Una giovane madre, a Palermo, tenta di avvelenare il figlio preparandogli una minestrina letale. È successo nei giorni scorsi. La donna, di origini srilankesi, avrebbe architettato l’avvelenamento del piccolo di un anno, servendosi dei semi di oleandro che, se ingeriti in ampie dosi, possono essere letali. Una volta visto il piccolo privo di conoscenza, la donna avrebbe deciso di fare la stessa fine, ingerendo i pericolosi semini. Ad accorgersi dell’accaduto la nonna del piccolo che ha chiamato i soccorsi. Trasportati in ospedale, mamma e figlio sono stati curati con il rimedio al veleno, fatto arrivare dall’ospedale Giglio di Cefalù. Il piccolo si trova in rianimazione all’ospedale dei Bambini di Palermo. Con lui anche il fratellino più grande, che non avrebbe mangiato la minestra, ma che per precauzione, è stato ricoverato. La donna, interrogata dagli inquirenti, ha ammesso il gesto, giustificandolo perché arrivato al culmine di una cruenta lite con il marito. Si sarebbe trattato di un tentativo di omicidio suicidio. Abbiamo chiesto alla nostra esperta, la psicologa Valeria Aurelio, cosa possa spingere una madre a un’azione tanto tragica.
Perché una madre vuole uccidere il figlio?
Cio’ che scatta nella mente di una mamma é il risultato di un lungo malessere psicologico. Nulla avviene all’improvviso e senza preavviso alcuno. Anzi, spesso i segni di un comportamento disfunzionale sono presenti da molto tempo, possibilmente vengono anche osservati ma sempre sottovaluti.
Come si inquadra la lite con un familiare?
La lite funge da pretesto. Legittima la rabbia ad esprimersi in tutta la sua forza devastante. Ciò che risulta alterato, in questi casi, é il corretto processamento dei dati di realta’, che porta ad un disequilibrio tra cognizione ed emozione, che indirizza il comportamento verso forme estreme.
La depressione post partum può prolungarsi per anni?
La depressione post partum, qualora non venga trattata in tempo, puo’ prolungarsi anche oltre l’anno di vita del piccolo. Difficile, comunque, contenerla a lungo, in quanto, prima o poi, il malessere tende ad esprimersi liberamente.
Come si evitano certe tragedie?
Sottolineo sempre l’importanza del contesto ambientale e familiare. Quando si possiede una rete valida su cui fare affidamento é difficile arrivare a gesti tanto forti. Se abbiamo qualcuno che, emotivamente, ci sorregge, la rabbia e la tristezza non orienteranno in maniera esclusiva il nostro comportamento. Non accadrà mai. Il sostegno di una rete familiare eviterà che il tono dell’umore oscillante, la vulnerabilita’ allo stress, la presenza di reazioni esagerate o l’assenza di emotivita’, aggressivita’ o assertivita’ spoporzionata, insonnia, agitazione, insofferenza ed insoddisfazione prendano il sopravvento. Si tratta di arginare tutto cio che organizza i nostri pensieri in maniera disfunzionale. Ovviamente quanto successo a Palermo rimane per fortuna un caso limite.
Colpa della solitudine (interiore)?
La solitudine e l’assenza di supporto emotivo, mantengono ed agevolano pensieri, emozioni e comportamenti drammatici, ma l’aspetto ancora piu’ struggente é che ci rendono inconsapevoli di tutto cio’.