Dal 25 maggio hanno riaperto le palestre. Un comparto che soffre quanto e forse più degli altri la crisi economica da Coronavirus, perché, se già il distanziamento sociale è difficile a varie latitudini, quando si parla di sport la cosa si fa ancora più complessa. A tal proposito vi raccontiamo del centro sportivo Aikya di Palermo. Una realtà consolidata da anni nel capoluogo siciliano, capitanata da una coppia, di vita e di sport, Gianpaolo Calajò e Anita Madsen, entrambi campionissimi di Kick Boxing a livello internazionale. Gianpaolo e Anita hanno scelto di coniugare nella realtà palermitana due backgroung, quello italiano e quello norvegese. Il risultato è stato un centro dove lo sport si lega anche a una filosofia di vita: l’empatia, i momenti da condividere prima e dopo l’allenamento in uno spazio in cui si può leggere un libro, bere una tisana d’inverno o una bibita fresca in estate. Punto cruciale di Aikya è anche lo spazio dedicato ai bambini, oltre cinquecento iscritti all’associazione e suddivisi per fasce d’età e di disciplina, a cominciare dai piccolissimi, dai due anni in poi, alle prese con il gioco sport. E da lì vogliamo partire per iniziare la storia di Aikya. Un corso gettonatissimo, quello Be Kids, dove gli istruttori insegnano il contatto, le regole del gioco, quelle della vittoria e in contraltare della sconfitta e della penalty, con un’autorevolezza delicata, ma sicuramente efficace. Il successo si evince dai corsi sempre pieni, dalla lunga lista d’attesa e dall’empatia che si crea tra i piccoli e il team. Oggi però le cose sono cambiate.
Giampaolo Calajò, nella fase due come vi state comportando con i piccolissimi?
Abbiamo dovuto ahinoi interrompere, temporaneamente, i corsi dedicati ai piccolissimi. Era inevitabile. Una caratteristica del nostro corso di giocomotricità è proprio il contatto tra i piccoli (tra di loro) e con noi istruttori. Abbiamo sempre curato alla lettera le norme igieniche della palestra. Il distanziamento previsto dal decreto, però, non ci consente di riprendere questo tipo di attività perché la felicità dei bimbi sta proprio nel contatto, nell’insegnare loro ad avere un approccio fisico costruttivo, trasformando gli scontri in regole, instaurando nel contact un’armonia del singolo e del gruppo. Imporre a bimbi piccoli il distanziamento, loro che cercano naturalmente il contatto, sarebbe una violenza. Quindi no, preferiamo al momento fermarci e aspettare tempi migliori.
Per il resto, quale il vostro trend?
É un momento difficile. Pensi che noi abbiamo circa 800 iscritti e in questo momento il numero dei frequentanti la palestra si è abbattuto di almeno il 70%. Allenarsi a due metri di distanza gli uni dagli altri non è facile. Soprattutto quando si tratta di arti marziali. Quindi alcuni seguitano a venire in palestra, accontentandosi di curare la parte tecnica dell’allenamento, evitando però di entrare nel vivo del kit boxing. É comunque un allenamento a metà.
Quali regole state osservando?
Distanziamento di due metri all’interno dei luoghi di allenamento e in spogliatoio, autocertificazione all’iscrizione, misurazione della febbre, divieto di lasciare effetti personale in giro per la palestra, scarpe solo all’ingresso, sanificazione tra una lezione e l’altra. Abbiamo anche realizzato una app, insieme ad altre palestre della città, si chiama Palestre, così da garantire la tracciabilità di chi frequenta, occorrenza garantita anche tramite i nostri registri tradizionali. Una maniera del tutto nuova di vivere l’esperienza sportiva nel nostro centro.
Pensa che siano norme troppe rigide?
Rispetto le regole, che vogliono tutelare la salute collettiva. Penso però che, in regioni come la Sicilia, dove l’incidenza dell’epidemia è stata bassa, occorrerebbe rimaneggiare le norme. Se il boom di contagi si fosse verificato al sud, il nord avrebbe patito questa crisi senza pari? Non credo.
la gente ha paura di tornare in palestra?
Può darsi. Sono tanti i fattori che concorrono allo svuotamento delle palestre. Il timore, ingenerato anche da tanto bombardamento mediatico, il periodo quasi estivo non proprio propizio per riprendere le attività sportive ed anche le norme di cui abbiamo già parlato. La speranza è che si possa superare questo scoglio, incentivati anche dall’abbattimento dei contagi.
Voi siete una fucina per il kiCk boxing mondiale. Avete sfornato tantissimi campioni, come procede adesso?
Le competizioni internazionali e nazionali sono ferme fino a nuovo ordine. I nostri atleti seguitano ad allenarsi. Attendiamo anche su questo fronte tempi migliori.
Un comparto fermo su più fronti. Quanto si potrà reggere?
Per ora lavoriamo solo per non arrenderci. La situazione è serissima e se non si torna a regime nel giro di pochi mesi, si rischia di chiudere. Abbiamo dovuto rimaneggiare l’organico, siamo quasi a totale conduzione familiare. Avevamo diversi istruttori, che, purtroppo e a malincuore, abbiamo dovuto mandare a casa. Avevamo investito tanto nel nostro nuovo centro di via Siracusa, aperto a settembre scorso e la fatalità ha voluto che il blocco avvenisse a pochi mesi dall’apertura. É un momento critico. Abbiamo sempre avuto uno spirito combattivo e speranzoso, ma ad oggi possiamo solo navigare a vista.
Quali progetti avete per il futuro?
Progetti ve ne sono tanti, ma se prosegue questo momento non so fino a che punto se ne possa anche solo parlare. Sicuramente abbiamo dei desideri: su tutto, tornare ad accogliere i nostri iscritti più piccini. In tanti di loro, con il tramite dei genitori, ci scrivono e telefonano. Raccontano di sentire la nostra mancanza e questo ci riempie il cuore. Puntiamo da sempre all’educazione allo sport sin dalla primissima infanzia e lo facciamo sforzandoci di avvicinarci ai piccoli nella maniera più naturale, sfruttando un contatto sereno, sincero, cauto. Loro, i nostri piccolissimi, ci mancano tanto e speriamo di poter tornare presto ad accoglierli e l’augurio è che questo si verifichi a settembre, in un clima di serenità, come da noi si è sempre respirato.
Grazie Gianpaolo e ad maiora!