Ci sono due riflessioni che mi scatena l’8 marzo: una sul concetto di diversità e una su quello di “sorellanza”.
Ricordo a memoria una giornata della donna della mia adolescenza, ai tempi del liceo Empedocle. L’indimenticabile prof. di filosofia, Lillo Sciortino, volle dedicare una lezione alla ricorrenza. Fece alla nostra classe, peraltro di sole ragazze, una premessa assai efficace: la forza delle donne sta nella vostra diversità. Non dovete tendere all’ uguaglianza spicciola con l’uomo, perché uomini e donne siamo diversi e pensare di diventare pari é un’utopia, che innescherebbe lotte senza fine e inutile spreco di energia.
Quello del professore era un discorso profondo, un elogio alle risorse delle donne, un incitamento a farne dei pilastri e degli inattaccabili punti di forza. Era anche un invito alla ragionevolezza: sono donna, sono altro rispetto all’uomo e non devo impiegare la mia vita nel tentativo di essergli uguale. Ovviamente il riferimento non era alle importanti conquiste di parità, fatte o da fare, ma a quei dettagli dove con intelligenza é bene non perdersi. Quella lezione mi é stata utile e poiché vi ho assistito nel tempo determinante dell’adolescenza, mi ha dato un insegnamento per la vita.
Sono stata sicuramente fortunata ad avere avuto sulla mia strada buone figure maschili, che mi hanno consentito di essere donna senza affanno, senza dover sgomitare, senza sudare per aver quel che mi spetta e soprattutto senza sentirmi inferiore ad alcun uomo. Ci sono state anche figure di grandi donne, che mi hanno fatto credere nella nostra potenza. Ho scollinato i quaranta anni con una buona consapevolezza del sesso femminile, di quel che siamo, di come ci siamo arrivate, di quanto ancora su molti fronti ci sia da fare. Sfruttando i nostri talenti: l’intuito e la sagacia femminili, l’istinto all’accudimento, inteso anche come prendersi cura di un ideale o di una passione, la nostra eloquenza, quale altoparlante di giuste cause.
Passiamo ora alla sorellanza, che mette in gioco le donne con le donne e qua forse l’argomento si fa più difficile.
Perché sulla carta, ed ovviamente l’8 marzo più che mai, siamo tutte solide e fraterne paladine di lotte comuni. Guai a dire il contrario!
C’é però la fattualità del quotidiano che può tagliare le ali ai buoni propositi.
Quante volte ci si perde nella competizione dell’essere le prime? Non che gli uomini non lo facciano, per carità, ma oggi parliamo solo di noi donne!
Quante altre di spreca la buona favella per parlare delle altre (alle loro spalle) e non con le altre?
Perché ancora se una brilla su tutte, ci viene la tentazione di farle ombra, invece che di brillare insieme a lei? (É una triste verità quella di mettere la corona in testa a qualcuna, salvo poi detronizzarla al primo contrappunto, alla minima antipatia o pensiero divergente).
Non vale per tutte, per carità, ma senza ipocrisie succede anche nei migliori contesti di donne.
Basterebbe capire che così estinguiamo la nostra forza più grande: il fare squadra. Fortuna che esistono le belle squadra di donne!
Perché se una donna é capace di grandi cose, due, tre, dieci, cento donne insieme diventano invincibili. Basta che non ci si perda “nei piccoli particolari”.
Questa é “la sorellanza”: diventare grandi insieme sommando i talenti, facendosi avanti quando é il turno del nostro e tirandosi indietro se é il caso di fare largo a un’altra “sorella”. Questa é secondo me la strada per vincere ancora quelle battaglie che restano. Che sbaglio a definire tali, perché le parole sono importanti e nella giornata della donna é bene usarle tutte protese alla pace. Non battaglie ma obiettivi, che affermino che siamo donne, sorelle, fragili, forti, potenti e imperfette, ma capaci di andare avanti insieme verso un buon finale della storia.