Succede a molti bambini, proprio dall’età di 2-4 anni e dovrebbe finire con l’età scolare, però a volte la manifestazione resta anche nell’adolescenza.
Il pavor nocturnus
si tratta di una“parasonnia”, vale a dire di un comportamento complesso nel sonno. Come il sonnambulismo, il digrignare i denti (bruxismo) o la pipì a letto (enuresi). A volte c’è una familiarità del fenomeno.
È vero, mette paura vedere una creatura così spaventata che grida, che piange, che guarda nel vuoto e non accetta aiuto.
In effetti non ci vede (sia che abbia gli occhi aperti che chiusi), non ci sente e, una volta sveglio al mattino, non ricorderà nulla del terrore notturno e delle nostre inascoltate coccole. Questo perché il pavor nocturnus scatta durante il sonno non Rem, più profondo, mentre se il bimbo ha un incubo, questo accade durate il sonno Rem che è più vicino alla veglia, e il giorno dopo il piccolo ricorderà il suo brutto sogno e il nostro intervento.
C’è anche questa differenza: nel primo caso il bambino è tutto sudato, nel secondo no.
Pavor nocturnus cosa fare?
Che cosa fare? Accorrere vicino al bimbo, parlargli con voce calma e affettuosa, carezzarlo, insomma fargli sentire una presenza amorevole vicino. Ma non cercare di svegliarlo del tutto. L’attacco passa da sé e il piccolo riprenderà il suo sonno tranquillo.
Vediamo infine che cos’è questo pavor. Si tratta di un microrisveglio in un sonno molto profondo. Forse lo scatena un colpo di tosse, il il pianto della sorellina, una tonsilla troppo grossa.
Un altro fattore potrebbe essere lo stress: se il bambino vive una giornata troppo intensa, corre troppo, è in continua attività, può avere un attacco di pavor durante la notte anche più forte perché il microrisveglio agisce su un sonno molto profondo a causa della stanchezza fisica. Può essere una condizione ereditata da uno dei genitori, quindi sarà utile chiedere conferma ai nonni. Non vi sono patologie neurologiche dietro il pavor nocturnus. È una condizione transitoria, che tuttavia può ripetersi ciclicamente, anche per una serie di notti di fila, quindi interrompersi e ripresentarsi. Ovviamente è sempre bene confrontarsi con il pediatra e raccontare nei dettagli l’episodio. Il medico, qualora dovesse confermare il pavor, non potrà che rassicurare i genitori sulla benignità di queste manifestazioni. (Fonte, fondazione Veronesi)