Di Laura Miccichè, psicologa
Possiamo dire per grandi linee, che la violenza psicologica e fisica è attivata da caratteristiche personali e familiari dell’oppressore, da fattori socio culturali, e dalla relazione stessa. Sappiamo bene come le caratteristiche intrinseche e scopi di ogni relazione di coppia espongano a reazioni forti, perché è nella coppia che le persone esprimono se stesse e cercano conferma del loro valore nel legame con l’altro. Ecco, in queste relazioni il legame non riesce più a contenere la rabbia, l’odio, il disprezzo.
Violenza e non comunicazione
Sono relazioni caratterizzate da una comunicazione scadente a causa dell’ostilità e della rabbia. Non esiste reciprocità o dialogo, perché tutto viene azzerato con uno schiaffo o una pesante disconferma. Non c’è la capacità o la possibilità di affrontare e focalizzare i problemi, non si riesce a trovare una via di uscita che non sia la subordinazione di uno dei due. Con questo non intendo certo affermare che la “colpa” è della relazione, perché l’oppressore ha tutta una serie di caratteristiche sia personali che socioculturali.
Caratteristiche dell’uomo violento
Caratteristiche individuali sono le personalità antisociali, soprattutto quando associate a variabili tossiche come abuso di droghe e alcol, e le personalità narcisistiche per il forte e coatto bisogno di autoaffermazione che le caratterizza.
Sono persone gelose, manipolatrici , ingannevoli, possessive e dipendenti.
Predittori del comportamento violento sono per lo più l’avere subito violenze in famiglia o avervi assistito , un’interazione particolarmente negativa tra genitori e figli durante la loro preadolescenza, un’influenza negativa del gruppo dei pari durante le prime fasi di socializzazione. È come se, nel futuro oppressore, si creasse un apprendimento imitativo alla violenza, l’apprendimento di una forma aggressiva, mistificante e riduttiva dello scambio con l’altro, e questo inibisce la capacità personale di tenere conto della prospettiva altrui, la creazione di una barriera che non permette di riconoscere le espressioni di tristezza, di dolore, di paura del partner. La mancanza di empatia.
Perché le donne restano in silenzio
Sembra quasi impossibile comprendere perché le vittime, le donne, scelgano di restare in una situazione spesso più umiliante di pesanti solitudini o rischi di indigenza economica.
Ma accade spesso che la donna percepisca la violenza che subisce come sintomo di un disagio del partner, spesso non la traduce neanche per quella che essa è, e cosi trascura la sua personalissima sofferenza fisica e psicologica, i suoi sentimenti di impotenza.
Così la donna ,traducendo la violenza come disagio del compagno, tende a cercarne le cause in problemi psicologici, o sociali , e questa convinzione per cui la violenza è esito di problemi psicologico fa assumere alla vittima il ruolo di “perdonatrice”, di salvatrice.
Ogni comportamento è lecito
Nel frattempo la donna ha superato un confine, ha “spostato il limite del possibile”, sono divenuti leciti comportamenti prima proibiti e il maschio aumenta il carico, perché vede che la sua compagna incassa e perdona ed a partire da un primo incidente minimizzato è possibile che si accetti il seguito del crescendo.
A questo punto la donna si sente incastrata, sola, crede di avere sbagliato , diminuisce il senso del proprio valore. Le vittime soffrono di depressione ed angoscia, sentimenti di inutilità, devalorizzazione, senso di pericolo e terrore, e questo ovviamente non aiuta ad avere la forza di andare via , chiudere ed affrontare una separazione.
Come intervenire?
Eppure si può intervenire per spezzare questo circolo, però forse noi donne dovremmo iniziare a pensare un poco di più a noi stesse, amare meno, convincere e spingere il partner a farsi aiutare da persone specializzate, e anche se ci spice dirlo, più competenti di noi, perché non possiamo essere le psicologhe dei nostri partner, e dobbiamo dire fermamente da subito che quel comportamento è inaccettabile.
L’importanza della terapia
Il lavoro sulle donne vittime di violenza è un lavoro centrato sul senso di integrità personale, sugli stili di attaccamento, sul senso di colpa e vergogna,
il lavoro per l’uomo ha a che vedere con lo sviluppo del sentimento di considerazione dell’altro e capacità di condivisione, potere considerare il partner come simile a sé, riconoscibile in quanto persona.
Laura Miccichè psicologa, sito web www.psicologopsicoterapiapalermo.it