Una ragazza con l’aspetto brioso di un’adolescente. Un motivetto dal loop che ti entra in testa e non ti esce più. La stagione più propizia dell’anno per far esplodere i grandi tormentoni. Sono stati questi gli ingredienti che, nell’estate del 2001, forgiarono il mito Valeria Rossi. Non esageriamo se usiamo un termine tanto altisonante. La cantautrice, che con il suo timbro suadente ripeteva: “dammi tre parole, sole, cuore e amore”, è rimasta nella testa e nelle orecchie di tutt’Italia e non solo. Io ricordo perfettamente il videoclip coloratissimo, lei con quella mimica semplice e facile da “clonare”, in certi balletti improvvisati, che tutti, almeno una volta, abbiamo fatto nella riservatezza di casa nostra e con la radio a volume massimo. Valeria Rossi, da perfetta sconosciuta, era diventata una celebrità, con diecimila copie di dischi venduti in sole due settimane e la vetta della classifica italiana tenuta salda per ben tre mesi di seguito. Poi un premio prestigioso al Festivalbar, quello della categoria “rivelazione” e concerti su e giù per lo stivale. Una celebrity con la faccia da ragazzina, nata in Libia e cresciuta vicino Roma. Tenere il passo della fama però è ancor più difficile che conquistarsela. Valeria si impegna. Lei viene dalla gavetta. Seppur giovane, è già autrice di canzoni per la pubblicità, ha tentato la strada sanremese proprio con il motivetto del grande successo (scartato dai selezionatori delle giovani proposte del Festival). Valeria stampa due dischi, ma il secondo, Osservi l’aria, non bissa il successo del primo. Valeria si ferma a riflettere, capisce che qualcosa sta cambiando, che la grande bolla della notorietà forse sta sgonfiandosi. Valeria è un’artista a tutto a tondo, a dispetto di chi la etichetta solo come una cantrice di canzonette. Si è perfezionata a Boston. Canta, ma è anche musicista e conosce bene il significato del verbo studiare. Si rimbocca le maniche, si lancia nel mondo della scrittura (è autrice di libri, di cui uno per bambini), prosegue con l’attività da autrice di testi per altri colleghi (è suo un brano presentato a Sanremo nel 2011 da Jessica Brando), nel frattempo conosce l’uomo della sua vita e diventa mamma di Miro. A diciassette anni esatti dal boom, ecco la chance di fare di nuovo capolino sul palco della grande notorietà. La Rai la contatta per fare parte della squadra di Ora o mai più, show di insperato successo condotto da Amadeus, che ha riportato sulla ribalta cantanti noti ai più, ma, stringi stringi, dimenticati anzitempo.
Valeria ha come coach Orietta Berti, voce da usignolo, ma tempra forte e verace da emiliana.
Insieme duettano magistralmente sulle note di Io ti darò di più. Valeria sfoggia un look che è sì elegante, ma anche sbarazzino. Ha un piglio educato, da persona perbene. Accetta il parere dei giudici con garbo e pare non vivere l’ansia da competizione o la voglia di rivincita a tutti i costi.
L’abbiamo intervistata ed abbiamo scoperto una donna che ha, su tutte, il dono dell’empatia. Ci ha parlato a ruota libera di sogni, emozioni e anche di buon cibo. Lo ha fatto come se ci conoscessimo da sempre e senza mai la smania di voler riavvolgere il nastro, così da tagliare le imperfezioni.
Valeria, quale il ricordo dell’esperienza su Rai 1?
Sicuramente lavorare al fianco di Orietta Berti, una grande professionista, con la quale mi piacerebbe continuare a collaborare. Da lei ho imparato molto. Mi ha anche fatto venire voglia di rimettermi in discussione, magari sognando Sanremo, palco sul quale non sono ancora approdata.
Noi siamo siciliani. Abbiamo qualcosa in comune…
Io ho orgogliose origini siciliane. Della Sicilia orientale, per parte dei nonni. Che bella terra la vostra e che buona la granita alla ricotta. L’assaggiai a Siracusa, nella pasticceria di un mio lontano parente: un’esperienza sublime.
A proposito di cibo. Tu hai scritto un libro dedicato alla cucina
Più che un libro squisitamente di cucina è stato un progetto, portato avanti con mio marito che è produttore. Venti ricette associate a venti canzoni, che altro non sono se non la spiegazione, in musica, della ricetta stessa. Un progetto bello e divertente. Non il solo nel mondo della scrittura. Ho anche scritto una raccolta di racconti che si intitola Suicidi falliti per motivi ridicoli…un titolo particolare, che è tutto un programma.
Come è stato prendere consapevolezza che il successo stava andando via?
Sicuramente non è stata una sensazione gradevole. La vita cambia verso e forse la maniera migliore per non abbattersi è seguire quella nuova prospettiva. Sono orgogliosa di non aver attraversato alcuna fase di depressione. Ho ricominciato a partire dallo studio. Mi ero precedentemente iscritta a Giurisprudenza, ho quindi virato verso la facoltà di Antropologia dove ho conseguito la laurea. Non sono mancati i momenti bui, il peggiore è stato la morte di mio padre. Dieci anni fa ho conosciuto mio marito, con il quale condividiamo parecchie passioni. Nove anni fa è nato il nostro Miro.
Come è stato diventare mamma?
I bimbi ti presentano la vita sotto un’altra prospettiva. La maternità è lo stravolgimento per eccellenza. Miro è diventato una priorità, tant’è che dopo la sua nascita decidemmo di trasferirci da Roma a Grosseto, per vivere in un contesto più lento e più tranquillo. Dopo la fase totalizzante è arrivata quella in cui ho compreso che dovevo riprendere il passo delle mie passioni, anche per il bene del mio piccolo. Un figlio rimane il centro, ma occorre sapere mediare. Da un bimbo impari una cosa importantissima: a familiarizzare con le emozioni. I piccoli sono dei veri professionisti in questo.
Quali progetti hai per il futuro?
Sono una persona emotiva. Sono sì una donna acqua e sapone, ma non perdo mai una certa mia complessità. Per questo mettersi a giro in un contesto di tourneè e di grandi impegni discografici richiede preparazione. Devo dire che Ora o mai più è stata un’ottima palestra. Quindi che dire: mi piacerebbe partecipare a Sanremo e duettare ancora con Orietta Berti. Il resto si vedrà.
Grazie Valeria e ad maiora!