Il Mandrarossa Vineyard lo scorso anno mi ha conquistata. Ho partecipato insieme alla mia famiglia ed è stato tutto così bello da pensare, già un anno fa, di bissare l’esperienza. I gusti, i profumi e le atmosfere dell’evento mi hanno fatto pensare di condividere la vendemmia menfitana con la mia foodblogger preferita, Vera Morreale, anima e creatrice del blog www.caramellosalato.it e curatrice della sezione “Ricette” di questo giornale. Vera ha immediatamente detto di sì ed è stato un attimo il ritrovarsi a organizzare un reportage giornalistico ed enogastronomico di questa bella festa della vendemmia.
Mandrarossa Vineyard primo giorno
Io e Vera arriviamo a Menfi e ci rendiamo conto che il neologismo “Menfishire” casca davvero a pennello su questo territorio. Menfi è Menfi, dice chi è di queste parti. Ed ha ragione. Qua il mare è un mare a sè, così come le viti, il vento di scirocco, il tramonto visto da lido Fiori, con il sole che si addormenta dietro la torre di Porto Palo. Ed ancora la parlata della gente, che ha il ritmo delle storie, raccontate dai nonni di una volta. Qui gusti il pesce sorseggiando un Grecanico Mandrarossa e capisci che la felicità è una cosa semplice e vi inciampi quando non te l’aspetti. Alloggiamo in un bel relais tra i vigneti, gli ulivi e le piantine di cappero. Sentiamo profumo di cose buone e questo ci basta per riempire le nostre menti di progetti.
Il primo appuntamento è con Mandrachef, la gara tra Valeria Raciti, vincitrice di Masterchef e Andrea Lo Cicero, campione di rugby e volto noto della tv e dei social, oltreché grande amante di buona tavola.
L’appuntamento è a casa Mandrarossa, una villa a pochi passi dalla spiaggia delle Giache Bianche. La casa è di proprietà della famiglia Molinari, che da anni abbraccia il Mandrarossa Vineyard. Ci sono le viti, i pini, le balle di fieno e dove finisce lo sguardo ecco il mare, il cui odore si mescola a quello della vendemmia. La tavola è già imbandita, con i calici nuovi di zecca, in sottofondo i rumori del cibo in cottura. A completare quello che pare un quadro impressionista, ecco le lucine, appese in parallelo, a illuminare la tavola. Pare di fare una gita insieme ai celebri personaggi di Monet. Ad accoglierci è Roberta Urso, la responsabile Pubbliche relazioni di Mandrarossa oltrechè una stimata sommelier. Con Roberta ci siamo conosciute un anno fa, le presentazioni, qualche formalità e poi l’empatia e il rispetto, che ti suscitano le persone che sanno il fatto loro e che in quel che fanno ci credono davvero.
La sfida Mandrachef
I commensali attendono curiosi i piatti di Valeria e di Andrea. Ecco la prima portata: la regina delle paste siciliane, la busiata. Quella di Andrea ha i sentori del basilico, della salsiccia, della mollica atturrata e degli agrumi. Quella di Valeria ha per parole chiave le melanzane, il pomodoro, le erbe fresche. Assaggiamo e ci confrontiamo. Vera mi consiglia di sorseggiare il Santanella Mandrarossa, per gustare a pieno le rotondità dei piatti. “Sono saporiti ed hanno il gusto della nostra terra, dalla prima all’ultima nota.” Mi suggerisce Vera. “Sono due piatti intriganti, dove i sapori sono bilanciati bene. Difficile sceglierne uno. Anche l’arrivo della seconda portata, un dolce, non chiarisce il dubbio. Cara Maristella sapevi che l’ovo ncannulatu è una variante povera del cannolo e pare sia un dolce menfitano doc? Le due varianti di Andrea e Valeria sono tanto diverse, eppure così buone. Quello di Andrea ha il sapore forte del caffè, quello di Valeria il sentore morbido dei fiori eduli rafforzati dal cioccolato modicano puro. Sono due sapori che non avevo mai gustato e solo questo basterebbe per fare un plauso ai due concorrenti.”
