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Mamma, mi spieghi cos’è la guerra?

Le domande di tuo figlio, sei anni, che arrivano come una lama in un tranquillo pomeriggio d’autunno

Niccolò ha iniziato la Prima Elementare da un mesetto e avevo dimenticato, forse rimosso, quanto fosse impegnativo per un bambino entrare nelle dinamiche della “scuola dei grandi”, pur avendo avuto già esperienza con la mia primogenita.
Il risveglio la mattina presto, molto presto; le cinque ore scolastiche seduti, composti e attenti; i compiti, seppur pochi, ma da svolgere nuovamente seduti, composti e attenti.
Inutile girarci attorno, questo passaggio è faticoso sia per Niccolò che deve confrontarsi con dei ritmi completamente diversi sia per me che devo mantenere salda la pazienza, rispettare i suoi tempi e aiutarlo ad evolverli diversamente.

I compiti del lunedì

É lunedì e si sa, voglia di studiare saltami addosso!
Dopo pranzo, Anna, ormai in quinta e ormai rodata, prende il suo zaino e si ritira nello studio a svolgere i suoi compiti. Niccolò, invece, si fa quasi implorare finché, stremato dal mio ripetuto invito a fare i compiti, si avvia incontro al suo dovere strisciando lo zaino e sbuffando.
“Mamma, però ti siedi vicino a me?”
“Certo Niccolò, che compiti hai?”
“Italiano, devo ricopiare le paroline con le sillabe VA, VE, VI, VO, VU… uffffff!”
“Ok, dai sono paroline che conosci già e che sai anche scrivere.”
“Sì, ma sono almeno cento!”
Non sono neanche venti, ma questo Niccolò non lo sa, lui vede solo la fatica insormontabile di rimettersi seduto ancora una volta .
Mi siedo vicino a lui, accendo il mio tablet per far finta di leggere il quotidiano che non avevo fatto in tempo a sfogliare la mattina, con l’atteggiamento di chi monitora il proprio figlio alle prese con i compiti cercando, contestualmente, di non farsi notare.
Sfinito ancor prima di iniziare, quasi sdraiato sul tavolo con la mano sinistra che sostiene il mento e con la destra che impugna malvolentieri la matita, Niccolò inizia a scrivere:
“Ufff… VA-LE, VE-LO, VI…”
Alza la testa dal quaderno, sicuramente alla ricerca di una distrazione.

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Cos’è una bomba?

“Mamma, ma perché in quella foto c’è un incendio?”
“Eh, quale incendio?”
“L’incendio sul giornale! Vedi, c’è una casa che va a fuoco?”
Ancora ferma sulla prima pagina del giornale, a cui non avevo rivolto la mia attenzione, mi accorgo che campeggia una grande foto del confine turco-siriano in fiamme.
Il mio primo pensiero è quello di dare una risposta veloce, di inventarmi qualcosa che lo riporti istantaneamente alla terza parolina che non ha finito di ricopiare:
“Ma no Niccolò è un…”
“BOM-BE. C’è scritto bombe, è una bomba mamma”.
Quasi dimenticavo, Niccolò inizia a leggere e anche a capire quello che legge. E io adesso come gliela spiego la guerra? Non è il momento, deve ritornare alla parolina che inizia con VI..
“Sì Niccolò è un incendio dovuto ad una bomba e…”
Cerco di terminare la frase, ma lui mi anticipa.
“…e quindi c’è una guerra? A Termoli c’è una guerra mamma? A scuola ci hanno fatto fare la prova di ‘acquazzone’ per gli incendi!”
“No Niccolò, non c’è nessuna guerra qui a Termoli e non dobbiamo fare nessuna prova di evacuazione. La guerra è in un paese che si chiama Siria e la foto è stata scattata lì purtroppo.”
“Questa Siria è lontana da noi?”
“Beh si parla un’altra lingua, sembra lontana ma non è lontana. Le persone che fuggono dalle bombe cercano riparo qui da noi proprio perché non siamo lontanissimi. Pensa che molti arrivano in Sicilia”.

