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I miei “inutili” 24 anni ed Emanuela che era una grande donna

A trentadue anni dalla strage di via D'Amelio, ricordiamo la vittima più giovane. Si chiamava Emanuela Loi e aveva solo ventiquattro anni

Nel luglio di qualche anno fa avevo 24 anni (in realtà ancora da compiere). Cosa facevo al tempo dei miei anni? Languivo dietro a una passioncella estiva. Eppure, quel piccolo fallimento aveva inquinato la felicità della mia estate, mi aveva fatto perdere un appello all’università e aveva perfino sottratto verve alla mia passione per il giornalismo e per la gavetta tra le scrivanie del Giornale di Sicilia. Persi tempo. Non molto. Un mese, al massimo uno e mezzo. Il tempo però è prezioso. È la sola ipoteca che possiamo imporre alla vita. In quel periodo, pensavo che nulla fosse più giusto se non quel noioso piangersi addosso, quelle notti dense di pensieri stupidi, quelle chiacchierate con le amiche, in cui si faceva ogni volta il periplo dello stesso argomento.

Il 19 luglio del 1992

Perché vi sto raccontando di questi insignificanti episodi della mia gioventù? Ci pensavo poco fa. È il 19 luglio. Una data che non lascio mai passare sottotraccia. Vi risparmio il riassunto retorico di quei fatti che, almeno nell’essenza (superficiale), tutti conosciamo. In tv poco fa ricordavano i nomi dei poliziotti, che tutelavano il giudice Paolo Borsellino.

L’agente Emanuela Loi

Una di questi era Emanuela Loi. Classe 1967 (nata in ottobre a Cagliari). Quel giorno aveva solo 24 anni. Era, tutto sommato, una ragazzina e quel pomeriggio poteva trovarsi al mare o a ciondolare sui libri universitari, ingaggiando scuse per quell’appello estivo saltato. Poteva fare, come feci io qualche anno più tardi, la cosa più banale: sciupare il tempo migliore dietro a una stupida delusione amorosa, senza passato, presente e futuro. Invece Emanuela, quel 19 luglio, a 24 anni, indossava (sull’anima) la divisa della Polizia di Stato e proteggeva il giudice Paolo Borsellino. Lei, poco più che una ragazzina, a tutela dell’uomo più a rischio del Paese. Ho riletto la storia di Emanuela Loi in alcune interviste rilasciate dalla sorella. Emanuela, fresca di arruolamento, era finita a Palermo, la città della guerra di mafia. Nessun istinto eroico il suo. Era semplicemente stata mandata a Palermo perché così avevano deciso e lei aveva obbedito.

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Emanuela Loi e i suoi vent’anni a Palermo

Aveva 22 anni e tra gli incarichi di tutela vi era stato anche quello di proteggere l’allora deputato Sergio Mattarella. Emanuela viveva alle Tre torri che, per chi non lo sapesse, sono tre palazzine identiche, installate proprio di fronte allo stadio Barbera di Palermo. Un ginepraio di minuscoli appartamenti, infilati in un dedalo di ingressi e corridoi di cemento mal rifinito. Erano e sono la sede di decine di alloggi di servizio per Polizia e Carabinieri. Ve la immaginate una ragazza di oggi, una ventiquattrenne che vive in 30 mq scarsi, senza smartphone, iPad, che rincorre i turni di lavoro, che aspetta e aspetta ancora (perché gli uomini “di tutela” imparano il talento di un rischioso aspettare)? La state immaginando? Io, pur azionando i radar della migliore volontà, non vi riesco. Rivedo me ventiquattrenne, persa nei chiaroscuri di un dolore senza qualità. Poi immagino Emanuela, che, sotto la divisa, avrà avuto sicuramente un cuore da ragazza, con i fremiti, le speranze, le passioncelle. Lei però, quella domenica di luglio, non poteva permettersi di accampare scuse al proprio tempo. Lei doveva proteggere Paolo Borsellino. Emanuela era una grande donna e forse non lo immaginava neppure.

Il 19 luglio 1992 in via Mariano D’Amelio a Palermo morirono in un attentato mafioso il giudice Paolo Borsellino, gli agenti di Polizia Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina.

L’unico agente sopravvissuto fu Antonino Vullo.

Emanuela Loi è stata la prima poliziotta donna ad avere un incarico di agente di tutela. È stata anche la prima poliziotta italiana a cadere in servizio.

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Alle vittime del 19 luglio 1992 diciamo semplicemente grazie!

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