Il diverso fa paura. Che sia per ragioni di colore della pelle, per credo religioso, attitudini sessuali o idee politiche. Oggi più che mai si respira un clima di intolleranza. Se, negli anno ’80, gli slogan anti razzismo spopolavano, oggi pare si avverta un cambio di rotta. Ne parlano le cronache e anche sui social il fenomeno è dilagante. È errato anche parlare di razzismo, poiché tale termine presuppone l’idea di suddivisione in razze. Tuttavia risulta inevitabile farne uso per esprimere taluni concetti.
I bimbi dovrebbero essere incolumi al rifiuto del diverso, perché ancora privi di filtri e sovrastrutture mentali. Eppure, genitori “rifiutanti”, alla lunga potrebbero, per riflesso, trasmettere le loro idee anche ai piccini. Poiché i piccoli sono spugne e vedono in mamma e papà i modelli di riferimento per antonomasia.
Perché la diversità ci fa paura?
La diversità rappresenta un concetto astratto ed estremamente mutabile. Se ci riflettiamo un attimo, ognuno di noi è diverso dall’altro, ma ci sono diversità che sentiamo ancora più differenti da noi e percepiamo come minacciose, per il solo fatto di non conoscerle adeguatamente. Gli atteggiamenti di discriminazione nascono proprio da questo, tutto ciò che non ci appartiene o che non ci può appartenere, ci fa paura e tendiamo ad evitarlo. Quando non siamo in grado di includere e accettare situazioni, che la nostra soggettività non approva, attiviamo meccanismi di difesa disfunzionali ed arcaici che non producono evoluzione ma ritiro collerico sulle corazze delle nostre convinzioni.
Cos’è l’integrazione?
L’integrazione rappresenta l’opposto di questo meccanismo e presuppone apertura mentale. Doti che solamente le persone sicure di se stesse e con una buona autostima possiedono. Ciò che spezza il circolo vizioso della chiusura è l’autocriticità, facoltà che non si improvvisa ma si costruisce durante il corso della nostra storia di sviluppo e che agevola la necessaria flessibilità cognitiva.
Come superare il razzismo
latente che coglie ampia parte della società
Dobbiamo imparare a valutare ciò che sembra lontano dalle nostre idee come fonte di confronto e risorsa per crescere.
Dialogo e confronto. Sempre e comunque. Non utilizzare il filtro della paura per etichettare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Abituarsi a pensare al compromesso come lingua internazionale.
Come evitare di crescere figli “razzisti?”
Ancora una volta, sottolineo il ruolo fondamentale dell’adulto nel mostrare serenità verso ciò che il bambino avverte come minaccioso. I bambini non hanno pregiudizi, è il loro modello di riferimento che, in maniera implicita, o peggio esplicita, gli fornisce opinioni o paure su ciò che non gli è simile.
Rispetto e valorizzazione delle caratteristiche di ciascuno sicuramente abbasseranno la tensione verso l’altro.