La sfida infatti finisce ex aequo e dopo il pranzo eccoci a conoscere di persona i due protagonisti, che hanno il merito dell’umiltà e della simpatia. Vera fa loro tantissime domande su come e perché hanno scelto le due ricette. Io mi soffermo più sulle curiosità dei loro rispettivi percorsi. Viene fuori che Andrea è soprannominato il barone perché di nobili origini e perché in campo si è sempre comportato da gentleman. Valeria ha maturato il sogno di Masterchef guardando la pubblicità delle selezioni, durante una piovosa domenica pomeriggio sul divano di casa in compagnia del marito. È bello ascoltare storie di chi ha realizzato un sogno. Valeria ha un sorriso largo ed accogliente. Andrea è un gigante burroso, che si scioglie del tutto quando la bellissima compagna, la modella Roberta Fiore, gli si avvicina con il piccolissimo Ettore, tre mesi appena. Andiamo via sorridenti. Contente perchè questo primo appuntamento è stato ancora più bello di quanto potessimo immaginare. Marito e figli hanno degustato il pranzo insieme a noi, si sono fermati a prendere il sole tiepido di settembre sul prato vicino casa Mandrarossa. Un piccolo momento da mettere in cornice.
La cena e il pranzo in pineta
Mandrarossa Vineyardtour è cibo di una volta, cucinato come non usa più, con ingredienti semplici, a km zero e secondo ricette antiche ma mai passate di moda. La location della festa è la pineta di fronte alla spiaggia della Giache: da una parte l’odore pungente dei pini marini, dall’altro la brezza del mare e il profumo fresco del sale. In questo clima, che ricorda le pellicole francesi, che hanno per leit motiv la fine dell’estate tra i vigneti provenzali, ecco celebrare la raccolta dell’uva, tra brindisi, buon cibo, musica e balli.
Con Vera scorrazziamo da un banco all’altro, prima annusando e poi gustando con gli occhi, il palato ed anche il cuore.
La nostra foodblogger mi spiega con passione ogni passaggio della cena: “Le busiate sono il piatto d’onore e rendono merito alla tradizione siciliana. Le hanno preparate le cuoche della brigata Mandrarossa, tutte signore menfitane, custodi dei segreti della cucina belicina. Sono preparate a mano al ferretto, come da tradizione e condite o con crema di zucchine o con un sugo di pomodoro fresco e melanzane fritte a tocchetti. Una spolverata di pecorino ed ecco la magia: si sciolgono in bocca. Che dire poi del pane di Castelvetrano appena sfornato e cunzato con olio di olive nocellara e origano fresco, i crostini menfitani, impastati con semolino, acqua, sale e pepe. Sanno di casa, di mamme e di nonne: uno tira l’altro. Accompagnano la caponata e la peperonata, che hanno il sapore rustico dei campi ed ancora i formaggi belicini, su tutti la strepitosa Vastedda, formaggio povero, dimenticato e oggi presidio slow food. Poi le olive verdi e i pomodori secchi, prodotti a pochi passi da qui. Ed ancora le sarde appena pescate, cotte alla brace e servite con cipolla rossa. Questo, devi sapere, era il pasto dei vignaioli durante la vendemmia. Piatti poveri, ma deliziosi, versatili, adatti a qualsiasi palato. Tesori gastronomici di una volta, riproposti in questi giorni con lo stesso sapore di un tempo. Li accompagniamo con i vini Mandrarossa. I crostini, le olive e i pomodori insieme al brioso Calamossa, che invita a fare festa. La grigliata di sarde, il pane cunzato, i formaggi con il profumatissimo Frappato, un vino tanto estivo e fruttato. Ed ecco il gran finale: le sfinge. Frittelle di pasta lievitata, rotolate, una a una, tra lo zucchero semolato. Le cuoche della brigata impastano e friggono e nel frattempo cantano una canzone della tradizione e ci raccontano che le sfinge di Menfi sono le più buone del mondo perché sanno di mare e di vendemmia.” Vera mi ha raccontato i piatti, dal suo punto di vista da grande appassionata, ha fatto squisiti accostamenti ed alla fine abbiamo brindato con uno Chenin Blanc, uno dei fiori all’occhiello della cantina Mandrarossa. Bollicine irresistibili, eleganti e sinuose.
