Natale: la festa dell’essere felici, che però, per paradosso, alimenta tante infelicità.
Chi si sente solo, chi povero, chi semplicemente non all‘altezza di questi giorni di festa. Sono sentimenti più comuni di quanto non si immagini e dei quali abbiamo parlato con il professore Daniele La Barbera, psichiatra e primario al Policlinico di Palermo.
Natale e infelicità, un ossimoro frequente, perché succede?
Io partirei dal capire cosa significa, nel sentire comune, il Natale o meglio l’atmosfera natalizia, che oggigiorno si impone già dai primi giorni di novembre. Il Natale é definito come la festa più bella dell’anno, un tempo fatto di luci, di musica e di ‘felicità a tutti i costi’. Questo almeno sulla carta, nelle pubblicità, nei film natalizi (non in tutti, per carità) ed ovviamente in quella vetrina di falsa realtà che sono i social.
La vita vera però é un’altra cosa.
Anzitutto partiamo dal dire che questa festa ha un impatto potente sulla nostra psiche, vuoi su quella individuale, vuoi su quella collettiva. Spezza il tempo della routine per attivarne uno più frenetico, che impone la corsa agli addobbi, quella all’acquisto dei regali, quella all’organizzazione di cene e momenti di incontro tra parenti ed amici, perché senza condivisione collettiva che Natale sarebbe?
Eppure, nonostante la ‘felicità formale’ che si respira in questi giorni, aumentano le infelicità individuali, perché accade?
Il Natale é la ricorrenza con la maggiore potenza dal punto di vista simbolico ed é per questo che arriva ad attivare sensazioni oltre la dimensione razionale. Spesso veniamo presi da questa atmosfera in maniera positiva, spesso negativa, altre assai negativa.
Perché il Natale diventa motivo di sconforto e addirittura di sofferenza?
Perché il tempo del Natale determina una rottura del tempo lineare e lo trasforma in un tempo ciclico. Il tempo lineare é quello che viviamo comunemente: le ore, i giorni, le settimane, gli impegni, con le certezze, gli imprevisti e una dose quotidiana di aspettative, che mettiamo però nel conto della nostra ordinarietà. Il tempo lineare è un tempo laico, poiché non ci impone liturgie e rituali particolari. Il tempo ciclico è invece un tempo “liturgico”, che obbedisce a una serie di regole non necessariamente formali, ma scritte nel nostro dna emotivo e sentimentale. Ci impone di rivivere, anno per anno, qualcosa che ci é già successo: addobbare casa, allestire l’albero e il presepe, preparare determinate pietanze, invitare a tavola i familiari, anche quelli con i quali non corre buon sangue o di contro avvertire ancora di più la mancanza fisica o emotiva di talune persone care. In questi giorni di preparativi viviamo come in una sorta di macchina del tempo, che ci riporta indietro fino ai primissimi anni della nostra infanzia, costringendoci a fare i conti non solo con noi stessi, ma anche con tante figure portanti della nostra vita. Si attiva un patrimonio di ricordi di quelle esperienze, che hanno contribuito a formare la nostra identità. Fare i conti con se stessi non è mai una cosa semplice, possono verificarsi rigurgiti di malinconia per un tempo bello ormai lontano, o al contrario conati di rancore, per essere stati dei bimbi non amati come si deve, per avere vissuto un tempo di Natale in un clima ostile, litigioso, rifiutante. I ricordi, belli o brutti che siano, in un periodo così potente dell’anno, che per convenzione impone condivisione e gioia, possono diventare un’arma molto potente contro noi stessi. Perché, di fatto, il Natale e le altre feste che si celebrano in questo periodo, non consentono un’evasione dall’idea di felicità, ed é per questo che, in talune persone, si acuiscono la solitudine, il dolore, lo sconforto, sentimenti che, in altri periodi dell’anno, possono essere gestibili con maggiore facilità.
Natale é però da sempre la festa della luce, della speranza
Il Natale non è solo una festa bella, ma nel credo cattolico celebra la venuta del re dei re, incarnatosi in un bimbo innocente, povero e indifeso, che ha la meglio sui potenti e sul male. É la nascita di un bimbo divino che deve adempiere a una promessa di salvezza. É una festa che capita nel cuore dell’inverno, nel momento più buio dell’anno quello in cui vi è meno luce e guarda caso un modo di celebrarlo è quello di utilizzare quante più luci possibili. Nel paganesimo, nel momento più buio e spaventoso dell’anno, si celebrava la speranza che la luce e la primavera tornassero. Natale è nella tradizione secolare e archetipica dell’uomo la festa che celebra la speranza, l’auspicio che passi il buio e che torni la primavera.
Come faccio a vivere questo clima se il mio animo è pesante? Se nel mio animo c’è oscurità? Se nella mia famiglia vi é discordia?
