate. Si tende a sentire il consiglio della mamma, della nonna, della zia, dell’amica, della vicina di casa che sono spesso fuorvianti ed errati. Io consiglio a tutte le neomamme di cercare una brava ostetrica o di contattare la Leche League dove ci sono consulenti competenti e aggiornate che offrono sostegno all’allattamento gratuitamente.
Allattare: la soddisfazione più grande
Allattare mio figlio è stata la soddisfazione più grande della mia vita. Ho tirato fuori una determinazione e una testardaggine che non credevo di avere. Ha fatto in modo che potessimo riconoscerci, coccolarci, consolarci. Abbiamo trovato così, il modo di recuperare un pochino quello di cui eravamo stati privati. L’allattamento mi ha restituito la mia identità di mamma
Ne conserveró sempre un ricordo speciale.