Un test per capire se si è entrati in contatto con il Coronavirus. È la notizia di questa fase sanitaria dell’emergenza, suffragata dall’indagine sierologica, che sta coinvolgendo, a campione, 150.000 italiani. Una telefonata da parte della Croce rossa e la richiesta di disponibilità per un prelievo ematico, che servirà a verificare gli anticorpi del Covid 19. Gli italiani si dividono: chi è scettico e chi invece vorrebbe sottoporsi al test, per capire se ha maturato l’immunità. Per cercare di fare chiarezza sull’argomento, abbiamo intervistato il professore Antonio Cascio, infettivologo palermitano, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università di Palermo e consigliere Simit.
Professore Cascio, cosa sono i test sierologici?
Iniziamo con il dire che i test sierologici sono una pratica sanitaria collaudata e servono per ricercare nel sangue diversi tipi di anticorpi relativi a molteplici virus. Faccio un esempio: le gravide sono sottoposte alla ricerca, tra gli altri, degli anticorpi del Citomegalovirus o della Rosolia. I bimbi, di fronte a sintomi sospetti, capita che vangano sottoposti ai test per ricercare gli anticorpi della mononucleosi. Nulla di nuovo quindi. Il termine test sierologici è vago, nella accezione comune si intende un test che va a cercare gli anticorpi di un determinato microorganismo. Gli anticorpi vengono prodotti a seguito del contatto del sangue con questi microorganismi ma non è un processo immediato. Gli anticorpi in genere iniziano a comparire a distanza di circa dieci giorni dall’infezione.
Esiste quindi una differenza tra positività attuale e pregressa?
Quando l’organismo entra in contatto con un virus, i primi anticorpi a essere prodotti sono quelli di classe igm, che non sono molto specifici e ci difendono in maniera “grossolana”. Man mano che passa il tempo, iniziano a essere prodotte le immunoglobuline igG, che indicano un contagio pregresso. Con il passare dei giorni, queste igG diventano sempre più specifiche nei confronti del microorganismo e iniziano a neutralizzare e quindi a inattivare il virus fino alla completa guarigione. Gli igG sono quegli anticorpi che in genere rendono l’individuo immune da successive infezioni.
L’aver prodotto questo secondo tipo di anticorpi tutela sempre da nuove aggressioni viralI?
Non lo possiamo dire, poiché mancano dati scientifici certi e generalizzabili. In generale è così, ma non vi sono studi che dicano che sia così sempre.
Riepilogando, se ci si sottopone al test sierologico per il Coronavirus, cosa accade di preciso?
Al paziente viene effettuato un prelievo di sangue, che servirà a verificare se sono presenti gli anticorpi. In caso di presenza degli igm vuol dire che il contatto con il virus è recentissimo, quindi in atto. In caso di anticorpi igG vuol dire che il contatto con il virus è più distante nel tempo.
In tutti i casi bisognerà al più presto escludere la possibilità di una infezione in atto eseguendo il tampone.
Si potrebbe trattare, anche se meno verosimilmente, di un falso positivo (per presenza nel sangue di anticorpi cross-reagenti o a causa di problemi tecnici) e quindi l’infezione potrebbe non essere mai avvenuta. Anche in questo caso bisognerà al più presto eseguire il tampone per escluderlo.
Vi saranno anche i casi in cui il paziente sarà negativo a entrambi i tipi di anticorpi, ciò significa che non è mai entrato in contatto con il virus. In questo caso non è indicata l’esecuzione del tampone, a meno che non ci troviamo di fronte ad una persona con sintomi respiratori e che addirittura potrebbe avere una infezione in atto. Dovremo considerare tale ipotesi nei pazienti che presentano i sintomi tipici del COVID 19 – se così fosse bisognerà escludere tale possibilità eseguendo il tampone.
Questi test sono affidabili?
Sono sicuramente importanti perché danno l’idea di quante persone sono entrate in contatto con il virus. Vi sono però dei limiti, uno di questi è relativo ai falsi positivi. Occorre inoltre saper interpretare bene i test. Questi test, come tutti i test diagnostici, hanno dei limiti fisiologici, di cui si deve tenere conto, non togliendo però importanza all’indagine. Una volta concluso lo studio, si potranno fare le dovute valutazioni: come è circolato il virus, in quale fasce di popolazione, in quali territori. Dati che serviranno a formulare delle conclusioni importanti dal punto di vista dello studio epidemiologico. I risultati saranno sottoposti a una riduzione statistica, che tiene conto, come già detto, della varabile di errore sui falsi postivi.
In molti desiderano fare in autonomia il test. Crede sia il caso?
Non credo. Da medico e da infettivologo consiglio di rispondere alla chiamata del Ministero della Salute. Chi è invitato a fare il test è opportuno che lo faccia. Tanto più se chi è interpellato viene da una regione a rischio o ha avuto sintomi eloquenti. Se però non si è contattati, eviterei di fare test a pagamento: non hanno efficacia certa e si rischierebbe di alimentare un business che di fatto non porta utilità e di innescare anche dinamiche di ansia e di panico. Per qualsiasi dubbio consiglio di rivolgersi sempre al proprio medico curante.
si fa un gran parlare: il virus è scomparso o circola ancora?
Il virus circola ancora, seppure in piccola parte. La cosa buona, stando ai dati, è che comunque non vi sono focolai nelle case di riposo, o nelle terapie intensive, quindi in quei luoghi dove la presenza potrebbe innescare una catena di contagio con effetti potenzialmente seri. Non bisogna però allentare l’attenzione.
Cosa consiglia in vista dell’estate?
Bisogna stare attenti e seguire le norme igieniche: lavare le mani, usare le mascherine laddove è richiesto (luoghi chiusi, laddove non è possibile garantire la distanza di sicurezza), mantenere i luoghi areati.
I nostri bimbi potranno aggregarsi o frequentare i campus estivi, come previsto dal dpcm?
I bimbi possono aggregarsi, purché in piccoli gruppi e all’aria aperta. Anche nel loro caso è bene lavare frequentemente le mani ed evitare comportamenti promiscui: ad esempio scambio di borracce e posate. Le ludoteche è opportuno che svolgano attività all’aperto, perché nei luoghi aperti qualsiasi virus si diluisce. Importante sarà osservare il dato epidemiologico nei giorni e nelle settimane seguenti.