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La danza come cura e vocazione, la storia di Enza Mortillaro

Un’artista a tutto tondo, che coltiva un giardino segreto ed é convinta che l’arte ci salvi sempre

Enza Mortillaro é un’artista e una donna generosa. Ha compreso che i suoi talenti, doni di natura, l’armonia danzante del suo corpo e  le sue capacità espressive, potevano diventare dono. Anzi, cura. Perché, a parere di Enza, l’arte é terapia oltreché espressione del bello. Come darle torto. Ed é così che ha iniziato un percorso, che dura ormai da anni, fatto della sua creatività  personale, che diventa opera d’arte corale.


Il corpo, la danza, il teatro, Enza, le tue passioni, parliamone?

Ho messo piede in una sala di danza all’età di tre anni, dopo aver passato pomeriggi interi a guardare le bambine, accompagnate dalle loro madri o tate, appollaiate sulle scale di un palazzo nobiliare di viale della Libertà a Palermo, dove mio papà faceva il custode. Da lì le vedevo passare, con i capelli acconciati con uno chignon, per recarsi alla scuola di danza che si trovava al terzo piano e dove desideravo tanto andare anch’io. I miei genitori alla fine si decisero a mandare anche me, ed è stato amore assoluto. Da quel momento ho sempre tracciato la mia strada e fatto ruotare le mie scelte sempre in relazione a tutto quello che concerne la danza o l’espressione del corpo. Il corpo è un grandioso mezzo di comunicazione artistica e personale e il suo linguaggio per me è stato da sempre quello predominante, senza neanche rendermene conto. Non conosco mezzo migliore per potermi esprimere. Sono sempre stata molto curiosa e desiderosa di imparare cose nuove sulla danza. Ho studiato molti generi dalla classica al contemporaneo, dal modern al funky, dal flamenco al latino americano anche con maestri di fama internazionale, come i danzatori della compagnia di Pina Baush, di Alvin Ailey o di Cunningham e hodanzato con compagnie come quella del teatro Nacional de Cuba, del teatro Nazionale Sloveno o del Ballet du Nord. Non tutti i mali vengono per nuocere, dopo una brutta caduta dalle scale, che purtroppo mi ha provocato dei danni ai muscoli della colonna vertebrale, ho dovuto smettere di danzare in modo accademico e ho scoperto che per fortuna si può continuare a farlo, nonostante tutto, grazie alla DanzaMovimentoTerapia. Ho scoperto questa possibilità mentre frequentavo la facoltà di Psicologia e anche questa è stato amore assoluto. Il desiderio di specializzarmi in DanzaMovimentoTerapia è stato fortissimo ed è stato il miglior connubio che potessi trovare tra la danza e gli studi di psicologia. Entrambi hanno avvalorato questa scelta che ho abbracciato con grande dedizione e su cui ho investito tanto, ricevendo in cambio altrettante soddisfazioni lavorative come la conduzione di formazioni professionali, convegni e contribuendo per otto anni in qualità di responsabile regionale a coordinare le sezioni di Sicilia e Sardegna per conto dell’associazione nazionale dei DanzaMovimentoTerapeuti. Ho voluto approfondire i miei studi sul corpo studiando la lingua dei segni italiana (LIS) che utilizzo spesso nei miei spettacoli. La trovo incantevole nel senso che tradurre le parole e le emozioni con il movimento delle mani mi incanta letteralmente. Infine sembrerà strano, ma la recitazionepur essendo un’altra passione che ho sempre avuto fin da piccola ho iniziato a studiarla spinta dal mio percorso in DanzaMovimentoTerapia. Era giusto che fortificassi anche la mia voce per comunicare in maniera efficace durante le conduzioni, d’altronde del corpo avevo fatto abbondantemente il mio punto fermo e dovevo pure dare coraggio alla voce che era rimasta secondaria per via della timidezza. Quando ho cominciato con il teatro mi sono divertita ad integrare nei miei spettacoli entrambe i linguaggi, verbale e corporeo. Non credo che una cosa escludi l’altra, sono del parere che possono convivere più passioni insieme trovando un buon equilibrio. Credo che non avrei mai potuto fare altro; la danza, la danza terapia e il teatro sono profondamente radicate nel mio modo di essere e di vedere la vita che non ho fatto altro che portarli in superficie e neanche con molta consapevolezza.


Danza Terapia, che suggerisce arte insieme a cura, cosa vuol dire di preciso?

