A settembre si ritornerà a scuola? L’Italia è pronta per il rientro degli studenti?
Un nodo centrale da affrontare sarà quello delle classi pollaio, un’occorrenza nota in Italia, un nervo scoperto nella logistica della scuola, che torna alla ribalta in questa allerta.
La normativa, che era in progetto di revisione poco prima della proclamata emergenza, prevede un ventaglio di alunni per classe che va da un minimo di 18 ad un massimo di 28, con le eccezioni allorquando sia presente in classe un alunno disabile (in quel caso il numero degli studenti per classe, ovviamente, subisce delle riduzioni). La legge però conosce diverse eccezioni, dettate da molteplici ragioni. Un esempio: in Valle d’Aosta una classe tipo della scuola dell’infanzia conta circa 12 alunni, in Sicilia di alunni se ne arrivano ad avere fino a 28, dato che può balzare avanti anche di diverse unità. Ovviamente il confronto non è stringente, poiché la densità demografica valdaostana non è comparabile con quella dell’Isola.
A varie latitudini, nella penisola, non è atipico, ed è anzi verificabile, che in taluni istituti privati e paritari, il numero ecceda, arrivando anche fino ai 33 bambini per classe. Palese abuso? Non esattamente. L’esubero può essere giustificato dalle dimensioni più capienti dell’aula o dall’iscrizione in corso d’opera di nuovi alunni (con ragioni che dovrebbero essere sempre motivate, ad esempio i trasferimenti di lavoro di uno o entrambi i genitori). Poco cambia quando parliamo di scuola primaria dove, di fatto, le classi, soprattutto al centro sud, sfiorano sempre il numero di 30 studenti. La proposta di legge, relativa alla riduzione del numero di alunni per classe, prevedeva una richiesta delle risorse necessarie al rimaneggiamento del sistema scuola già per il 2021. Sull’evoluzione dei lavori alle Camere non si hanno conferme. Anche perché diversi sono i punti da risolvere in tema di riduzione del numero di alunni per classe. Abbiamo chiesto un parere alla dottoressa Chiara Di Prima, nota e stimata dirigente scolastico di Palermo.
“Le classi pollaio sono uno dei problemi della scuola italiana ed oggi più di sempre ci rendiamo conto di questa criticità. Perché succede? Le classi numerose rispondono a una misura di calcolo dell’organico docenti. Classi meno numerose implicherebbero l’istituzione di maggiori sezioni, quindi l’assunzione di molti più docenti. Una questione che non può essere risolta nel giro di pochi mesi.”
Cosa succederà a settembre?
Il problema di settembre non è di facile soluzione. Le ipotesi di rientro a scuola sono essenzialmente due: ripartire con la didattica a distanza, almeno per parte delle ore, in modo che gli alunni frequentino le classi scolastiche non tutti insieme, ma a scaglioni, così da ridurre l’affluenza del 50%. Questa ipotesi è fortemente contrastata per diverse ragioni, primo perché non coinvolge solo l’istituzione scuola, ma anche il sistema della famiglia. Teniamo conto che entro settembre i genitori torneranno a lavorare con orari regolari, da lì si creeranno due criticità per il corretto espletarsi della Dad: chi seguirà gli studenti più piccoli? Ma ancor prima, chi rimarrà con loro ad accudirli?
Il problema si pone anche per gli studenti delle superiori. Un problema di cui si parla poco è come si espletano a distanza i laboratori di specializzazione, fondamentali per corsi di studio quali l’alberghiero, l’odontotecnico e molti altri istituti superiori?
La soluzione alternativa?
É di rientrare a scuola garantendo le misure di sicurezza previste dai protocolli. Questa scelta però non può essere generalizzata: vi sono istituti con aule ampie, dotati di tutte le infrastrutture atte a garantire il distanziamento e istituti, la maggior parte, non idonei. In questa seconda modalità di rientro si chiede una riduzione del numero di ore settimanali, dilatando il tempo di frequenza. In tal modo i docenti potranno curarsi di più gruppi di alunni. Naturalmente tutto questo con misure straordinarie di sanificazione degli ambienti, che prevederanno dei costi che non potranno essere a carico delle scuole, ma degli enti proprietari: i comuni e le province. Come si può notare, l’inizio dell’anno scolastico è coordinato da una task force costituita da scuola, enti locali e famiglie. Non dimentichiamo inoltre di fare delle distinzioni in merito alle utenze delle scuole e inoltre che l’uso di guanti, mascherine e distanziamento non è proponibile alla scuola dell’infanzia, dove i bimbi tendono ad avere un contatto fisico costante ed un’età non idonea per l’uso di Dpi.
Quando avremo le idee più chiare?
Ritengo osservando il fenomeno virale nel mese di giugno e di luglio e scongiurando la possibilità di nuovi focolai. Una cosa è certa: semmai dovesse essere di nuovo didattica a distanza, questa deve assumere un altro carattere, non dimenticando che in Italia abbiamo oltre un milione e duecento studenti che non riescono ad essere raggiunti dalla DAD.
