Sono diverse le mamme che, una volta diventate tali, mostrano un attaccamento quasi morboso verso il proprio figlio. Temono che questi possa voler bene ad altri al di fuori della triade familiare. Ha la fobia che, anche volti apparentemente amici, possano in realtà fare del male al suo piccino. Sono dinamiche non inconsuete, che alla lunga, però, possono nuocere sia alla mamma, che al bambino. Ne abbiamo parlato con psicologa Valeria Augello.
Paura che mio figlio voglia bene anche agli altri
Ho paura che mio figlio, che ha appena un anno e che inizia a mostrare i primi segni di preferenza tra le persone che lo circondano, si affezioni ad altri. Il mio è un terrore che mi porta a isolarmi, perché mi succede questo?
I bambini appaiono sempre indifesi e bisognosi di cure ed attenzioni, per natura e per stato. Proteggerli vuol dire essere fisicamente ed emotivamente sempre presenti, rappresentando quell’approdo sicuro, forte, diverso, unico al mondo.
Per molti genitori questa rappresenta una circostanza che si realizza spontaneamente, e l’equilibrio e l’armonia che ha contraddistinto la vita di ogni persona fa sì che questa condizione evolva continuamente nel corso della vita.
A spezzare questo benevolo circuito interviene la paura che, come in questo caso, permette a tutte le insicurezze emotive di emergere e di prendere il sopravvento. La protezione estrema lascia, allora, spazio al ritiro, all’evitamento. In questi casi i genitori non si rendono nemmeno conto che questo comportamento fa più male che bene e tendono a perpetuarlo.
La possessività può nuocere al bambino?
Questi meccanismi di coping sono altamente disfunzionali, non permettono ai bambini di separarsi, sia fisicamente che emotivamente dalle figure di attaccamento e, quindi, di esplorare l’ambiente esterno e successivamente interiore e generano senso di frustrazione, insicurezza e colpe inopportune.
Vedo negli altri un potenziale pericolo per mio figlio, anche in volti un tempo amici. Perché?
Gli altri diventano minacce irrazionali che giustificano le paure. Il genitore non riesce a liberarsi dei pensieri legati al pericolo, alla perdita sempre imminente, teme di non essere all’altezza di custodire la sua creatura e non vuole condividere la sua gioia con il mondo. Non riesce ad intravedere negli altri una fonte di risorsa ma solamente possibili svalutazioni personali.
Come faccio a superare il limite di isolamento dovuto al bisogno di possesso esclusivo del mio bambino?
Innanzitutto, è sempre bene cercare di confrontarsi con altre persone che vivono vite simili alla propria, e poi eventualmente aprire un dialogo con uno specialista che sappia intravedere i comportamenti inopportuni e poco fruttuosi ed aprire le porte al cambiamento. Occorre imparare a calibrare la necessità di protezione con il contenimento delle proprie paure e trovare un punto di mediazione tra le due esigenze e le fonda in maniera competente.
La possessività genitoriale da quale sottobosco psichico può derivare?
Si tratta sempre di pensieri ed emozioni che si sono strutturati durante il corso dello sviluppo e che hanno generato sensazioni di vuoto e di non amabilità, di smarrimento personale e di insicurezza profonda. Le dinamiche ed i vincoli sono a volta causa, a volte effetti, ma vanno sempre e comunque sviscerati e restituiti con la giusta forma.