La danza intesa come risorsa terapeutica ha origini non troppo lontane, nasce negli anni ’40 dello scorso secolo, per merito di danzatrici come Marian Chace chiamate ad intervenire con i soldati reduci di guerra che soffrivano di disturbi psichiatrici. E’ in tali contesti che si comincia a dare un valore curativo alla danza affiancandole così il termine terapia. Oggi la dicitura esatta e completa è DanzaMovimentoTerapia che spesso viene fraintesa come danza in senso tradizionale, ma in realtà non segue schemi di movimento predefiniti come di solito accade con i vari generi di danza, anzi il movimento che emerge e che piano piano si trasforma in una danza, nell’accezione poetica del termine, è assolutamente spontaneo, arricchito di emozioni e sensazioni personali legate al proprio vissuto. Non si avvale di un insegnante bensì di un conduttore che appunto conduce verso obiettivi di benessere psicofisico. Il mio motto quando mi chiedono di spiegare cosa è la DanzaMovimentoTerapia è: “se non si fa non si capisce”. Secondo me la teoria di una pratica corporea lascia il tempo che trova, ma è ovvio che chi non la conosce vuol saperne di più prima di approcciarsi. Comunque posso assicurare che quando le persone più scettiche si lasciano andare all’esperienza ritornano a praticarla con sempre maggiore entusiasmo. Non ci sono controindicazioni, ma è ovvio che è pur sempre uno strumento e in quanto tale è importante saperlo utilizzare in modo sano. Personalmente credo molto nel potere benefico di questa pratica che sta a metà tra arte e cura ed è importante far comprendere ancor di più il suo valore in un’epoca in cui il termine terapia è decisamente abusato. É una delle quattro arti terapie che utilizzano la musica, il teatro, l’arte e la danza; è una possibilità di espressione, un modo di riflettere sulle proprie risorse e sui propri limiti senza ricorre al giudizio e al pregiudizio in primis rivolto a se stessi; è una modalità di porsi in relazione con gli altri in modo costruttivo e libero dagli stereotipi e le convenzioni che caratterizzano la nostra società legata fortemente ad etichette e formalismi che fanno perdere di vista la genuinità dei rapporti e del proprio modo di essere.Per cui danzate terapia vuol dire ritornare a se stessi e a incontrare gli altri in modo sano e consapevole indotti a farlo in una forma giocosa e profonda allo stesso tempo, delicatae sincera lontana da ricette preconfezionate.

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Ed inoltre mi preme sottolineare che la DanzaMovimentoTerapia, così come dicevo prima che non deve essere fraintesa come danza, altrettanto non si deve pensare che sia relegata solamente a chi ha difficoltà fisiche o cognitive, ma anzi è una pratica corporea che si rivolge a tutti: danzatori e non, bambini, adulti, donne e uomini”.

Come prendere consapevolezza che il ritmo del nostro corpo può diventare cura?

“Se ci pensiamo bene tutto intorno a noi è scandito da un ritmo, già da quando ci svegliamo fino a quando andiamo a dormire, i singoli gesti e le azioni che facciamo e che ci accompagnano nell’arco della quotidianità hanno una loro cadenza ritmica. Compiamo quasi sempre le stesse sequenze allo stesso ritmo e le ripetiamo quasi meccanicamente. Ogni corpo ha un proprio ritmo naturale, chi più frenetico chi più lento, che non è solo fatto di movimenti, ma anche di qualcosa di più profondo non dimentichiamo che le pulsazioni del cuore hanno un loro ritmo come pure il respiro. Siamo uno strumento prezioso già accordato e unico. Il ritmo è una base rassicurante e protettiva perché conoscendone già la sequenza, che si ripete sempre allo stesso modo, permette di prevedere in parte il futuro e tranquillizzarci. Tuttavia può capitare che il ritmo subisca delle variazioni a seconda dell’umore, degli eventi, dei pensieri, delle emozioni e degli stimoli ambientaliche provocano quei gap di energia che scuotono e ravvivano, per fortuna che tutto ciò ogni tanto accadealtrimenti si rimarrebbe ingabbiati nella monotonia che a lungo andare appiattisce le emozioni. Prendere coscienza del fatto che il ritmo è in noi anche se siamo fermi è un bel passo avanti per promuovere la capacità di trovare appigli sicuri che ci proteggono dall’ansia per esempio, e già questa è un’ottima pratica che cura e ripara dagli scombussolamenti inaspettati e che in ogni caso sia nel bene che nel male sono sferzate necessarie alla salute psicofisica. A tal proposito mi viene in mente il detto siciliano “moviti fermu” che meglio di tutto rende l’idea del movimento ritmico costante. Ricordo mia nonna che mi diceva in dialetto agrigentino “moviti docu” ovvero “fermati lì”, era un ossimoro che da bambina mi confondeva e che oggi, esperta delle dinamiche corporee, ritengo sia una meravigliosa verità. Tutto questo è sicuramente parte integrante di un lavoro sulla presa di coscienza del ritmo interiore che avviene grazie alla danza e al movimento i quali favoriscono la produzione di endorfine, l’abbandono dipensieri frustranti, lo scioglimento di tensioni muscolo-caratteriali, la liberazione di emozioni represse, l’emersione di sensazioni buone, insomma permettono di viverevibrazioni positive riducendo lo stress e generando benessere psicofisico. Se il ritmo cura allora la posologia è praticare danzaterapia periodicamente”.

