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Diabete, complicazioni renali e nuove terapie, ne parliamo con il dottore Provenzano

Intervistiamo uno dei principali esperti italiani, Vincenzo Provenzano, diabetologo e direttore dell'Uoc di Diabetologia e Medicina interna dell'ospedale Civico di Partinico

In Italia 4 milioni di persone sono diabetiche, i tre quarti di queste soffrono di diabete di tipo 2, il cosiddetto diabete mellito. In un recente articolo l’agenzia Ansa lancia un allarme: in molti, seppure affetti da diabete di tipo 2, potrebbero non esserne a conoscenza, per via di sintomi ancora sfumati, rischiando molto per la loro salute ed addirittura per la loro sopravvivenza.

Abbiamo intervistato il professore Vincenzo Provenzano, diabetologo e direttore dell’Uoc di Medicina Interna e Diabetologia dell’ospedale Civico di Partinico, oltreché presidente nazionale della Simdo, Società Italiana metabolismo, diabete e obesità. Provenzano è stato nei giorni scorsi referente scientifico di un congresso, che si è tenuto ad Acicastello, e che ha avuto al centro i temi delle complicanze del diabete e dei nuovi farmaci per curarle.

Professore Provenzano, il diabete, a che punto siamo con gli studi?

É una malattia altamente diffusa, soprattutto il diabete di tipo due, che colpisce in particolare soggetti adulti ed obesi. Occorre anzitutto correre ai ripari: occhio quindi all’obesità e ai primi segnali di allarme che la malattia diabetica presenta, eccessiva sete, minzione frequente, stanchezza e sonnolenza. Un colloquio con il medico curante, in prima battuta, indirizzerà il paziente sul punto della situazione.

Molte le complicanze del diabete, quelle più note sono a carico del sistema cardiovascolare, ve ne sono però di altre, ce ne parla?

Le complicazioni a carico dell’apparato cardiovascolare sono note e studiate da tempo. I pazienti diabetici corrono un rischio quattro volte superiore, rispetto alla popolazione sana, di avere un ictus o un infarto. Nel recente congresso abbiamo analizzato anche le meno note complicazioni dell’apparato urinario. Uno studio recente, pubblicato su una casistica di 1,3 milioni di persone, verificate in un panel di diversi Stati europei, ha mostrato che già all’esordio del diabete, il 30% delle persone affette aveva delle complicanze cardiovascolari. Si è visto che nella casistica del 66% rimanente, a quattro anni e mezzo dell’esordio della malattia,  il 36% sviluppava complicanze renali e nel restante 14% scompensi cardiaci. Quindi due binari paralleli: quello delle scompenso cardiaco e quello della complicazione renale.

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Nella fattispecie, a quali danni vanno incontro i reni di un paziente diabetico?

Vi sono due tipi di complicanze: la prima micro o macrovascolare, che si concretizza con la perdita di albumina dai reni e quindi può essere verificata con un semplice test di urina, da ripetersi più volte nell’arco della mattinata. Se nelle urine vi sarà concentrazione di albumina si dovrà correre ai ripari. L’altra complicanza è un’insufficienza renale vera e propria. Può ahimè succedere che vi siano pazienti vittime di entrambe le occorrenze ed in quel caso la strada da fare è quella della dialisi.

La speranza arriva da nuovi farmaci?

Il dato storico fondamentale che abbiamo oggi nella terapia del diabete conferma che queste complicanze non solo si possono bloccare, ma si possono prevenire. Alcune nuove molecole, tra queste ad esempio, le  glifozine, hanno mostrato la capacità di rallentare il danno renale nel 40% dei soggetti trattati. Altre molecole, quali gli incretinomimetici, sono molto efficaci per quanto riguarda la prevenzione e protezione del rene ed hanno anche una funzione di prevenzione aterosclerotica. Quindi parliamo di molecole con le quali è possibile fare prevenzione secondaria, ma anche primaria, per rallentare e fare revertire il danno primario causato dalla malattia diabetica. Gli studi hanno inoltre dimostrato che è possibile fare prevenzione cardiovascolare anche con molecole utilizzate in soggetti con problemi di cuore, ma senza scompensi diabetici.

Le nuove molecole sono prèt a porter o vi è ancora strada da fare affinché diventino di largo uso?

Queste nuove molecole salvavita, salva cuore e salva reni non può prescriverle il diabetologo ma il medico di medicina generale, quindi auspichiamo un sempre crescente dialogo con i medici di medicina generale, che hanno un compito primario nella fase di diagnosi di questa insidiosa malattia.

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Sicilia e cura del diabete, a che punto siamo?

La Sicilia ha ahimè un elevato tasso di mortalità per diabete, ma ha per sua fortuna anche il migliore percorso di cura di tutta la Penisola. Nel 2018 è stato elaborato un percorso diagnostico-terapeutico- assistenziale di persone con diabete, che prevede come debba essere organizzata la rete di assistenza ai pazienti diabetici. Il progetto procede con successo.

A breve un altro interessante congresso?

Da giovedì 14 a fino a sabato 16 si svolgerà a Isola delle Femmine, in. provincia di Palermo, il Congresso nazionale della Simdo durante il quale tra le altre cose parleremo anche di diabete come conseguenza dell’infezione da Covid/sintomo long Covid, della maniera di fronteggiare l’occorrenza e delle terapie migliori. Un recente studio ha verificato che quasi il 9% di persone sane, colpite da Covid, sviluppano una patologia di tipo diabetico. Occorrenza che non risparmia neppure i bambini. In Sicilia abbiamo raccolto dei dati significativi: dodici bambini, di età superiore agli otto anni, che dopo aver contratto l’infezione da Sars-Cov 2 hanno manifestato un diabete autoimmune di tipo 1. Nel corso del Congresso parleremo di come trattare con nuove molecole questi pazienti, per i quali non è necessaria l’insulina, poiché il loro diabete ha una genesi rintracciabile nell’infezione da Covid e non nella disfunzione delle cellule pancreatiche che secernono l’ormone e lanceremo basi di prevenzione anche su questo fronte.

Grazie professore e buon lavoro.

 

 

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