Quale secondo lei la soluzione?
Il problema dell’Italia sono le infrastrutture. In linea generale, non abbiamo istituti scolastici in quanto tali, ma si è provveduto all’adattamento delle strutture, con una cambio della destinazione di uso. Questo a differenza delle scuole di altri paesi d’Europa e del mondo, dove il ritorno a scuola è già possibile per via delle aule debitamente capienti e di tutti gli spazi scolastici idonei a garantire il giusto distanziamento.
Ritengo che l’ideale sarebbe, in un’ottica di sinergia tra forze istituzionali e politiche, trovare spazi idonei (spazi comunali, teatri, strutture religiose non utilizzate) da destinare ad uso scolastico, così da ampliare l’offerta degli stabili e conseguentemente delle infrastrutture. Si devono reperire nuovi spazi o ridurre il numero di ore, in modo che i gruppi di studenti si alternino, ma con una frequenza quotidiana a scuola. Sono una totale sostenitrice del ritorno a scuola e del fatto che le istituzioni devono fare di tutto affinché questo, in sicurezza, sia reso possibile. La scuola non si occupa solo di formazione scolastica, perché la scuola è presidio per antonomasia di istruzione, libertà e democrazia. La Dad è stato un surrogato, che ha creato molteplici difficoltà vuoi nei docenti, vuoi nei genitori, vuoi negli alunni. Non perdiamo di vista il ruolo essenziale del confronto e della relazione, che sono intrinseche con la frequenza in classe. Mi viene da pensare anzitutto agli alunni con disabilità, che hanno perso in due mesi i progressi fatti in anni di riabilitazione. La scuola va riaperta. Non possiamo rischiare di avere soggetti sani dal virus ma con altri deficit irrecuperabili. Navighiamo a vista, ma dobbiamo avere la stella polare che ci guida: didattica è relazione in presenza, perché in classe non si trasmettono solo contenuti ma anche e soprattutto un modo di essere. La finalità della scuola è formare ed educare il cittadino, educare e formare l’uomo ad essere un soggetto sociale. Come lo educhi a distanza?
In merito al rientro a scuola, abbiamo chiesto un parere medico al dottore Tullio Prestileo, infettivologo, che presta opera all’ospedale Civico di Palermo.
Dottore Prestileo, cosa PENSA CIRCA LA RIAPERTURA DELLE SCUOLE?
Credo che sarà fondamentale analizzare i risultati che avremo nella prima decade di giugno. Dobbiamo fare di tutto per spezzare la catena del contagio e arrivare a zero, se l’epidemia continua indisturbata è difficile fare previsioni, anche perché la scuola e il sovraffollamento delle classi possono rappresentare luoghi di trasmissione virale. Sarebbe auspicabile in prima battuta l’evitamento delle classi pollaio, molto comuni in Italia. Non è accettabile che in una classe vi siano fino a 30 e più bambini. Il numero massimo deve attestarsi tra i 20 e i 22, in relazione a spazi ‘vitali’ adeguati per bimbo.
Quali consigli tornando tra i banchi?
Mi permetto di suggerire a chi lavora nel comparto scuola qualche piccolo consiglio: tenere la finestra aperta per tutta la durata delle lezioni. Il circolo d’aria è capace di diluire la potenza di qualsiasi virus. Seconda regola: evitare, anche da parte degli insegnanti, baci ed abbracci. È una piccola accortezza, che però è bene usare. Invitare i bimbi a lavare le manine più spesso e mettere nello zainetto eventualmente un flaconcino di gel igienizzante. Sarà bene tenere conto di aule areate e di attività da svolgere all’aperto, finché il tempo lo consentirà. Le maestre dovranno impegnarsi a far rispettare le norme igieniche: lavaggio più frequente delle mani e delle superfici, minore promiscuità nell’uso di stoviglie e asciugamani per esempio. Altro consiglio: le scuole dell’infanzia che dispongono di spazi all’aperto, ne approfittino quanto più possibile. L’aria aperta fa sempre bene, specialmente ai più piccoli.
IL VACCINO ARRIVERÀ PRESTO? SARÀ OPPORTUNO SOTTOPORVISI IN MASSA?
La comunità scientifica sta lavorando come non mai e anche sul fronte vaccino i passi avanti sono tali da far sperare in un vaccino che potrebbe venire fuori tra novembre e dicembre. Quando si parla di vaccini non si può mai ipotizzare un percorso super veloce, perché sarebbe messa a rischio la sicurezza. La vaccinazione sarà fondamentale per creare immunità. Se è vero che il virus è mutante, come del resto quello della comune influenza, è vero anche che una volta sperimentato il primo vaccino ne seguiranno altri per i ceppi mutati.