Si è appena conclusa la giornata dedicata alle mamme, al loro ruolo in famiglia e nella società. Pensando a tutte le mamme lavoratrici, oggi la maggior parte, voglio parlarvi dei cosiddetti congedi parentali, regolamentati dal Dlgs (decreto legislativo) 151/2001 (il testo unico dei diritti a sostegno della genitorialità dei lavoratori).
Il congedo parentale
è un periodo di astensione dal lavoro successivo e diverso dal periodo di maternità obbligatoria.
Mentre il periodo di maternità obbligatoria
prevede l’assenza obbligatoria dal lavoro per la lavoratrice, durante la sua gravidanza ed i primi mesi di vita del bambino per un totale di 5 mesi, i congedi parentali sono periodi di astensione facoltativa dal lavoro che consentono alle mamme (ma anche ai papà) di beneficiarne per l’assistenza e l’educazione dei figli.
La madre può fruire del congedo parentale per massimo 6 mesi dopo l’astensione obbligatoria, e fino ai 12 anni di età del bambino.
Il congedo parentale può essere fruito anche in maniera frazionata, su base giornaliera o su base oraria, secondo quanto previsto dal CCNL di riferimento.
Tempi di preavviso
Rispetto ai tempi del preavviso, il genitore richiedente è tenuto ad avvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri previsti dai contratti di lavoro e comunque, con un termine non inferiore a 5 giorni in caso di richiesta di congedo parentale mensile o giornaliero, e non inferiore a 2 giorni (48 ore) in caso di congedo orario.
Come cambia la retribuzione?
Durante la fruizione del congedo parentale, le lavoratrici vedono notevolmente ridimensionata la retribuzione percepita: fino ai sei anni di età del bambino e per massimo sei mesi complessivi durante il congedo si percepisce il 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata prendendo come riferimento l’ultimo mese lavorato.
Dai sei agli otto anni di età del bambino ai genitori che godano del congedo spetta sempre il 30% della retribuzione, ma solo quando il reddito è molto basso (reddito inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione). Infine, dagli otto ai dodici anni di età del bambino non è previsto alcun indennizzo.
Congedo parentale genitori adottivi
Per i lavoratori dipendenti che siano genitori adottivi o affidatari, invece, il beneficio del congedo parentale può essere utilizzato entro i primi dodici anni di arrivo del minore in famiglia, in ogni caso non oltre il compimento della maggiore età dello stesso.
Per quanto riguarda gli aspetti retributivi, i genitori adottivi o affidatari che godano dei permessi parentali usufruiscono di un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, sempre calcolata considerando la retribuzione del mese precedente la fruizione del congedo e pertanto, entro i sei anni dall’ingresso del minore in famiglia, essa spetta indipendentemente dal reddito ma per un periodo massimo complessivo di sei mesi.
Dai sei agli otto anni dall’ingresso del minore in famiglia, invece, essa spetta solo se il reddito individuale del genitore che intenda fruire del congedo non superi di due volte e mezzo l’importo annuo del trattamento minimo di pensione.
Dagli otto ai dodici anni, infine, non è previsto alcun indennizzo.
Recenti novità
La riforma dei contratti nell’ambito del Jobs Act ha introdotto l’alternativa del part-time invece del congedo parentale: entrambi i genitori possono ad esempio chiedere al posto del congedo parentale in modalità oraria (oppure mensile o giornaliero) la trasformazione temporanea del contratto di lavoro in part-time, ossia a tempo parziale. Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, e per il periodo corrispondente al congedo parentale la trasformazione del rapporto da tempo pieno a part-time in luogo del congedo parentale, purchè con una riduzione d’orario non superiore al 50%. In questo caso però la riduzione d’orario per la trasformazione del rapporto di lavoro ovviamente non è retribuita mentre il congedo usufruito in qualsiasi modalità è indennizzato al 30% della retribuzione, quantomeno fino ai 6 anni di vita del figlio.
Se ci sono figli disabili
La legge prevede che la madre o, in alternativa, il padre, lavoratori dipendenti e genitori, anche adottivi o affidatari, di figli minori di 12 anni di età in situazione di grave disabilità anche se non conviventi, hanno diritto al prolungamento del congedo parentale (una astensione facoltativa dal lavoro, ulteriore rispetto al congedo parentale ordinario), fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi del “normale” congedo parentale, non superiore a tre anni.
Per esempio, se i genitori hanno usufruito di 10 mesi cumulativamente di congedo parentale, potranno utilizzare, entro i 12 anni del figlio, ulteriori 26 mesi.
I giorni fruiti fino al dodicesimo anno di vita del bambino – o fino al dodicesimo anno dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento – a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale danno diritto per tutto il periodo alla indennità economica pari al 30% della retribuzione.
Una risposta
Buon giorno Carmen, mia sorella che è medico e ha un rapporto di lavoro con una ASUR delle marche disciplinato dall’ACN per gli specialisti ambulatoriali interni, si è vista rifiutare il congedo parentale a seguito dell’adozione di un bimba ungherese di 7 anni. L’azienda sostiene che non ne abbia diritto perché l’ACN non lo prevede anche se la normativa nazionale vigentei estende il diritto alla fruizione oltre i 6 anni di età del bimbo al momento di ingresso in famiglia in caso di adozioni internazionali. Mia sorella sta vivendo un momento di vita abbatsanza complicato e non riesce a trovare qualcuno che la supporti per vedersi riconosciuto questo diritto. La ringrazio anticipatamente del suo supporto. Claudia