La vendemmia Mandrarossa e la degustazione tecnica
Il momento più romantico del Vineyard è sicuramente la vendemmia. Domenica, di buon mattino, io e Vera, con mariti e bimbi al seguito, ci siamo dirette verso il vigneto sul mare. Un posto dove resteresti per ore, perché lì respiri pace, lentezza, vedi l’azzurro ed il verde alternarsi e riempirti gli occhi di bello. Appena arrivati siamo stati rifocillati di acqua fresca e quindi via verso i filari. Prima però ecco l’enologo, Stefano Sparacia e l’agronomo Luca Puccio di Mandrarossa spiegarci la magia delle uve: quelle che serviranno a produrre il bianco che vanno raccolte solo a notte inoltrata, perché nelle ore notturne l’attività enzimatica dell’uva è ridotta e ciò rende i vini più fruttati. C’è poi il sacrificio delle rose, che, custodi dei vigneti, attirano a sè i parassiti per proteggere le viti. Ed ecco ancora gli esperti a spiegarci i cicli della vendemmia, che è sì un lavoro ma anche un rituale, un vincolo d’amicizia e di famiglia, è passione per la terra e per l’oro in calice, che sarà il frutto della raccolta. Poi la distribuzione delle cesoie e via nei vigneti a vendemmiare. Un momento gioioso, dedicato agli scatti, immersi tra panorami pieni di luci e dei colori raffinati di settembre. I nostri bimbi scorrazzano felici tra i filari e non vogliono saperne di andare via. Sono partecipi di un rito atavico, che è appartenuto ai nonni e ai bisnonni e che, come d’incanto, si tramanda in un giorno di fine estate nel fascinoso terroir di Menfi. Arrivati in cima al vigneto ecco la vista sul mare ed ancora gli enologi pronti al brindisi rituale di fine vendemmia, con Grillo e Cabernet Sauvignon. Abbiamo fatto una buona raccolta di uva nera e Vera mi suggerisce una serie di ricettive: la marmellata, la focaccia, la crostata o più semplicemente un fresco succo d’uva. Fuori dal vigneto ci aspetta Roberta Urso, l’iron lady di Mandrarossa ed una delle anime del Vineyard. Coordinerà una degustazione tecnica a casa Mandrarossa. Con Vera riusciamo a metterci in prima fila. Vogliamo saperne di più di accostamenti e sapori nuovi. Scopriamo con meraviglia che anche il vino rosso, specie in estate, può essere refrigerato. Che il pesce può essere servito con un rosso delicato, come il Frappato e la carne con un bianco robusto, come il Grillo.
Roberta è esaustiva, positiva e propositiva. Parla dei vini Mandrarossa e lo fa come un fiume in piena. La intervistiamo e ci racconta entusiasta che: “Sono entrata in Mandrarossa leggendo un annuncio sul giornale. Chi lo avrebbe detto che sarebbe iniziato un legame tanto forte con la cantina e con questo brand che dell’azienda è il fiore all’occhiello. Per me Settesoli Mandrarossa è sí impegno lavorativo, ma anche passione personale, una realtà in cui credo fermamente, che mi ha presa al punto da farmi trasferire in questo territorio, innamorandomi del Menfishire, dei suoi ritmi, dei rituali, dei colori e del tempo scandito dalla natura, così come usava un tempo. Il sogno? Che Mandrarossa riesca a creare un vino riconoscibilissimo in tutto il mondo così come lo è il Brunello. Ci credo tanto e spero che il sogno diventi realtà.”
Si conclude così la nostra esperienza con il Vineyard 2019. Andiamo via con gli occhi pieni di stupore e la meraviglia genuina dei bimbi. Siamo state bene, tra cose buone, belle e profumate. Abbiamo conosciuto gente accogliente, dai sorrisi larghi. Si torna sempre dove si è stati bene e io e Vera non vediamo l’ora che sia ancora Vineyard.
Ps: Tutti i cibi degustati in pineta erano a km zero e biologici. Cucinati a vista, seguendo attente norme igieniche. Un occhio di riguardo è stato avuto per i piccini, che hanno potuto scegliere le varianti slow dei vari menù. Per loro anche il miniclub. Mandrarossa Vineyard ha una parola d’ordine: sostenibilità. Tovagliato, piatti, bicchieri e forchette erano tutti biodegradabili. Aggiungiamo inoltre che, il cibo, seppur gustosissimo, era molto digeribile perché privo di additivi e sofisticazioni. Un’esperienza adatta da 0 a 100 e più anni. Bravi tutti di Mandrarossa e ad maiora!