“La storia si ripete”. Non è una frase fatta che vuole indicare la ciclicità degli eventi. Per quanto si cerchi sempre di evitare gli “errori” del passato, niente, quelli ritornano, magari sotto un altro aspetto e in altre vesti. Ma ritornano.
E non mi riferisco solo a grandi o piccoli eventi storici che sembrano tanto lontani dalla nostra quotidianità, come guerre, lotte di sopravvivenza, vincitori e vinti, decadenza di un popolo e sviluppo di un altro.
“Tradizioni” familiari che si ripetono
La storia, infatti, si ripete anche nel nostro microcosmo familiare e, in particolare, nel riproporre gli stessi gesti dei nostri genitori che, un tempo, da figli, avevamo condannato ripromettendoci di evitare di ripeterli, nel modo più categorico, con i nostri figli. Poi, però, anzi più prima che poi, indovinate cosa è successo? Siamo diventati genitori e siamo entrati anche noi in quello stesso vortice di atteggiamenti “arcaici” che i nostri figli condanneranno, per poi ripeterli a loro volta, quando entreranno a far parte della nostra stessa condizione genitoriale.
Volete qualche esempio pratico? Bene, ve ne farò più di uno!
Quante somiglianze con il tempo che fu
“Togliere le tracce di dentifricio con la saliva”. E’ un evergreen. Ricordate quella sensazione odiosa, a tratti umiliante, delle vostre madri che, ungendo il loro indice con la saliva, cercavano di rimediare celermente ad una distrazione casalinga? Ebbene, lo facciamo anche noi ex-figli diventati genitori. La scena è sempre quella: mattina presto, rimbambimento da risveglio, latte-biscotti, apparecchia-sparecchia, preparati, lavati, vestiti, siamo in ritardo, giacca-cappello-sciarpa, scappa come un ladro che ha appena rapinato in banca, con il bottino tra le mani (tuo figlio!) per raggiungere un obiettivo sicuro (la scuola!). Arrivi trafelata davanti al portone della scuola, ti abbassi per baciare il piccolo, ma… AAAARGHHHH! È lì, la visione di una piccola scia di dentifricio sull’angolo della bocca di tuo figlio, ti dà il vero risveglio. Guardi furtivamente intorno a te e lo fai. Insalivi il tuo indice e con una mossa decisa e centrata il suo faccino è pulito. Lui ti odierà per tutta la vita, ma entrerà a scuola come nuovo.
La minaccia che funziona sempre
“Minacciare con la mano (o il pugno) in bocca”. Un gesto vissuto da noi ex-bambini alla stessa stregua di un trauma infantile ed erroneamente attribuito ai genitori del Sud. Quanti di voi, dopo qualche “innocente” marachella, hanno memoria del brivido avvertito lungo la schiena alla vista di uno dei vostri genitori che, mano a tavoletta dentro la bocca, stringendo i denti e sgranando gli occhi, riusciva a farvi capire che la vostra fine era imminente? Col senno di poi, ho capito che quel gesto, in realtà, salva un figlio dalla fine imminente! Sì perché, dopo che tuo figlio ha rotto la lampada cimelio degli anni 70 sopravvissuta a trent’anni di vita, più tu genitore stringi forte con i denti la tua mano (o il pugno) dentro la tua bocca, più trattieni il gesto inconsulto o l’imprecazione da ultras che vorrebbero fuoriuscire liberamente. E, in barba a tutte le promesse che ti eri imposto da bambino e a tutti i manuali montessoriani di repressione della rabbia genitoriale, in realtà questo gesto risulta così efficace e comunicativo, che non puoi non farlo. Il trauma infantile, adesso, lo avranno loro, i tuoi figli.
La mano sudometro
“La mano-sudometro”. Da est ad ovest, da nord a sud, tutti i bambini del mondo riescono a produrre un quintale di sudore già dopo 5 minuti di gioco libero. E tu, genitore di tutte le epoche, sei pure contento di veder scorrazzare liberamente tuo figlio, finché, alla vista dei capelli appiccicati di sudore, non ti viene in mente che, due settimane prima, ha avuto le placche alla gola. Inizi a sudare freddo e corri subito a valutare la gravità del sudore di tuo figlio. Il gesto è sempre quello: infilare la mano all’interno della t-shirt e, in base all’intensità di sudore avvertita sul palmo, agire di conseguenza, utilizzando gli stessi metodi arcaici che i nostri genitori avevano attuato con noi.
Se il sudometro percepisce un livello basso di sudore, allora “serenamente” interrompi il gioco, distraendo il bambino con qualcosa da mangiare; il livello medio di sudore, ti fa sgranare gli occhi e bloccare il bambino con una minaccia repentina, gli versi il borotalco vintage e t’incammini verso casa; il livello alto di sudore, invece, lo percepisci appena lo sfiori, non è necessario setacciare tutta la schiena del bambino, basta fermarsi alla nuca. Scatta l’allarme antiatomico, lo prendi in braccio coprendolo con tutto ciò che hai a disposizione e corri a casa, senza salutare nessuno, perché devi cambiargli la “canottiera”. Che ricordi fantastici della mia infanzia felice!
Il bagno dopo mangiato?
“Devono passare almeno 2 h prima di fare il bagno, dopo aver mangiato”. Questo è il vero trauma che ognuno di noi ha sofferto da piccolo e che, purtroppo, stiamo ripetendo con i nostri figli. Forse, però, nella versione meno integralista. Quando eravamo piccoli noi, infatti, in Sicilia, ad agosto, se ti balenava l’idea geniale di mangiare un semplice ed innocuo ghiacciolo, c’era il divieto assoluto non solo di gettarsi in acqua nelle successive 2 h, ma anche di bagnarti le caviglie per ovviare la congestione fulminante. L’attesa era una tortura. Negli anni 2000, da genitori consapevoli, questa regola è stata un pò rivisitata per cui i nostri figli, durante le famigerate 2 h, possono bagnarsi almeno fino ai polpacci, sotto la nostra supervisione dotata di cronometro svizzero. Che gioia, poi, al countdown del termine previsto, vedere i nostri bambini correre e tuffarsi in acqua, sott’acqua, sull’acqua, nell’acqua e recuperare, così, il tempo perduto ad attendere la digestione più lunga della storia… finchè dopo una scarsa mezzoretta, tu, genitore, vai sulla battigia, avvicini le mani alla bocca, simulando un megafono e urli. “Aaannnaaa, Niccolòòòò, è ora di uscireeeee”!
Il déjà-vu però è in agguato, ti blocchi, perché ti sei ritrasformata in tua madre, colei che dopo 2 h esatte di attesa, interrompeva il tuo bagno catartico che avrebbe potuto procurarti una bronchite fulminante. Anche ad Agosto, in Sicilia, ma allora ero semplicemente una figlia.