Ieri in Sicilia il numero maggiore di contagi, ben 58, quando nel resto d’Italia si toccava il picco di morti e ammalati, superando addirittura, stando ai dati dichiarati, la Cina, da dove tutto è partito.
Da stamani sono attive nell’isola ulteriori misure restrittive: di casa si esce solo per effettiva necessità. Niente più corse, passeggiate, giri ripetuti con il cane, supermercati chiusi la domenica. A fare la spesa e in farmacia va solo un componente il nucleo familiare. Il Governatore Musumeci ha anche chiesto, ricevendolo, l’aiuto dei militari dell’esercito, che hanno già attivato i controlli.
In merito alla condizione clinica Covid-19 in Sicilia abbiamo chiesto di fare il punto al dottore Tullio Prestileo, infettivologo palermitano e dirigente medico all’Arnas Civico.
Dottore prestileo, cosa sta succedendo in Sicilia?
Ieri abbiamo avuto una giornata preoccupante, perché il numero dei contagi è cresciuto, secondo peraltro una previsione già fatta. Aspettavamo degli aumenti, anche per via dei noti rientri dal nord. Così è stato. Non parliamo di numeri altamente esponenziali, ma comunque di un aumento della casistica. Ogni dato in avanti deve far alzare l’asticella dell’attenzione, medica e anche sociale.
Quindi, segnali d’allarme in Sicilia?
La situazione negli ospedali al momento è sotto controllo. Stiamo gestendo bene tutti i malati di Covid 19 che hanno necessitato del ricovero, compresi quelli in terapia intensiva, in tutto più di una trentina. L’imperativo deve rimanere uno solo: limitare in maniera assoluta la nostra libertà perché se non lo facciamo oggi rischiamo concretamente di ammalarci di una malattia che può avere conseguenze anche gravissime. Mi preme anche sottolineare che gli ospedali seguitano a garantire le prestazioni urgenti e quelle inderogabili. Nel reparto Malattie Infettive seguitano le terapie per Hiv, tubercolosi, epatite e prosegue anche il servizio riservato ai migranti, anche perché oggi più che mai ‘gli altri siamo noi’.
La Sicilia ha dei centri Covid dedicati?
Assolutamente sì. Uno di questi è l’ospedale Civico dove presto opera e dove sono a disposizioni un centinaio di posti letto dedicati all’emergenza. Giusto stamani sono anche arrivate le bombole di gas medicale a supporto del triage dedicato al Coronavirus. Abbiamo un centro Covid all’ospedale Cervello ed un altro a Partinico. Finora stiamo riuscendo a gestire tutto e bene. Speriamo continui così.
Dottore Prestileo, qualche domanda per chiarire i tanti dubbi sul Coronavirus
L’ibuprofene favorisce il virus?
Ci sono evidenze scientifiche che dicono che l’uso di una gamma di infiammatori potrebbe favorire la progressione della malattia, lo studio però non è ancora solido, cioè non è dichiaratamente condiviso dalla comunità scientifica e non ha una casistica tale da poter essere definito certo. In merito all’uso di farmaci, in caso di sintomi sospetti, vale sempre la regola di rivolgersi subito al medico di famiglia. No al fai da te e non usare, senza previo consulto medico, né antibiotici né antivirali.
Perchè in Italia ci ammaliamo di più che in Cina?
Alcuni studi parlano di una cosiddetta filogenesi, ossia di una storia evolutiva del virus, in cui potrebbe esservi stata un’immersione italiana con maggiore virulenza. Mi spiego meglio: in Italia il virus potrebbe avere avuto una declinazione virale e quindi clinica, più forte che in Cina. Anche in questo caso non parliamo di dati incontrovertibili, quanto di ipotesi, che sono in corso di verifica. Un dato certo è che in Europa, fino a poco più di un mese fa, si mistificava il virus paragonandolo a un’influenza e di fatto ci si è trovati impreparati. In Germania, ad esempio si registravano ‘influenze’ atipiche, più sintomatiche del normale, già da febbraio.
Da solo una settimana a livello europeo stanno iniziando a prendere misure drastiche. Pensarci prima, ci avrebbe aiutato a giocare d’anticipo contro una malattia, che va veloce e non guarda in faccia nessuno.
Lo smartworking non vale per tutti. Chi esce ogni giorno di casa o fa un lavoro a rischio, come deve tutelare se stesso e i familiari?
A lavoro valgono le regole: distanza di un metro e mezzo, uso della mascherina laddove richiesto, perché, ricordiamolo, la mascherina protegge gli altri e non noi stessi. Ovviamente occorrono dei dovuti distinguo: un medico rianimatore va da sè che non può stare a un metro e mezzo di distanza dal paziente, ma avrà altri strumenti per cercare di proteggersi dal contagio.
Lavare spesso le mani e non toccarsi occhi, bocca e naso. Pulire le superfici di scrivania, pc e telefono con un comune detergente. Prima di rientrare a casa: togliere le scarpe, cambiarsi d’abito e fare una doccia. Ovviamente, in questo periodo in casa evitiamo di scambiarci le stoviglie, baciamo i bimbi sulla testa e cerchiamo, per quanto possibile, di essere cauti, soprattutto se avvertiamo anche un solo sintomo influenzale. Prudenza è la parola d’ordine, senza però scadere nell’ossessione.
Il virus sopravvive anche per più di 24 ore su talune superfici. Come facciamo a proteggerci?
Studi confermano la sopravvivenza del virus sulle superifici solide anche per oltre 24 ore. Basterà pulire con un comune detergente e comunque in genere lavarsi spesso le mani, onde evitare che diventino un vettore di contagio, non solo per contatto con le persone, ma anche con le cose.
Gli asintomatici, il nodo chiave del contagio
Assolutamente. In una buona percentuale di popolazione il virus colpisce senza provocare sintomi. Quindi si sta benissimo, non cambiano in alcun modo le proprie condizioni cliniche. Un solo asintomatico, però, può arrivare a contagiare anche dieci persone. Questo è un ulteriore dato a sostegno dell’auto-limitazione. Si deve stare a casa. Dove per casa intendiamo il nucleo familiare. Niente visite a genitori, nonni (in particolare, perché più vulnerabili), amici o vicini. Non facciamo in alcun modo aggregare i bimbi neppure in piccoli gruppi. Va evitato, per dirla alla spicciolata, il caffè con la dirimpettaia, seppure ne conosciamo le abitudini e la storia familiare. Ogni contatto oggi deve essere ridotto all’osso, così da chiudere la partita con il virus. Conteniamoci oggi per non ammalarci domani.
Un positivo asintomatico può contagiare dieci persone sane