Una gravidanza desiderata coralmente, dalla coppia, ma anche dalle famiglie di origine. La bella notizia, l’attesa vissuta come un’ovatta nel sogno dell’arrivo del grande giorno. La preparazione del corredino, della cameretta, le coccole alla futura mamma. Poi ecco che arriva il grande momento. Il parto, il dolore, lo scoraggiamento naturale ed inevitabile che prova la neo-mamma nelle ore di travaglio e quando spinge per dare alla luce il suo bambino. Eccolo, è nato. Non è per come ce lo si era aspettato, ma è comunque un miracolo, perché la nascita è il miracolo per antonomasia. I neo genitori sono increduli, felici e spaventati al contempo. Ed i nonni? Succede che, nella maggior parte dei casi, i nonni siano le figure granitiche durante l’accoglienza alla nuova vita. Hanno anni ed esperienza in più rispetto ai neo genitori. Conoscono l’avventura del fare posto a una nuova creatura e dovrebbero saperla gestire con equilibrio ed esperienza. Non sempre però è così. A iniziò estate abbiamo ricevuto una email da una signora quarantenne, che ci raccontava l’abnorme sacrificio prima di rimanere incinta. I tentativi falliti, la disillusione poi, quando nessuno se lo aspettava la bella notizia che manda in felice fibrillazione un’intera famiglia, con i futuri nonni al settimo cielo. Dopo il parto però le cose non vanno per come previsto. Il bimbo nasce bello e sano, la mamma, quarantenne, ci mette un po’ a riprendersi. I nonni, inspiegabilmente, si dileguano. Non una notte in ospedale ad aiutare la neo-mamma, reduce da un parto lungo e difficoltoso, neppure l’ombra della felicità vissuta nel periodo dell’attesa. Solo qualche visita al piccino, il rifiuto assoluto di collaborare i neogenitori anche gestione della vita quotidiana: preparazione dei pasti, lavaggio della biancheria del piccolo, faccende domestiche. Per non parlare di un piccolo aiuto nell’accudimento del nuovo nato. Nulla di tutto ciò. “La cosa che mi ha fatto più male, scrive la nostra lettrice, è stato quando mio marito è dovuto andare via per un viaggio di lavoro. Un’assenza di pochi giorni, ma che a me, con uno scricciolo di neppure un mese, è sembrata un’eternità. Mio marito chiese a mia madre se potesse rimanere in casa con me e il bambino a farci compagnia e a collaborarci e lei fu categorica. Pronunció un no secco e senza appello, come i tanti altri no, che ha pronunciato da quando è nato il suo nipotino. Quel primo no però brucia ancora, perché Dio sa il terrore e lo scoramento che ho provato da sola nelle notti interminabili accanto a quell’esserino minuscolo ed affamato. Ho temuto che soffocasse mentre lo allattavo, che non mangiasse abbastanza. Non ho dormito per giorni. Ero uno zombie e nei momenti in cui il mio bambino riposava io piangevo perché mi sentivo sola, inadeguata, intimorita. Da quel momento, i rapporti con mia madre, che erano sempre stati buoni e non avevano mai disatteso le legittime aspettative di una figlia, che nella mamma vede sempre il porto sicuro dove approdare, si sono incrinati terribilmente. Dopo la nascita di mio figlio i miei sono diventati instabili, nervosi, impazienti e soprattutto insensibile e non solo nei miei confronti. Mia madre si è concessa anche più di un attacco isterico ed autolesionistico di fronte al mio bambino, dichiarandosi una persona fortemente ‘esaurita’. Una volta mi urló che io volevo scaricarle a vita il mio bambino. Follia pura. Scontro dopo scontro ho scelto di rompere i ponti, nella speranza che i miei si rivolgano a un medico competente che li aiuti a capire e a risolvere questo problema e a ricompattare il rapporto con me e la mia famiglia.”