Natale è il periodo dell’anno in cui viviamo la festa nella massima dimensione sociale: cene, serate a giocare a tombola, banchetti solenni, tutto ciò ruota intorno a relazioni di coppia, familiari, amicali. Se ho difficoltà a vivere i legami o non ho legami significativi, come faccio a partecipare a questo clima gioioso?
Ancoda di più mi sentirò estraniato ed escluso. Tutto ciò mi provocherà sofferenza, sconforto e accentuerà il mio senso di solitudine. Ecco perché in questi giorni molta gente sta emotivamente peggio, soprattutto se ha già di base delle problematiche legate alla sfera emotiva.
C’è l’obbligo sociale della gioiosità condivisa, della corsa agli acquisti (va da sé che in un momento di forte crisi, non tutti possono fare i regali), c’è la fretta di addobbare subito e bene casa, secondo modelli che ogni anno diventano più alti (social, influencer, pubblicità). Se non riesco a sintonizzare questo clima con il mio polo interiore mi arriva un messaggio di forte stress. Il risultato è vivere malissimo questo periodo, che rappresenta comunque un’opportunità di gioia.
Come fare quindi a vivere bene queste festività?
Dovremmo iniziare a contestualizzare realisticamente questo Natale, che viene dopo anni difficili di pandemia, mentre vi é una guerra in corso e una forte crisi economica in atto. Tutto questo ci dovrebbe spingere a cogliere la dimensione profonda di questa festa, la speranza in un futuro migliore, il valore dei legami reali. Credo che oggi più che mai dovremmo concentrarci a vivere un Natale sostenibile, a misura d’uomo, in cui cerchiamo di dare la prevalenza alle cose che devono averla: qualità dei legami e delle cose che viviamo (un viaggio, la buona salute, una tavola ben imbandita).
Dovremmo anche lavorare sui piccoli e umanissimi momenti di vulnerabilità, quindi fare uno sforzo e mettere da parte piccoli disaccordi per dare prevalenza a un Natale reale, quanto più possibile sereno, anche se siamo in pochi, purché si viva bene.
Come la mettiamo con i social in tempo di Natale?
I social, che ahimè hanno invaso le vite di noi tutti ed a volte si sostituiscono alla realtà, ci presenteranno un Natale perfetto, che non potrà fare altro che aumentare la nostra frustrazione.
Assisteremo, insoddisfatti, al Natale di famiglie perfette, dove coppie, bambini, nonni, zii e cugini sono esattamente in asse. Innamorati gli uni degli altri, senza lo scheletro di alcun disaccordo, sui social vedremo gruppi di persone che brinderanno sorridenti in case bellissime, addobbate a regola d’arte, sorseggiando i migliori vini e gustando prelibatezze d’alta cucina. Il risultato sarà quello di fare maggiore luce su quelle ‘miserie’ che sono proprie della vita di noi tutti: discordie familiari, case non belle per come le vorremmo, regali non sempre confacenti ai nostri desideri, famiglie imperfette. Impariamo a convivere con l’idea che il mondo degli influencer social non solo non é reale, ma non é neppure lontanamente replicabile. Non sono vite ideali, quanto vite irreali, perché la vita vera é di suo ‘frangibile’. Quindi, almeno a Natale, disintossichiamoci da social e telefonini e viviamo le feste con le persone che abbiamo a fianco, provando a creare con queste un tempo di qualità. Diamo un’attenzione particolare ai bambini: meno doni e più parole, maggiore tempo da dedicare a loro. Non abbandoniamoli ai loro costosissimi regali, ai telefonini o ai giochi elettronici. In queste vacanze stiamo con loro, ma in senso profondo: giochiamo con loro, facciamoci aiutare in cucina, a imbandire la tavola delle feste, raccontiamo loro delle favole (magari quelle della tradizione natalizia più profonda, dove la morale porta alla qualità della festa e non alla quantità di cose e persone che ci girano intorno), andiamo con loro a passeggio all’aria aperta. Aiutiamo i bambini a coltivare la bellezza della noia, non riempiamoli di attività o continua compagnia di amichetti. Tutto deve essere fatto con equilibrio e senza stress. Nella noia i bimbi scoprirono le loro passioni ed anche le loro vocazioni di vita. Non temiamo i tempi morti e neppure la ‘solitudine’. I nostri piccoli amano anche giocare da soli, anzi questa tipologia di gioco può essere una risorsa.
Più in generale, proviamo a vivere con maggiore relax l’idea del Natale, anche se siamo consapevoli di non avere una vita o una famiglia perfetta, perché di fatto la perfezione non esiste. Suggerirei di recuperare delle risorse che ci facciano vivere il Natale in maniera più razionale, più intima, più sostenibile. Il concetto di sostenibilità va applicato anche alla psiche e ai rapporti umani e ci aiuterà a essere più sereni. E sarà più semplice di quanto pensiamo. Buon Natale.