Federica, Riccardo e il sogno della loro vita: la loro bambina. Un sogno espresso da anni, da quando, nel 2009 facevano coppia fissa a Bolzano Vicentino, un comune in provincia di Vicenza. Nel 2012 il matrimonio e da lì la loro vita da coppia ineccepibile, così raccontano in tanti in paese. Lei impiegata in uno studio di commercialisti, cattolica praticante, volontaria nella parrocchia dove partecipava puntuale alle funzioni religiose insieme al marito. Negli ultimi nove mesi, proprio in chiesa, sfoggiava felice il pancione tanto desiderato, chiamando la piccina “il dono di Dio”. Non era mistero di quanto quella piccina fosse stata desiderata dalla mamma quasi quarantatreenne. Federica, già a inizio gravidanza, aveva aperto un profilo Pinterest in cui raccontava appassionata la nuova avventura. La casa era stata preparata con dovizia: addobbi e fiocchi erano già appesi su porte e finestre. Uno specchio di perfetta felicità, che è quella di molte coppie quando realizzano il sogno della genitorialità. Qualcosa però non ha funzionato e quello specchio, che doveva riflettere una famiglia felice, è stato mandato bruscamente in frantumi. È domenica, Federica ha partorito da pochi giorni ed è da poco tornata a casa dall’ospedale. Prova ad allattare la bimba, pare con qualche difficoltà. A un certo punto sarebbe scattata la rabbia. “L’ammazzo e mi ammazzo” avrebbe urlato. Quindi la bimba sarebbe prima stata scaraventata per terra e subito dopo contro il muro. Papà Riccardo si era allontanato per chiudere le imposte. Due colpi forti e le urla della moglie lo hanno fatto balzare nella stanza della tragedia. Federica corre in bagno e tenta di sgozzarsi. Il marito la salva. Per lei solo una ferita al collo. La piccola, invece, morirà qualche ora più tardi nel reparto di Rianimazione dell’ospedale San Bortolo di Vicenza, dove qualche giorno prima era nata. Anche Federica è ricoverata nello stesso ospedale, nel reparto di Psichiatria, dove è tallonata. Il primario, dottore Alessandro Danieli, parla di complicazioni di una forte depressione post partum, probabile che la donna, in quei terribili attimi, fosse incapace di intendere e di volere. Sebbene Federica, stando a quanto dichiarato da lei stessa ai sanitari, fosse circondata dagli affetti familiari più importanti, non avrebbe retto lo stress post partum. Sempre Federica, che non si dà pace, avrebbe detto di ricordare ogni cosa, di aver agito a seguito di una fortissima stanchezza fisica ed emotiva. Una storia, che si aggiunge a molte altre. In Italia il numero di mamme che uccidono i loro figli è in aumento. Bimbi vittime di madri che tanto li avevano desiderati. Un episodio simile è successo a Roma nel dicembre scorso, quando una neo-mamma molisana si è lanciata nel Tevere insieme alle sue gemelline neonate. Anche in quel caso una gravidanza fortemente desiderata ed esitata in tragedia allorquando il sogno pareva definitivamente realizzato. Di questo tema abbiamo più volte parlato con la psicologa Valeria Augello, che è un’esperta di dinamiche materne e di coppia durante gravidanze difficili e depressione post partum.
Perché una madre uccide il proprio figlio?
Cio’ che scatta nella mente di una mamma é il risultato di un lungo malessere psicologico. Nulla avviene all’improvviso e senza preavviso alcuno. Anzi, spesso i segni di un comportamento disfunzionale sono presenti da molto tempo, possibilmente vengono anche osservati ma sempre sottovaluti.
La depressione post partum può prolungarsi per anni?
La depressione post partum, qualora non venga trattata in tempo, puo’ prolungarsi anche oltre l’anno di vita del piccolo. Difficile, comunque, contenerla a lungo, in quanto, prima o poi, il malessere tende ad esprimersi liberamente.
Come si evitano certe tragedie?
Sottolineo sempre l’importanza del contesto ambientale e familiare. Quando si possiede una rete valida su cui fare affidamento é difficile arrivare a gesti tanto forti. Se abbiamo qualcuno che, emotivamente, ci sorregge, la rabbia e la tristezza non orienteranno in maniera esclusiva il nostro comportamento. Non accadrà mai. Il sostegno di una rete familiare eviterà che il tono dell’umore oscillante, la vulnerabilita’ allo stress, la presenza di reazioni esagerate o l’assenza di emotivita’, aggressivita’ o assertivita’ spoporzionata, insonnia, agitazione, insofferenza ed insoddisfazione prendano il sopravvento. Si tratta di arginare tutto cio che organizza i nostri pensieri in maniera disfunzionale. Ovviamente quanto successo rimane per fortuna un caso limite.
Colpa della solitudine (interiore)?
La solitudine e l’assenza di supporto emotivo, mantengono ed agevolano pensieri, emozioni e comportamenti drammatici, ma l’aspetto ancora piu’ struggente é che ci rendono inconsapevoli di tutto cio’.