Cosa ne pensano gli esperti dei nonni assenti
La psicologa della redazione, Valeria Augello, ha già parlato tra le nostre pagine di una forma rara, eppure presente, di depressione post partum. Quella che può colpire i nonni. La dottoressa Augello spiegava quanto la nascita di un bambino non sia un evento scontato quanto una vera e propria detonazione, che cambia radicalmente la vita familiare di chi accoglie il piccolo. Il nuovo nato non è solo foriero di gioia ed entusiasmo, porta anche responsabilità, accudimento h24, notti in bianco, timori ed ovviamente anche tantissima gioia. Quando arriva un bebè cambiano tutte le abitudini e la cosa può fare paura. Non tutti i nonni si sentono all’altezza di vivere questa condizione. Vuoi per timore, per fragilità personale, per paura della nuova responsabilità sopraggiunta in un’età in cui non si ha più lo smalto di quando si era giovani genitori. Nella maggior parte dei casi si tratta di paure più concettuali che non reali. I nonni che vivono la depressione post partum hanno il terrore di essere investiti di deleghe più grandi di loro, di diventare dei genitori gregari ed entrano nel panico, rischiando di compromettere il rapporto con i neo genitori e con il nuovo nato. La questione postaci dalla nostra lettrice, trova risposte anche nelle asserzioni degli psichiatri di Riza, che hanno affrontato il tema. Secondo gli esperti non tutti i nonni sono predisposti a essere tali. Non sempre vi è una spiegazione o un perché. Molto semplicemente in alcune coppie il passaggio dall’essere genitori di figli adulti, autonomi e completamente affrancati sotto tutti i punti di vista, al diventare nonni può creare un vero e proprio sconvolgimento emotivo e comportamentale. Persone equilibrate e con uno spiccato senso della famiglia, possono diventare nonni nevrotici, insensibili, con attacchi di ira inspiegabile. Secondo gli esperti, spesso di tratta di timore da ingabbiamento. I nonni, che possibilmente hanno vissuto una genitorialità delegante, contando sull’aiuto totalizzante dei nonni, temono di fare quella fine. Di diventare genitori gregari, rimanendo privi della libertà personale e totalmente ingabbiati nel ruolo di nonni a tempo pieno. Da lì i no categorici e preventivi a qualsiasi richiesta dei neogenitori, fosse anche la più banale. Il concetto è semplice: non ti dico sí per non creare il precedente e per non rischiare di mettere in discussione la mia autonomia personale. Se ti dico sí, seppur di tanto in tanto, lo circonderò di talmente tanti paletti che la prossima volta dovrai pensarci cento volte prima di avanzarmi un’altra richiesta. Altro escamotage messo in atto dai nonni rifiutanti è l’appello alla paura. “Non porto il bimbo a passeggio perché ho paura che scappi”, “Non tengo il bimbo una notte a dormire da me perché temo che si senta molto male”, “Non accompagno il bimbo all’asilo in auto perché potremmo avere un incidente”.
Mettere in mezzo pericoli estremi derivanti da innocui gesti di accudimento rimanda a un alibi, difficile da disinstallare nella mentalità dei nonni rifiutanti. Paradossalmente, come illustrano gli esperti di Riza, sono proprio i genitori che hanno tanto delegato in passato ai nonni a diventare dei nonni rifiutanti e timorosi di tutto. Eppure loro avevano spesso mandato i bimbi a dormire dai nonni quando necessario. Avevano demandato ai nonni il compito di accompagnare i loro piccini a scuola o al parco. Perché azioni che a loro erano sembrate ovvie oggi diventano motivo di fobia? In taluni casi perché temono di fare la fine dei loro genitori e perché, verosimilmente, hanno poca esperienza con i bimbi piccoli, avendo loro tanto delegato. Un’altra ragione di rifiuti risiede nella consapevolezza che la propria figlia è diventata grande, ha lasciato il nido e ne ha addirittura creato uno di suo, ospitando e dando la vita. Per alcune madri/nonne questa presa di coscienza può comportare una destabilizzazione emotiva importante. Entrano in gioco meccanismi inconsci di competizione con la figlia femmina, a sua volta diventata madre ed anche timore di aver perso il controllo su questa. Se a ciò si aggiunge che, simbolicamente, la figura (sicuramente superata) della nonna è quella della persona anziana, ormai arrivata alle ultime stagioni della vita, la destabilizzazione emotiva, in donne predisposte, aumenta.
Le caratteristiche dei nonni rifiutanti
Non dicono mai un sí immediato alle richieste di aiuto dei figli in relazione al nuovo arrivato.
Le poche volte che si rendono disponibili lo fanno tra i denti (come scriveva Freud). Pongono paletti espliciti e determinati da difficoltà di tempo e di spazio.
Tendono a ricordare e a rinfacciare l’aiuto dato.
Hanno molti alibi: fobie immotivate relative al nipotino, frasi della serie “non posso assumermi questa responsabilità”, appello a loro condizioni di salute cagionevoli e a un’età non più consona per l’accudire bambini.
