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Home » Migranti e paura Coronavirus, quale la soluzione? Lo abbiamo chiesto all’esperto

Migranti e paura Coronavirus, quale la soluzione? Lo abbiamo chiesto all’esperto

  • Atuttamamma.net
  • Aprile 16, 2020
  • Attualità

Risponde alle nostre domande il dottore Tullio Prestileo, infettivologo e responsabile dell’ambulatorio Migranti all’Arnas Civico di Palermo

Sul tema dei migranti e del timore che questi diventino vettori di Coronavirus, si dibatte tantissimo. Soprattutto in Sicilia, dove il Governo regionale, rafforzando ulteriormente le regole di contenimento, sta riuscendo a mantenere, su tutta la popolazione presente in Sicilia, risultati incoraggianti: una curva di contagi in costante riduzione, che oscilla tra i 10 e i 20 positivi attuali al giorno, un potenziamento dei posti in terapia intensiva, ma al contempo un afflusso di gran lunga inferiore a quello paventato nelle scorse settimane. In Sicilia, in buona sostanza, si sta riuscendo ad arginare il virus, ponendo in essere un trinceramento, che lo status di isola, almeno territorialmente, consente. Come la mettiamo però con i migranti? A Pasqua c’è stato un naufragio, tra le coste di Malta e quelle di Tripoli. Musumeci chiosa: “Troppi migranti e nessuna pensa al virus, attendiamo risposte dal Governo” e paventa l’affitto di una nave Snav, così da porre in quarantena eventuali migranti sbarcati nel canale di Sicilia.

In merito abbiamo chiesto un parere a Tullio Prestileo, infettivologo, medico, che da sempre è sensibile al tema migrazione e che dirige un ambulatorio dedicato, all’ospedale Arnas Civico di Palermo.

“L’argomento dei migranti è molto ostico perché ci sono, da una parte, quelli che pensano ai diritti umani inalienabili; dall’altra, ci sono i razzisti che credono che debbano rimanere laddove si trovano, costi quel che costi! E’ della settimana scorsa la notizia di un migrante con Coronavirus a Pozzallo, si tratta di un ragazzino, un caso isolato, come potrebbero capitarne in qualsiasi regione d’Italia e del mondo. A Malta un numero importante di migranti si è infettato. Ho ricevuto proprio dall’isola delle chiamate. Mi chiedevano cosa fare per capire come contenente la diffusione. Cosa dire: anzitutto occorre buon senso e capacità di umana comprensione. É giusto far morire le persone in mare? Sicuramente no.”

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QUALE PENSA POSSA ESSERE LA SOLUZIONE?

Anzitutto togliersi dalla trincea ideologica. Il Coronavirus non deve diventare un comodo altoparlante per pregiudizi e credi razzisti. Negare i diritti umani fondamentali resta un crimine e quindi non lo si deve assolutamente perpetrare.

IN ITALIA È INIZIATA LA DISCESA DEI CONTAGI, SE I MIGRANTI COSTITUISSERO UN FOCOLAIO DI CONTAGI DI RITORNO?

I se e i ma non fanno parte dell’evidenza scientifica. Potrebbe succedere così come non potrebbe. Sicuramente non possiamo saperlo in anticipo. Le faccio una domanda: se scoppia un focolaio di Coronavirus in un lager libico cosa succederebbe? Che morirebbero tutti. In Italia è diverso e possiamo, ammesso che ve ne sia bisogno, attuare delle azioni che siano di garanzia per tutti.

CI FACCIA UN ESEMPIO PRATICO DI CONTENIMENTO DI EVENTUALI INFEZIONI

Sbarcano i migranti e li facciamo appoggiare in delle strutture apposite, ma sulla terraferma. Ci sono decine di B&B e hotel che possono fornire questo servizio, che costerebbe meno dell’affitto di una grossa nave. Una volta sulla terra ferma i migranti saranno visitati e se è il caso tamponati, per alcune ore saranno studiate le loro condizioni di salute e lo stato di eventuale infezione. Mi creda, abbiamo gli strumenti e le competenze per accogliere ed evitare che l’accoglienza si trasformi in eventuale focolaio di contagio. Lo dico oggi che siamo di fronte all’emergenza Covid 19 e lo dicevo anche quando si era diffusa l’erronea credenza che i migranti portassero l’Aids e la tubercolosi. Riflettiamo: la gente non si lascia morire in mare, a meno che non vogliamo che i nostri figli e i nostri nipoti, domani, studino sui libri di storia che noi stiamo stati complici di un grave crimine contro l’umanità.

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Maristella Panepinto

Sono Maristella, mamma, moglie e giornalista professionista. Da piccola volevo diventare Jo March di Piccole donne. Lavoro nel mondo del giornalismo da quando avevo 18 anni.

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