Beati loro che vanno dai nonni

“Beati loro, così vanno a casa dei nonni!”
Sorrido, per lui la Sicilia, la casa dei nonni ad Agrigento, è una sorta di Disneyland in miniatura.
“Non vanno a casa dei nonni Niccolò, diciamo che il mare è lo stesso, ma hanno bisogno di tante coperte, tanti vestiti, medicine, cibo e i nonni non hanno così tante cose per tutti. Vedi Niccolò, quando si scappa da una città in guerra, non hai il tempo di fare le valigie e…”
“… e quindi i bimbi non possono portare i loro pupazzetti?”
Mi si stringe il cuore, abbasso lo sguardo verso il monitor del tablet che intanto si è spento. Niccolò ha un legame speciale con un peluche che porta sempre con sé quando viaggiamo, e so che quella domanda rimanda al suo inseparabile peluche.
Mentre rispondo non ho il coraggio di guardarlo negli occhi:
“No Niccolò, i bambini scappano come gli adulti, ma se non fanno in tempo a prendere i loro peluche preferiti, quando arrivano in Italia, sicuramente gliene regalano di nuovi che potranno portare con loro, nella loro nuova casa”.

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Le verità che non si riescono a dire

Rialzo lo sguardo dal monitor, mi rendo conto che ho addolcito la pillola alla mia coscienza, perché io so che è già da considerare un miracolo non perdere la vita in mare.
Ma questa verità non riesco a dirla, neanche a me stessa.
Incrocio lo sguardo di Niccolò, lui mi guarda con occhi indagatori e silenziosi, si mette dritto, toglie la mano sinistra dal mento e la poggia sul tavolo, con la destra impugna vigorosamente la matita e continua a scrivere:
“VI-TA, VO-LO, VE-LA, VI-TE, VI… Ma io non capisco, perché c’è la guerra mamma?”
“Perché esistono adulti cattivi che vogliono arricchirsi con qualcosa che hanno gli altri.”
“Come Lunetta che fa i dispetti ai PJ Mask?”
“Sì, qualcosa di simile..”
“E come si fa a non diventare cattivi?”
Già come si fa, me lo domando spesso anche io. Lo scruto, mi guardo intorno, cerco una risposta che lui possa capire adesso, nell’immediato. La sua matita é puntata sul quaderno, i suoi occhi su di me.
“Con la matita che hai in mano Niccolò, studiando, facendo i compiti. So che adesso è faticoso per te, che vorresti stare davanti la tv, magari giocare con le macchinine, però andare a scuola ti aiuterà a pensare, a ragionare, a capire che il mondo non é dei cattivoni, ma delle persone che usano il loro studio e la loro intelligenza per vivere meglio, di sicuro non per lanciarsi le bombe.”
Niccolò mi guarda, si sistema sulla sedia, cerca di darsi un tono fiero, con la schiena dritta e lo sguardo concentrato.
La sua matita continua a scrivere, adesso in modo più fluido, senza farsi pregare troppo: “VI-TI, VA-SO, VI-NO, VE-LI…”
Cancella e corregge le letterine scritte un pò storte o che cercano di straripare dal rigo.
In pochi istanti termina il suo compito.
“Bravo amore, vedi? Non era poi così difficile.”
“Ho studiato mamma, perché le bombe mi fanno schifo.”
Scende dalla sedia di corsa, la matita rotola a terra, tra i resti delle cancellature della gomma. Sul tavolo campeggia una distesa disordinata di materiale scolastico.
Ma io non chiedo a Niccolò di riporre tutto in ordine nello zaino. Questa volta lo farò io per lui.
Perché lui è corso in cameretta verso il suo amato peluche.
Io rinuncio a leggere il giornale e lo spio mentre sussurra qualcosa al suo pupazzetto. Chissà, forse gli sta dicendo che le bombe fanno schifo.

2 risposte

  1. Sei stata bravissima. Non è facile spiegare le atrocità del mondo ai nostri bambini, ma è giusto spiegarle con parole semplici. Ci sono bambini della loro età che lottano per sopravvivere e scappano dalle loro case per non morire. Un’amara assurdità

    1. Grazie! E anche se per noi adulti non é facile dare certe risposte, dovremmo cercare di non sfuggire a certe domande difficili..

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