Se scorrendo il vocabolario ci si ferma alla voce “poliedrico/a”, in quanto aggettivo legato ad una personalità, la definizione che si legge è la seguente: “che presenta molteplici aspetti, tutti degni di considerazione”.
Melania Nuara è la sintesi della poliedricità,
Parlare con lei vuol dire entrare in un mondo ricco di musica, arte, didattica, scrittura, psicologia che ha come filo conduttore il desiderio di coltivare il bello e, soprattutto, di comunicarlo.
Impresa spesso ardua, che talvolta si fa fatica a comprendere sia perché si tende a non dare il giusto valore a tutto ciò che riguarda la professione dell’arte -in ogni sua forma- sia perché quando si cerca di comunicare in modo alternativo le barriere da abbattere non sono poche, in particolare nei territori del nostro Sud.
Tuttavia, quando la caparbietà si sposa alla poliedricità, il risultato professionale sarà sempre efficace e la soddisfazione personale si vestirà di una luce rinnovata.
Melania, agrigentina di nascita e locrese d’adozione, ha una formazione ampia ed eclettica: Laurea in DAMS con lode, Laurea in pianoforte, specializzazione in musica da camera e, infine, in musicoterapia presso la scuola quadriennale umbra, un vero e proprio percorso che lei stessa definisce “personale prima che lavorativo”. Arricchito da una vasta esperienza che spazia dai laboratori ai concerti e che abbraccia anche la scrittura con la pubblicazione di tre libri per bambini e ragazzi, in cui la musica e l’arte sono il linguaggio preferenziale: “La vera storia inventata di Beethoven”, “Mozart e la ricerca della felicità” (ed. Rueballu) e “Cloe e Chagall il Mangiasogni” (ed. Bertoni).
Chi è Melania Nuara?
Un po’ di tutto e un po’ di niente.
Lo studio della musica fin da bambina con la sua fatica mi ha insegnato la disciplina, lo spirito performativo, il bisogno di bellezza. Sono molto grata alla mia formazione e alle mie esperienze professionali, ma non è stata sempre facile, specie nella realtà della locride dove mi sono trasferita dodici anni fa e dove sono nate le mie due figlie. Mi piace scherzare sulla mia emigrazione verso un Nord atipico, ma mi sento forgiata dalle difficoltà di questa terra.
Quali sono il musicista, l’ artista e il libro del cuore?
Decisamente romantica, per i musicisti non ho dubbi: Beethoven e Schumann, non a caso il mio primo libro è stato su Beethoven.
Artista preferito, su tutti, Klimt, ma anche la pittura espressionista: colore puro e matericità è ciò che mi attrae.
Per quanto riguarda il libro, la scelta è ardua. Dico sempre che “leggo per dimenticare” nel senso che se non vedessi i libri sparsi per casa, molti non saprei neanche di averli letti, ma Pennac non è uno che si dimentica: “La lunga notte del dottor Galvan” mi fa sempre molto ridere, mi identifico nel personaggio che passa da un reparto ad un altro, in fondo quanti oggi non sono ossessionati da questa pretesa di poter controllare e prevedere il benessere del proprio corpo?
Da dove nasce il desiderio di scrivere libri per bambini?
La scrittura dei miei libri nasce da una convinzione profonda che è anche un sogno: coltivare la bellezza per salvare il mondo, Dostoevskij aveva ragione! Me lo conferma la mia esperienza di lavoro con adolescenti “a rischio” anestetizzati da ogni forma di bruttezza.
Un bambino in cui abbiamo instillato la necessità della bellezza difficilmente sarà un adulto insensibile all’ambiente, alle buone relazioni e a tutto ciò che lo circonda. In un mondo in cui il concetto di bellezza viene travisato nel culto dell’apparenza e di mode dettate da interessi economici, la vera bellezza-armonia la riconosciamo perché ci tocca l’anima, prerogativa della natura e delle grandi opere d’arte. La scelta di Mozart, Beethoven e Chagall per i miei libri è dettata dalle loro storie grandiose, come quella di Beethoven che trasforma il dramma della sordità in un miracolo inspiegabile di creatività musicale, dalla genialità senza tempo di Mozart e dalla pittura intensa e fantastica del mondo di Chagall, che è anche un messaggio di umanità al di là di ogni credo religioso.
L’importanza e la forza della musicoterapia?
La musicoterapia è una disciplina così ampia ed equivocata che è difficile spiegarla in breve.
Il fatto che questa professione non sia regolamentata, a differenza di quanto avviene in molti paesi europei dove ha formazione e riconoscimento sanitario, ha fatto sì che ci sia un proliferare di idee e pratiche che vanno da approcci più scientifici, di matrice psicofisiologica, ad altri decisamente più new age. Nella musicoterapia il suono, in senso ampio (pensiamo ad esempio nelle disabilità gravissime ai vocalizzi, le urla, i silenzi e tutti i parametri non verbali) diventano mezzo di comunicazione emotiva. La psicologia ci insegna che l’espressione delle proprie emozioni (verbale o simbolica non fa differenza!) è alla base dei processi di regolazione emotiva e quindi fondamento del benessere e dell’integrazione psicofisica dell’individuo. Questo è tanto più vero quando disturbi come l’autismo o deficit cognitivi interferiscono con i normali processi di regolazione emotiva. Far musica con una persona con disabilità non vuol dire fare musicoterapia! Il musicoterapista deve avere consapevolezza dei processi che stanno avvenendo nel setting e orientarli. A chi vuole fare questa professione dico di non pensare che basti un corsetto. Anche se il percorso formativo in Italia non è regolamentato bisogna tenere presente che si ha a che fare con persone fragili e quindi studiare sempre, farsi affiancare da figure sanitarie di supervisione e lavorare sul proprio equilibrio come in tutte le professioni che implicano una relazione d’aiuto.
Buon lavoro Melania, abbiamo bisogno di professionalità poliedriche come la tu