Finché non sei mamma non puoi neppure immaginarle certe dinamiche da madri. Meravigliarsi? Quasi un peccato mortale. Perché, se è vero che la maternità soavizza lo spirito, illumina lo sguardo, ringiovanisce, una a una, le cellule, è anche vero che il diventare madri può farti precipitare, anche solo per una volta, in uno dei gironi dell’inferno. Quale? Il più comune è sicuramente quello dell’invidia.
Il girone dell’invidia
Datemi pure della presuntuosa, ma penso di aver capito cosa sia successo ieri alla recita della scuola di Gela. Quel brutto demone, che è appunto l’invidia (vizietto che, mano sulla coscienza, abbiamo lambito tutte- cosa più, cosa meno), si sarà installato prepotente negli animi buoni di quelle due indifese mamme (povere loro). Me le immagino. Alla fine volevano solo assistere alla recita di Natale dei loro pargoli e volevano farlo da un osservatorio privilegiato. Peccato che, una parola tu ed una io, l’accordo su quel fantomatico posto in prima fila non è stato raggiunto. E che vuoi fare? Azzuffarsi è il minimo. Suvvia. Vi lascio immaginare gli ingredienti principali della storia. Quell’istinto da “the Queen” che è nel dna di quasi tutto il gentil sesso. Misceliamolo con l’intramontabile massima: a me i piedi in faccia non li mette nessuno, men che meno tu mamma di un pargolo, che ha pure un ruolo da comprimario. Aggiungiamo poi l’elemento essenziale: quell’aspettativa simbolica che si riversa sui propri figli. Che siano i più belli e se così non fosse che siano i più bravi i più creativi i più educati i cocchi delle maestre i più sorridenti i più generosi i più abili a lavorare il didò o a cullare Cicciobello…insomma i più (e non a caso ho evitato la punteggiatura). Un battibecco iniziale, poi le (male) parole che sono come e meglio delle ciliegie, quindi la zuffa, con la chiosa ricamata dal deus ex machina: gli uomini a difesa delle mogli (perchè il tuo si difende sempre. O storto o dritto che sia). E come si suol dire: “finì a schifiu”.
Giusto pochi minuti dopo il fatto, una mia brava e stimata collega, commentava su fb il suo sconcerto. In tante, mamme per lo più, replicavamo, fresche come dei quarti di pollo, che la cosa non ci stupiva più di tanto.
La mamma che non si stupisce
Semplice. Quando diventi mamma e inizi l’avventura della socialità con altre mamme e con altri bimbi, vedi spalancarti davanti una skyline mai vista prima. È una risorsa. Si crea una rete di solidarietà, di amicizie durature, che battono il tempo con le empatie tra i “propri” piccini (perno e motore di tutto l’ambaradan. Perché tu diventerai cara amica della mamma del più caro amico di tuo figlio e ti verrà naturale). Trovi sostegno, comprendi che esiste una famiglia oltre la famiglia e che, a differenza di questa, condivide con te storie di notti insonni, di ruttini falliti, di coppette assorbilatte irritanti, di apprensioni monumentali e di domande amletiche sull’autosvezzamento.
Le chat tra mamme
In parallelo, però, corrono anche certi “legami obbligati”. La chat di classe, quella del corso in libreria ed ancora le “mamme colleghe di pancia”. Si tratta di mega gruppi dove è ovvio non ci si possa stare tutte simpatiche. È lì che scoprì il mondo “indicibile” delle mamme. Non faccio qua riferimenti personali, ma mi riferisco a leggende metropolitane nate, ovviamente, da confronti tra mamme.
Nelle chat di classe si può litigare perché un bimbo di un anno e mezzo ne accusa un altro, nome e cognome (pronunciati come potrebbe un bimbo di un anno e mezzo) di questo o quel cruento fatto.
Driin:
Foto sfuocata di un’imprecisata parte del corpo. Segue messaggio: “Vergogna!!! Guardate un po’ mio figlio oggi che graffio si è beccato e sapete chi è stato? Stanislao Destocovick. Me lo ha detto chiaro chiaro, perchè mio figlio parla meglio di me”. Partono le notifiche solidali, i pareri, le teorie montessoriane o quelle più squisitamente da estetista sul come tagliare le unghia e non farle ricrescere per un mese. Poi, dal nulla, spunta famelica la mamma di Stanislao Destocovick. Ignora pareri e commenti e, al pari di una fiera dantesca, giura e promette che il giorno dopo aspetterà fuori dall’asilo la madre rivale per completare l’opera del piccolo Stani.
Driin 2: regalo di Natale alle maestre.
Pazienza. Ci vorrà un mese e mezzo prima che si raggiunga l’accordo e di mezzo ci saranno improperi, recriminazioni, accuse di frode e di conflitto di interesse (“Vuoi comprare il regalo da Tezenis perché ci lavora la cognata di tua cognata? Mi dispiace, non si può”. Ed ancora: “In luogo di 5 euro non possiamo metterne 4 e 80 e i venti centesimi a testa rimanenti li usiamo per fondo cassa e ci organizziamo un piccolo buffet?”).
Liti di chat
A ogni controversia seguirà:
Maria Guendalina e Philomena hanno abbandonato il gruppo. Mamme davanti scuola che, pur di non salutarsi tra loro, salutano gli uccellini sui rami dei cipressi. Si dice anche di una mamma aggredita con ferocia (per fortuna solo verbale) perché aveva condiviso nella chat di classe il link di un agriturismo in montagna. Se ne beccò di ogni. Dal diplomatico: “Solo comunicazioni di servizio please”. Al più spartano: “Gran tutta maleducata, ma che ti pare che qua abbiamo tempo per leggere la pubblicità del tuo agriturismo”. Pare anche che la povera malcapitata avesse solo sbagliato destinatario e che, sotto choc per la valanga di rimproveri, abbia definitivamente disinstallato la app.
Che sia tutto vero non è dato saperlo. Il concetto di fondo però è reale. Le mamme siamo le creature “più grandi” del mondo ma ci mettiamo giusto un istante a diventare piccolissime. Quando si dice i misteri della vita.