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Giornata della prematurità tra i piccoli guerrieri dell’Utin dell’ospedale Civico di Palermo

Intervistiamo il professore Marcello Vitaliti, neonatologo e primario della Terapia intensiva neonatale del Civico di Palermo

Come ogni anno, torniamo dove siamo stati bene.

Celebriamo la giornata della prematurità nell’Utin dell’ospedale Civico di Palermo. Il reparto è diretto dal dottore Marcello Vitaliti, neonatologo di lungo corso e soprattutto uomo che lavora con passione per i suoi piccoli pazienti e per i loro genitori.

Il Civico di Palermo è uno dei principali punti nascita siciliani, entro dicembre si dovrebbe arrivare a quota 2000 parti. Qui afferiscono realtà trasversali: la Palermo borghese, che sceglie questa struttura pubblica per via dell’offerta clinica ed anche la città con le sue propaggini più critiche. In Utin questa trasversilità si legge a stampatello.

Perché trasversali sono le cause della prematurità: alcune fisiologiche – elevata età materna, malattie della mamma o del bambino – altre invece sono criticità sociali: tossicodipendenza in gravidanza, stile di vita inadeguato con la gestazione (tanti sono stati i neonati ricoverati in questa Utin per astinenza da droghe o da psicofarmaci).

Al di là delle ragioni per cui un piccolino si trova in Terapia intensiva neonatale, quel che salta all’occhio entrando in reparto è la sacralità da grembo materno. Il silenzio, il tepore, il rispetto. Come stare dentro un nido. Come ritrovarsi accoccolati dentro un batuffolo di ovatta.

Ed eccoli i bip bip salvavita, quelli che indicano i palpiti dei piccoli combattenti, che qua giocano la battaglia più importante. Tra un’incubatrice e una “culletta termica”, fanno capolino i neonatologi, gli infermieri, le puericultrici. C’è attenzione, perché i piccolissimi dell’Utin non possono essere lasciati soli neppure un istante. Il primario Vitaliti ha tutto sott’occhio e conosce le storie di ogni bambino, anche di quelli che ormai sono grandi e forti.

Professore Vitaliti, quali somme tirate in questa giornata così importante?

Il professore Marcello Vitaliti

Prima di parlare di numeri voglio parlare di persone. Nella nostra Utin accogliamo bimbi che vengono al mondo prima o che nascono con problematiche importanti. Prendiamo in carico loro e le loro famiglie. Dietro questi esserini minuscoli ci sono padri, madri fratellini. Ci sono storie, speranze, progetti e aspettative. A partire da queste scaturisce la motivazione del nostro operato e l’obiettivo di fare tornare tutti  i nostri pazienti a casa e nelle migliori condizioni possibili.

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Nella giornata della prematurità quale é il suo primo pensiero?

Oggi va fuori dalle mura del mio reparto e arriva fino alla Striscia di Gaza, va in Palestina e in Israele. Penso ai bimbi prematuri che sono morti perché non hanno potuto ricevere le cure dovute. Perché gli ospedali sono distrutti e se qualche reparto ancora regge non ha a disposizione posti letto e macchinari. Questo deve essere il senso di questa giornata. Dobbiamo riflettere e capire che ciascuno di questi bambini potrebbe essere nostro figlio. La differenza è che ci troviamo nella parte fortunata del mondo.

In merito ai piccoli del vostro reparto, quanti ne avete accolti nell’ultimo anno?

Siamo rimasti in linea con la media dei grossi punti nascita nazionali, quindi circa 150 bimbi prematuri su un totale di quasi 2000 nati nell’ultimo anno.

Il vostro reparto mette sempre nuovi tasselli nel puzzle della cura del neonato prematuro, ci racconti

Ovviamente occorre fare un distinguo quando si parla di prematurità.

La nascita prima di 37 settimane di gestazione è considerata prematura. I neonati prematuri sono ulteriormente classificati come

Ovviamente le cure che necessitano i prematuri sono differenti in relazione al livello di prematurità e alle condizioni di ciascun bambino. Negli anni il nostro reparto si é arricchito di nuove competenze, una tra queste é la diagnosi e la cura (anche interventistica) della retinopatia, una delle problematiche più diffuse tra i prematuri. I nostri piccoli degenti sono tutti sottoposti a controlli ematologici,  cardiologici, neuropsichiatrici, pneumologici. Una volta dimessi, continuiamo a seguirli in follow up nei nostri ambulatori. Il “dopo” utin é molto importante, perché un percorso riabilitativo può garantire una vita quanto più normale possibile anche a un bimbo che nasce con un deficit. Faccio un esempio su tutti: il cervello dei bambini é plastico e le cellule neurologiche sane, se opportunamente stimolate, sanno fare da gregarie a quelle danneggiate. Quindi occorre seguire scrupolosamente le indicazioni dei medici e presentarsi puntuali ai follow up.

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C’é una storia che le rimane nel cuore e che vuole ricordare in questa giornata celebrativa?

Tra le tante, mi viene in mente quella di due gemelline nate estremamente premature. Una delle due é rimasta da noi in Utin per ben quattro mesi, ha anche subito due interventi chirurgici. Ricordo la fiducia e la propositivitá dei genitori, l’attaccamento alla vita della piccola e quel lavoro corale che tutti insieme, noi come medici e loro come famiglia, abbiamo fatto, sostenendoci a vicenda. Oggi le piccole hanno due anni e mezzo e godono di ottima salute. Non hanno riportato alcun tipo di danno. Questi traguardi danno un senso al mestiere che facciamo e ci spingono a fare meglio.

 

Quale messaggio vuole dare oggi sul tema della prematurità?

Anzitutto consiglio attenzione durante la gravidanza: stile di vita sano e controlli medici regolari, secondo il calendario gestazionale. Se nasce un bimbo prematuro, occorre anzitutto avere amore e contenimento per la madre. Al piccolo pensiamo noi medici di Utin, ma le madri non vanno mai lasciate sole. Sono donne che elaborano un vero e proprio lutto e vivono un profondo senso di colpa. Sono mamme che vedono smantellato il sogno del parto, delle prime coccole al loro bambino. Quando va bene vedono il loro piccolo il giorno dopo la nascita e lo ritrovano dentro una “pancia artificiale” (l’incubatrice), attaccato a tubicini e monitor. É un trauma grande per una neo-mamma. Queste donne sono avviluppate da dolori a volte indecifrabili e il rischio che sprofondino in una brutta depressione post partum é alto. Ci vuole sostegno. Se oggi mancano le famiglie “clan” di un tempo, occorre cercare comunque il modo di non lasciare sole le madri, a maggior ragione le “mamme premature”. Ahimè il 15% dei bimbi prematuri statisticamente non ce la fa, nel resto dei casi i piccoli tornano a casa, necessitano di qualche accortezza in più ed é fondamentale che la famiglia sia in grado di sostenere i legittimi timori e di proiettarli verso bellissime speranze. Perché i figli questo sono: la speranza più grande!

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