Il giorno di santa in Sicilia Lucia è un giorno lungo e largo.
I preparativi iniziano nottetempo, perché cucinare pentoloni di cuccía e impastare arancine è un lavoro che richiede tempo e anche una certa devozione.
Della vita di santa Lucia conosco un po’ di storia e un po’ di leggenda. So dell’asinello, perché a scuola ci facevano disegnare la santa in groppa a un “destriero” mingherlino. So anche degli occhi strappati con la forza dall’innamorato pagano. Che la santa era di Siracusa, nobile e bella come tutte le vergini e martiri siciliane. Ed anche Lucia, come le altre sue compagne di santità, aveva sopportato stoicamente il dolore del martirio, perché l’orizzonte del Paradiso era una consolazione tanta e tale da far sopportare qualsivoglia dolore fisico.
Santa Lucia per me è una serie di rituali
È il pentolone senza fondo, che mia nonna metteva sul fuoco il pomeriggio della vigilia. Ci infilava dentro quanti più kg di grano quella pentola riuscisse a contenere. Il giorno seguente la nonna avrebbe distribuito la pietanza alla grande famiglia, che lei fieramente aveva fatto germogliare. Era una famiglia allargata in ampiezza ed anche in profondità e il tredici dicembre era uno dei tanti pretesti per riunirla in interezza. Dicevo del grano, andava trattato con fare gentile e meticoloso. Messo in ammollo alla mezzanotte del giorno dell’Immacolata, andava quindi “curato”. Nei giorni a venire, si doveva fargli un bagno d’acqua fresca e carezzarlo, perché il grano vale tante cose: il pane quotidiano, la prosperità, l’unione familiare. Al momento di cuocerlo, così usava mia nonna, vi si doveva lanciar dentro una manciata di ceci, quattro o cinque foglie di alloro e quindi poteva iniziare la festa. La nonna faceva il segno di croce e recitava sottovoce una preghiera, le cui parole non ho mai compreso, perché lei non me le ha mai volute svelare.
Io rimanevo a casa di nonna Tatà finché il piatto non era pronto. Potevano volerci ore, perché la cuccìa, se non la cuoci ben bene, rimane dura e ti salta sullo stomaco fino a Natale. Era bello il tempo dell’attesa: l’odore dolciastro che usciva dal pentolone e si installava in tutte le stanze della grande casa all’angolo. Che odore ha la cuccìa? Ha sentore di dolcezza, di cose che fanno stare al caldo, di famiglie unite e di sorrisi di bambini. È l’odore di cuccìa. Così buono, però, puoi sentirlo solo per santa Lucia. È odore di semplicità, di attesa, é il profumo di santa Lucia.
Ecco la cuccìa
Quando l’opera era pronta, di solito era sempre poco dopo l’imbrunire, nonna metteva sul tavolo una tovaglia cremisi, ricamata a intaglio, quindi ecco due tazzoni fumanti di cuccìa, poco zucchero e un’idea di cannella. Era buonissima. L’aspettavo tutto l’anno e già al primo boccone, avvertivo tra i denti ed il cuore una delle dimensioni della felicità. Che sapore ha la cuccìa? Non sa di niente, eppure ha il sapore di tante cose. Io ero felice per una “piccineria”: un piatto di cuccìa, mangiato insieme a mia nonna, in una cucina per niente alla moda e con in sottofondo la musica dell’Almanacco, la vecchia sigla del Tg1 o la voce di Paolo Fraiese, che raccontava i fatti del giorno. Ero felice, lo ero con esattezza. Ora che ci ripenso mi stringo tra le righe di quel ricordo e penso alla bellezza dell’essere felici quando si è piccolini e si ha il privilegio dell’essere voluti bene senza merito né sacrificio.
Il quadro di Santa Lucia
Santa Lucia è anche un quadro malmesso, inquietante per via di quegli occhi celesti poggiati su un piatto d’oro. Nonna Stella lo teneva all’ingresso di casa (anche quella, una casa all’angolo). Non aveva riservato al quadro il posto d’onore in sala da pranzo, non per far torto alla santa, quanto perché chiunque, entrando, potesse vederla prima di qualsiasi altra cosa.
Mia nonna le era fedele. Di una fedeltà antica, meticolosa, salda. Aveva subìto più di un’intervento agli occhi ed era certa fosse tutto merito della vergine e martire, se i suoi occhi grigi, grandi, belli ma ammalati già dal tempo della gioventù, avessero conservato un barlume di vista.
Ancora oggi mi sforzo, a mio modo, di ripetere quei rituali di un tempo sì andato, ma comunque rimasto.
L’odore di cuccìa però non è mai uguale a quello del pentolone di nonna Tatà e la sola immagine della santa, che conservo in un cassetto, non somiglia per niente a quel quadro malmesso, all’ingresso di casa di nonna Stella.
Penso ai ricordi, al privilegio dell’essere sostanza delle cose grandi che abbiamo vissuto e di quelle che ancora vivremo.
Penso alla malinconia che è, a modo suo, una curva della felicità.
Buona santa Lucia
Una risposta
Cara Maristella, leggo i tuoi articoli ormai da un po e questo mi resterà per sempre nel cuore…..mi hai fornito in poche righe … un copione di un film…. i tuoi anni belli passati al sicuro…. tra mura braccia abbracci coperte mobili …..e molto altro….che sa di rassicurante, di antico ma nel contempo di intramontabile perché vive dentro di te, in fondo al cuore…pertanto non passa… tradizioni che racconti sapientemente, nel dettaglio, odori sapori affetti presenze forti importanti, ingombranti nell’accezione migliore del termine, colonne del passato, cui appoggiarsi anche nel presente e nel futuro…. sei speciale. Una persona speciale.. risolta . Solida. Colta. Affettuosa. Curiosa. Innamorata. Della vita ..della famiglia (che torna sempre nei tuoi scritti perché prima ancora è nei tuoi pensieri nel tuo cuore)…dell’amicizia dei buoni sentimenti… delle cose buone da bere e da mangiare dei bei libri dei giochi belli… della vita tutta! Buona Santa Lucia a te ai tuoi meravigliosi cari … e grazie per queste stupende “lettere” dal passato e dal presente ?