Da piccola, nelle sere di mezza estate, ci si riuniva tutti davanti alla vecchia robba di contrada Cipolluzzi, che per tutti era le “Serre” (chissà perché questo nome, considerato che lì, andando a memoria, di serre non ne ho mai viste). Lí noi piccoli, seduti sul muretto, la “ittenna”, o in due sopra le poche sedie di vimini, ascoltavamo i grandi. Loro sí che di cose ne avevano viste e conosciute tante. I racconti dei grandi, i nonni e i prozii, erano tutti installati nel nostro paesino sul colle, raccontavano di estati caldissime, di pomodoro che brontolava pronto a diventare scorta per il lungo inverno, di fichi neri e more selvatiche, da gustare tenendo indietro il fiato, di gite giù per i vigneti. Poi c’era il cunto degli inverni rigidi, tutti attorno al braciere ad ascoltare altri cunti di vecchi d’altri tempi. Mentre ascoltavamo le storie dei grandi, le foglie dell’albero di noce ci facevano da ventaglio e l’odore d’erba tagliata si infilava astuto nelle narici facendoci starnutire. Tra una cuntata e l’altra mangiavamo olive cunzate, ricotta fresca e tuma, pomodori e sale, pane caldo con l’olio “di casa” così come “di casa” era il vinello rosato e traditore. Noi piccini non potevamo gustarlo, solo gazzosa con dentro le amarene sciroppate, questa ci era concessa. I grandi, di quel vinello amabile, ne bevevano più d’un bicchiere, battendo la strada ai sorrisi, ai canti, alla felicità familiare ed estiva che sta nelle piccole cose. Era un tempo spettacolare, che desideravamo non passasse mai: la campagna che ci imponeva i suoi ritmi insieme all’andare dell’estate, il desiderio di nutrirci solo dei suoi frutti e la capacità di avere una gioia collettiva, occorrenza sempre più rara oggigiorno.
La festa di mezza estate da Planeta
Ieri sera ho creduto di riacciuffare il respiro intenso di quando ero bambina. Abbiamo partecipato a una festa di mezza estate, organizzata dalle Cantine Planeta ad Ulmo, sulle rive del lago Arancio (a due passi da Sambuca di Sicilia). Era tutto come le estati di un tempo quantomai fortunato. I vigneti, il sole che tramontava a strapiombo sul lago, le sedie antiche e quella grande casa, che aveva il sapore delle abitazioni di campagna dei proprietari di una volta. Il cortiletto, i viottoli scoscesi, i tetti a spiovere, la pietra ruvida e intorno ulivi, fichi, bouganvillee, fiori e frutti selvatici e l’odore dell’erba, che ti entra astuto nelle narici fini a farti starnutire. Ed ancora il brusio degli insetti estivi e delle api operose. A un certo punto la cena campestre: con le olive, il primo sale, i pomodori, le melanzane, regine delle tavole siciliane e raccontate in tanti modi, a caponata, a parmigiana, dentro polpette fumanti. Il pane caldo cunzato con olio e pepe, l’acqua alla menta e i vini planeta: il Grillo Terebindo, il Sicilia doc Rosè, il Nero d’Avola, Plumbago. I cin cin felici, che hanno azzerato i convenevoli e fatto amici anche gli sconosciuti, come se si fosse famiglia, alla maniera della Sicilia di una volta, quando le sere d’estate erano il pretesto per fare festa, per gioire di cose piccine, dalle quali ricavare ricordi immortali. Le ceramiche siciliane ornavano il buon cibo di campagna, regalandogli un’eleganza cauta. Il tramonto faceva il resto. Ed è stato così che ci siamo ritrovati vicini a un’elegante signora inglese, alla quale abbiamo parlato della nostra terra e lo abbiamo fatto in una lingua di mezzo, un po’ italiana, un po’ inglese ed un po’ sicula e cionostante ci siamo compresi del tutto.
Il cunto di Mimmo Cuticchio
Poi, su un palco non invadente, ha preso posto e parola Mimmo Cuticchio, maestro del cunto ed ha fatto alla maniera dei grandi di una volta: ha cuntato. Cuntato la storia della sua famiglia, un monumento di pupari, che hanno attraversato un pezzo della storia di Sicilia, scrivendone le pagine nei capitoli del costume, dell’arte, dei suoni, dei cunti. La gente lo ascoltava rapita, così come io da bambina ascoltavo i miei nonni, gli anziani zii e i loro cunti di un tempo fuori dal tempo. Applausi e domande e tanti sorrisi, insieme alle “guantiere” piene di paste di mandorle e ai vassoi con il “mellone rosso”. Una felicità di mezza estate, che ha ricordato i tempi di una volta. Il tramonto, i vigneti, il lago, il cibo, il buon vino Planeta e i cunti. È stato bello davvero. Ringraziamo Planeta wine per aver ospitato A tutta Mamma a una serata che difficilmente dimenticheremo.