Quando aiutano non fanno mai il bis, non nell’immediato. Se hanno accudito il bimbo per qualche ora, il giorno dopo spunterà un malessere, sovente di chiave psicosomatica, che fugherà ulteriori richieste da parte dei genitori.
Cosa fare con i nonni rifiutanti
Non forzare le cose. Sforzarsi di cambiare dei nonni rifiutanti è tempo perso. Indirizzarli verso un terapeuta, che li aiuterà a capire i timori, ad affrontarli e superarli è la soluzione più efficace. Tentare la strada della terapia familiare è un altro metodo efficace. Lo psicoterapeuta aiuterà i nonni a comprendere la nuova e privilegiata condizione. Farà loro intuire che esistono molte vie di mezzo tra il tutto ed il nulla. Che si può essere degli ottimi nonni senza dover diventare dei sostituti dei genitori, che possibilmente i genitori stessi non vogliono questo. Si può iniziare con un impegno settimanale. Mezza giornata con il nipotino ogni sabato, compreso il pranzo, il parco giochi e il riposino. I genitori potranno approfittarne per passare un po’ di tempo da soli, necessario per mantenere la buona salute della coppia e i nonni potranno godere del nipotino. Uno step successivo potrebbe essere invitare il piccino (magari dopo il compimento dei tre anni, quando è già più autonomo ed in grado di esprimere bisogni e richieste) a dormire una notte al mese dai nonni. Ed ancora accompagnarlo a scuola una volta a settimana. Queste piccole azioni diventeranno piano piano un meraviglioso rituale, che gioverà a tutta la famiglia in primis agli stessi nonni. Sarà importante impegnarsi a non disattenderlo. Imporre i nipotini, al contrario, può creare un effetto domino, che peggiora le cose.
Ricordarsi che
I nonni rifiutanti non è detto che non amino i loro nipoti, anzi. Hanno timore della nuova condizione ma non significa che non abbiano amore. Si deve aiutarli a farlo venire fuori con costanza, consci del fatto che i bimbi necessitano di continuità.
I bimbi crescono in fretta
I bimbi crescono davvero in fretta. La fase “critica” dell’accudimento totale è anche quella in cui i bimbi si concedono del tutto e sanno dare amore incondizionato. Una volta perso quel momento magico sarà impossibile recuperarlo. Un bimbo non avrà a vita la genuinità dei tre anni e non dispenserà per sempre coccole e amore come nella fase della prima infanzia. I nonni sono figure mitiche per i piccini, ancor più dei genitori. Perdere la possibilità di ricevere il loro amore è un peccato e può diventare un grande rimorso. I nipotini sono sempre una chance che dà la vita.
Una volta superato il timore dell’essere ingabbiati i nonni saranno felici di passare del tempo con i loro nipoti e non vedranno l’ora che accada di nuovo. Superato il senso del dovere e quello di privazione della libertà, vedranno come una risorsa lo stare con i loro nipoti.
Evitare litigi di fronte ai piccoli. Per loro è traumatizzante perché mettono in discussione la solidità di figure di massimo riferimento. Se proprio non si riesce ad andare d’accordo meglio prendersi una civile pausa e non forzare le cose.
Avere comprensione reciproca è fondamentale: i nonni verso i neo genitori e viceversa. Pretendere di cambiarsi è errato, farsi aiutare è auspicabile, nella convinzione che la famiglia è un bene infinitamente prezioso.
2 risposte
Segnalo anche nonni (i miei suoceri) che pretendono di fare i genitori, che i nipoti dormano da loro a 3 mesi, che vivano a casa loro e di decidere su tutto (abbigliamento, educazione, nutrizione) al posto dei genitori. Un comportamento intollerabile per i genitori. Ai tentativi di far comprendere l’eccesso dei loro comportamenti, speriscono (dopo aver coperto di insulti i genitori del nipote) per anni, andando in giro a dire a tutti che gli si impedisce di fare i nonni….
Questo è un articolo che merita. Finalmente si dice la verità. Finalmente si dice a chiare lettere che rifiutarsi di essere presenti nella vita dei nipoti è una condizione patologica. Finalmente un articolo in cui le rimostranze di noi genitori sono rese legittime e non acrobaticamente trasformate in pretese. Alleluia. Un articolo da stampare e regalare a nonni in difficoltà e a genitori che hanno bisogno di rimettere in ordine le priorità.