L’avrete sentita tutti la canzone sanremese di Max Gazzè. Un titolo importante, infilato in una melodia epica, che è un crescendo di note e di parole che ben narrano. È bravo Gazzè, lo è dai tempi di Cara Valentina (quando papà Baudo lo tenne a battesimo). Gazzè è originale, malinconico, sa fare musica (è uno dei migliori bassisti in circolazione) ed anche se ogni tanto è inciampato in un eccesso di pop, con questa partecipazione a Sanremo ha riportato all’ordine anche qualche suo detrattore.
Parliamo di Cristalda e Pizzomunno
Che nomi! Quanto evocativi questi due personaggi, che si aspettano “fosse anche per cent’anni”. Quando l’ho ascoltata per la prima volta, vi giuro, mi sono scese un paio di lacrime. Sono una sensibilona, che nella malinconia trova somme di pace (come molti tra i nati di luglio). Non so perché, ma ho ripensato alla mia adolescenza, ai miti greci, al liceo, alle passioncelle, che parevano dolori senza rimedio.
Cristalda e Pizzomunno, ho letto in questi giorni, sono due personaggi di una leggenda ben radicata nel cuore della Puglia e dei pugliesi. Lui giovane pescatore, aitante nel corpo e dall’animo dotato di singolare integrità. Pizzomunno fa gola alle “malvagie” sirene. Le adulatrici, lo corteggiano come solo certe donne sanno fare: regalandogli l’illusione che per lui tutto sarà possibile. Sarà potente e leggero e lo sarà per sempre. Pizzomunno non cede. Ama la sua Cristalda, che semplicemente “era bella”, come canta Gazzè. I due si amano di quegli amori, che sono possibili sono nelle canzoni, nei romanzi d’ottocento e nelle nostre leggende italiane, che ora sanno di favola e ora di mito.
L’amore di Cristalda e Pizzomunno ha un epilogo tragico
Le sirene, rese impavide dalla gelosia, rapiscono la bellissima fanciulla, che viene inghiottita dal mare in tempesta. Pizzomunno non può che guardare impotente la sua amata scomparire tra le onde. Dal dolore gli si pietrifica il cuore e piano piano tutto quanto il corpo. Pizzomunno oggi è un faraglione candido come la promessa di un bambino. Lo si può ammirare dalle coste di Vieste. Si dice che gli dei abbiano, però, avuto pietà dei due innamorati e gli abbiano concesso una grazia: ogni cento anni, la notte di ferragosto, Cristalda e Pizzomunno possono tornare di nuovo a vivere “una storia stupenda”.
Ah quanta poesia!
Ascolta e riascolta, la canzone di Gazzè mi ha ricordato una leggenda, che in pochi conoscono, e che è tutta di noi siciliani.
A Ribera, nelle coste di Verdura, ci sono degli archi antichi
Nella zona tutti li conoscono come gli archi della mondina. Lì, in un tempo non tanto lontano, c’erano le risaie ed una mondina dai capelli di grano che, per come è descritta dai padri e dai padri dei padri, somiglia tanto a Cristalda, si era innamorata di un giovane pescatore, che aveva in sé l’arte della scrittura. Era arrivato da lontano ed i due si erano amati senza tempo e senza spazio. Un amore di quelli “che non se ne sentono più”. Le cose grandi, però, è risaputo, fanno invidia alla meschinità dei piccoli e dei capricciosi. E quanti capricci fanno gli dei? Il giovane si ammala, la bella mondina bionda gli sta a fianco fino all’ultimo respiro. L’epilogo, manco a dirlo, è drammatico. Il pescatore, che ama la scrittura, lascia per sempre la giovane dai capelli di grano. Lei, disperata, va via insieme alle onde, mentre intona un canto straziante. Quello stesso canto, molti riberesi sono pronti a giurarlo, pare si possa ancora udire lunghe le coste di Verdura, tra Ribera e Sciacca, proprio dove si trovano gli archi, che erano stati testimoni dell’amore tra i due bellissimi giovani. Pare che la mondina ed il suo amato, nelle notti di agosto, per concessione degli dei, tornino sotto quegli archi per amarsi ancora una volta. Poi lui scompare tra le onde (chissà che anche in questo caso non c’entrino le sirene, quelle malvagie) e la mondina canta la sua melodia, straziante, senza tempo e senza spazio, così come sono i grandi amori.
Me la raccontò una mia amica, che su quelle coste era cresciuta. Una sera d’agosto andammo fino agli archi, tentate di scoprire il vero. Risalimmo le dune a fatica. Eravamo risolute: volevamo ascoltare la melodia. Dovevamo solo attendere fino a mezzanotte. Non eravamo sole. Eppure, poco prima che scoccasse l’ora, decidemmo di andare via. Fu paura? Può darsi. O forse fu semplicemente il volere conservare nei nostri cuori, del tutto incontaminati, l’illusione di quell’amore onnipotente, di quelli che “non se ne sente più dire”. Da allora ho sempre voluto credere che, nelle notti di agosto, la mondina ritrovi il suo amato, così come fa Cristalda con Pizzomunno, così come fanno tanti altri amori simili ai loro, solo più più terreni.
“Si dice che adesso, e non è leggenda, la bella Cristalda risalga dall’onda a vivere ancora una storia stupenda”.
Ps: Nella narrazione della leggenda della mondina, ci siamo rifatti a dei racconti orali. Alcuni riberesi avranno delle versioni leggermente differenti, che ci farà piacere conoscere.