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San Valentino “ti odio”

La mia cinica festa degli innamorati

Avviso ai lettori: articolo su San Valentino ad alto tasso cinico.

Si narra che tra i miracoli compiuti dal vescovo Valentino da Terni (poi martirizzato e divenuto San Valentino), sia noto quello di aver ispirato amore a due giovani intenti a litigare, facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci gesti d’affetto: da questo episodio si crede possa derivare anche la diffusione dell’espressione piccioncini. Ecco spiegata la mia atavica e inconscia o subconscia avversione per la Festa degli Innamorati e, ancor di più, per i piccioni.

Perché odio San Valentino

Immaginate una coppia che sta “umanamente” discutendo e, ad un certo punto, viene accerchiata da uno stormo di piccioni al fine di riconciliare l’amore e la pace. Avrebbero dovuto martirizzare questi due poveretti, non il Vescovo Valentino!
L’imminenza del 14 febbraio ha sempre provocato in me, così poco propensa al romanticismo, un sano momento di ansia mista all’angoscia di non sapere come comportarsi dinanzi all’apoteosi di cuori rossi dovunque e all’invasione di Baci Perugina pure nel banco surgelati. Neanche l’eventualità di diventare mamma proprio il giorno di San Valentino ha risvegliato in me una particolare propensione all’emotività affettata, dato che il termine della mia prima gravidanza era previsto proprio il 14 febbraio. Per fortuna, però, essendo anche figlia mia, Anna ha pensato bene di nascere qualche giorno prima, tra l’altro in modo poco sdolcinato.

Gli immancabili Baci

Ovvio che non ho sempre affrontato questa “festività” come un iceberg in piena era glaciale, anche io sono stata adolescente e anche io ho ricevuto il pacchetto di Baci Perugina per San Valentino: che sana ed ingenua fibrillazione scartare quel cioccolatino (che ammetto essere tra i miei preferiti), leggere e poi conservare nel diario l’involucro con le frasi in tutte le lingue del mondo, anche in greco antico, attribuite a Shakespeare o a Jim Morrison, del tipo “Il bacio è l’apostrofo roseo posto tra le parole: t’amo…”
Poi hanno ingaggiato Fedez e le frasi dei suoi testi. Ma io, a quel punto, ero già approdata all’età adulta.
Non pensate di avere di fronte la versione 2.0 di Crudelia De Mon, faccio semplicemente parte della categoria di coloro che non amano esprimere i sentimenti in ogni forma esplicita e standardizzata, come le espressioni da romanzo “Harmony”, le 50 rose rosse (anche se, vi stupirò, in passato le ho pure regalate!), le dichiarazioni di amore eterno e gli sbrillocchi da fidanzamento. Attenzione, non è mia intenzione né tirarmela né criticare chi lo fa, anzi ammiro il coraggio di chi “festeggia” San Valentino, tantomeno faccio parte di quella fazione antiTutto che sostiene che San Valentino è tutti giorni, ma mi preme difendere la categoria, considerata erroneamente anaffettiva, di “noi dell’era glaciale”.

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Noi “glaciali”

Noi dell’era glaciale, in realtà, abbiamo un vulcano dentro, sempre attivo ma non esplosivo, che esprime la propria presenza in piccoli, a volte impercettibili gesti, che non starò certo qui ad elencarvi, perché compresi solo da chi ci sta pazientemente accanto; noi dell’era glaciale non abbiamo nulla a forma di cuore in casa, se non i disegni dei cuori ritagliati insieme ai nostri bambini o i loro lavoretti a forma di cuore per le feste della mamma e del papà; noi dell’era glaciale siamo più propensi alla carezza delicata che al bacio appassionato, all’abbraccio avvolgente che all’abbraccio assordante; noi dell’era glaciale amiamo stare in silenzio più che parlare; noi dell’era glaciale affrontiamo stoicamente gli ostacoli emotivi della vita, ma ci commuoviamo ascoltando “La Cura” di Battiato; noi dell’era glaciale osserviamo forse con invidia chi il giorno di San Valentino, al supermercato, in fila alla cassa giusto davanti a noi, deve pagare la confezione famiglia dei Baci Perugina, invece del minestrone surgelato formato famiglia e “salva-pranzo” che sta nel nostro cestino; noi dell’era glaciale evitiamo di aprire Facebook o Instagram durante la pausa pranzo del 14 febbraio per evitare di ammirare la galleria di rose rosse regalate perlopiù dai maschietti (perché mai sempre loro!) e fotografate perlopiù dalle femminucce; noi dell’era glaciale, quando avvistiamo un piccione, imbracceremmo tranquillamente un fucile piuttosto che le briciole di pane.
E tutto questo grazie al miracolo di Valentino da Terni.

La poesia

Tuttavia, noi dell’era glaciale, soprattutto del Sud, siamo legati agli onomastici e auguriamo Buon San Valentino ai Valentino e Valentina che conosciamo.
A tutti gli altri, invece, auguriamo questo estratto di una poesia (erroneamente) attribuita a Pirandello:
“L’amore guardò il tempo e rise,
perché sapeva di non averne bisogno.
Finse di morire per un giorno,
e di rifiorire alla sera,
senza leggi da rispettare”.

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Da parte mia, un cinico Buon San Valentino a tutti.. con tanto di cuore ❤️

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