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Come sei arrivata a questa conclusione?

“Come tutti ho attraversato e attraverso momenti difficili e dolorosi, sia che si tratti di salute fisica sia che si tratti di ferite emotive come la perdita lacerante dei miei genitori. Dico lacerante non a caso proprio perché sul piano corporeo è forte la sensazione di uno strappo, in quanto ilcorpo registra e assorbe il dolore emotivo in modo vivido. Solo la danza e poi ancor di più la danzaterapia sono state il mio rifugio e un’ancora a cui aggrapparmi per ricominciare e con le quali potermi curare. Rappresentano la chiave di accesso alla mia parte viva nei momenti down, riaccendono il ritmo vibrante e vitale, che malgrado tutto rimanecomunque preservato in ognuno di noi in circostanze particolarmente difficili e che permette di ritrovare motivazione. Per esempio quando ho perso mio papà avevo già un impegno lavorativo fissato dopo sole due settimane a Levanzo, dove avrei dovuto condurre delle giornate didanzaterapia con un gruppo di attori e comparse che stavano girando un film. Ero decisa a disdire in quanto l’impegno presupponeva che avessi l’energia necessaria per stimolare umori positivi e relazioni significative affinché il gruppo fosse unito e lavorasse serenamente, ma spronata e sostenuta da mio marito sono andata e alla fine nel prendermi cura del gruppo non nascondo che ho trovato la cura per me stessa. E’ stata una scoperta davvero sorprendente, infatti il ritmo riattivato nel mio corpo grazie all’impegno per questa esperienza mi ha parzialmenteconfortato. La danza, la DanzaMovimentoTerapia e il teatro per me sono dosi di buon umore, sono le medicine che mi fanno riprendere il ritmo e fanno vibrare all’unisono mente e corpo. Nell’alleviare le difficoltà degli altri trovo la cura per me stessa, in fondo tutto torna, si dice che se fai del bene poi ti ritorna, almeno in questi casi”.

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Hai reinterpretato in maniera personale opere importanti, raccontaci anche di questo tuo altro aspetto

“Come ti dicevo il teatro mi ha offerto l’occasione di arricchire ulteriormente la mia capacità espressiva. Mi diverte tanto integrare più linguaggi artistici e anche usare in modo spontaneo il nostro dialetto e la nostra cadenza, a proposito della quale una volta mi hanno detto che sembra un canto. Mi viene naturale portare sul palco e giocare con le molteplici sfaccettature dell’essere donna. Uno degli spettacoli a cui sono particolarmente affezionata è “Riscatto Desdemona” con il quale, nel 2013, ho portato in scena il dolore delle donne vittime di violenza e con il quale ho avuto l’onore di vincere il premio “Il teatro di tutti” dedicato a Franco Scaldati. E’ uno spettacolo scaturito dopo un’esperienza di laboratorio di danzaterapia con un gruppo di donne di cui mi sono occupata all’interno di una casa rifugio ad indirizzo segreto. E’ stata un’esperienza molto toccante che mi ha attraversato profondamente come donna e come professionista. Invece con lo spettacolo BaciNella notte” ho dato voce alla sensualità della donna sicula, tra proverbi e storie, danzando dentro una bacinellapiena d’acqua. Un altro spettacolo a cui tengo parecchio è“La Principessa Babbaluci ispirato ad un brano del libro La zia marchesa di Simonetta Agnello Hornby, con il quale mi diletto a raccontare e a danzare una favola d’amore che si rivolge sia ai grandi che ai piccoli. Mentre “Il colore del buio”racchiude tre monologhi femminili, il primo è la storia vera diuna sposa bambina, il secondo è tratto dal libro Camicette bianche di Ester Rizzo nel quale si parla delle donne morte nell’incendio di una fabbrica di camicette in America e il terzo è tratto dal libro Accessories di Gloria Calderon Kellet.Con “D’amore e d’aceto” racconto ancora un altro aspetto del temperamento femminile, in modo ironico faccio parlare un personaggio di Palermo che sta tra leggenda e realtà,ovvero la vecchia dell’aceto, personaggio affascinante e misterioso dalle mille contraddizioni.

Non so se sono opere importanti, non calco grandi teatri, certo da un lato mi piacerebbe, dall’altro in fondo preferisco non delineare mai un confine netto tra me e gli spettatori, che mi piace diventino parte integrante dello spettacolo invitandoli a ballare, a rispondere a domande inaspettate, a leggere proverbi siciliani o a diventare statue viventi. Mi diverte di più lo scambio che ne nasce e la partecipazione che ne scaturisce. Per cui penso che quantomeno sono sicuramente importanti i messaggi di vita che i miei spettacoli e i miei personaggi riescono a trasmettere e alla fine è proprio questo quello che più conta per me”.

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