Care amiche, siamo reduci da dieci giorni davvero singolari. In maniera del tutto non programmata, abbiamo trascorso una vacanza a Menfi, nell’agrigentino, crogiolandoci nelle acque incontaminate (Bandiera Blu docet) di Lido Fiori, Porto Palo, Gurra, Giache bianche. Menfi è uno dei miei posti del cuore. Lo frequento da un quindicennio, da quando, ancora giovane, fresca e vigorosa, mi “imbarcai”, con una simpatica e improvvisata comitiva, in una gita in camper. Da allora Menfi è diventata una tappa fissa di molti miei percorsi. Vi faccio ritorno anche fuori stagione. Ho contagiato questo amore anche a mio marito. Lui, siciliano d’oriente, uomo di mare, di pesca subacquea e di scogli arditi, la prima volta ha storto un po’ il naso: “troppo liscia questa costa. Non mi ispira nè tuffi, nè navigazioni”. Eppure, illo tempore, gli è bastato un brevissimo soggiorno, per farsi contaminare dall’amore per questo territorio.
Menfi un luogo metafisico
Da quando è nato Raffaele, poi, la passione si è centuplicata. Lo abbiamo portato a Menfi che era praticamente un moscerino. Quest’anno abbiamo avuto la possibilità di soggiornare in una casetta a noi cara, uno di quei luoghi che, pur non essendo casa tua, ti fa sentire esattamente nel posto migliore per te. Un arredo provenzale, un giardino di limoni e alloro, un vialetto breve, con in cima un antico cancello laccato in bianco. Piccolo ma importante dettaglio: in questa casetta non vi è un televisore e la linea telefonica fai fatica ad acciuffarla. Abbiamo pensato di approfittarne. Ammetto che, a dispetto dei numerosi articoli pubblicati su questo giornale, in cui invitiamo (con il parere degli esperti) a tenere (per quanto possibile) i bimbi lontani da smartphone & co. non sempre riesco nell’impresa. Da mamma lavoratrice, lo riconosco, quando proprio non so cosa inventarmi, concedo a Raffaele la visione di qualche video su Youtube (conosco a memoria tutte le versioni di Veo Veo, del trenino Pat e compagnia bella).
Bimbi lontani dagli smartphone
Quante mamme mi capiranno? A volte lo smartphone diventa un supplemento necessario per alcuni fondamentali attimi di sopravvivenza quotidiana. Mio figlio, come molti suoi coetanei, smanetta a meraviglia con il telefonino. Sa benissimo come accedere alla gallery, come scattare un selfie, come arrivare alla app di youtube. Una competenza, acquisita così precocemente, che mi impressionò quando, a dieci mesi circa, sapesse a malapena dire mamma e papà, ma conoscesse meandri dello smartphone a me del tutto nascosti. Ne parlai, senza troppo melodramma, con il neuropsichiatra, che aveva seguito mio figlio nel follow up post prematurità. Lui mi rasserenò, parlandomi, appunto, dei nativi digitali e tranquillizzandomi sul fatto che, oggigiorno, un quarto d’ora di smartphone “die” lo avallano anche i medici (fosse solo un quarto d’ora?). Ho cercato, per quanto possibile, di rispettare il diktat del quarto d’ora, ma immaginerete quanto ardua sia stata l’impresa.
Il miracolo dell’assenza di mondo virtuale
Eppure, a Menfi ecco il piccolo miracolo. Non vi erano molte alternative ed in assenza di queste Raffaele (e noi con lui) abbiamo avuto conferma che, quando non vi sono molte scelte, la cosa migliore da fare è la più semplice. Il primo giorno non è stato facile. Raffaele reclamava la sua puntata quotidiana di Paw Patrol e canticchiava, a ripetizione, “Nella vecchia fattoria”, indicando il cellulare. L’astinenza è durata poco. Complice un luogo quasi metafisico (vi garantisco che Menfi ed il suo circondario sono luoghi dove il tempo pare fermarsi. A dispetto delle coste cristalline, dell’approdo turistico e del cosiddetto Menfishire, di cui vi parlerò in un altro post, da queste parti puoi concederti il lusso della lentezza, puoi girare in costume h 24 e azzerare qualsiasi obbligo con la mondanità. Un vero privilegio), Raffaele si è miscelato con la natura ed è stato esattamente felice. Ha scorazzato libero, si è abbronzato come non gli era mai successo (protezione totale sempre spalmata), ha spalancato gli occhi in continuazione. Ha conosciuto lucertole, lumache, formiche giganti e (con le dovute accortezze) anche api e calabroni. Ha costruito castelli di sabbia, con i suoi nuovi amici in spiaggia. Ha fatto torri con i ciottoli bianchi ed ha annusato l’uva non ancora matura. Si è sporcato di sabbia, di terra e di succo di limone. Ha corso e corso ancora. È inciampato e si è sbucciato le ginocchia, mi è venuto incontro urlandomi “bua bua”, ha voluto un bacino sciamanico e si è subito scordato dell’incidente. Rieccolo a rotolare sulla sabbia, arrampicarsi su una piccola duna e rincorrere Nina, la meticcia dei vicini di ombrellone. Ha imparato a dire “tramonto” e ad associare questa parola alla meraviglia del suo significato. Ha impiegato collezioni di attimi a osservare cose nuove, cose bellissime, che non dimenticherà. È stato molto tempo con il naso all’insù, alla ricerca della “luma” (la luna) e delle sselle (le stelle). Ha fatto dei bagni bellissimi, regalandosi e regalandoci quel relax che è prerogativa del mare. Ha fatto capricci da duenne, puntato i piedi, sbattuto i pugni e pianto senza motivo. Non ha mai cercato il telefonino e si è scordato del televisore. Io, per ragioni di lavoro (e con l’aiuto di qualche collaboratore) ho dovuto rintracciare la connessione. Raffaele, però, è riuscito meravigliosamente a scollegarsi dal virtuale e a godere, come solo i bimbi sanno fare, di ogni attimo del reale.
Lontani dal mondo virtuale
Questo soggiorno mi ha insegnato parecchie cose. La felicità delle cose gratuite, il privilegio della lentezza, la libertà del fare come ti pare e la capacità che hanno i piccolini di insegnarci a disintossicarsi. Una volta terminata la permanenza a Menfi, Raffi, a casa dei nonni, si è trovato davanti il solito televisore. Giuro, non ci ha fatto caso. Non so quanto durerà questa lontananza dal virtuale, comunque sia sono felice di questo traguardo. Ho visto mio figlio sereno e io lo sono stata con lui. La vita corre, ma quando rallenta ci mostra panorami e piani sequenza, che sono la cifra esatta della felicità. Buon agosto a tutti (che sia il meno virtuale possibile).