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Le fasi del parto

Descriviamo i momenti clou dell'arrivo del bebè

Il parto, come la gravidanza, sono eventi soggettivi. Così dice la saggezza popolare. Per certi versi non si può dare torto al luogo comune. I progressi in campo medico, ostetrico ed anche psicologico, però, consentono oggi di definire alcune delle fasi principali del parto.

Abbiamo partecipato a un corso pre parto, organizzato dalla clinica Candela di Palermo e coordinato dalla psicologa Valeria Augello (collaboratrice della nostra testata). La prima cosa che Valeria ha detto alle future mamme, presentando il corso, è stata: il parto non è un evento indolore.

Gestione del dolore

Dolore è la parola chiave che si associa al verbo partorire. Biblicamente è scritto “partorirai con dolore” ed è giusto non ingenerare l’illusione che esistano parti talmente facili e veloci da passare inosservati. Ribadiamo la soggettività dell’evento, ma il dolore è da tenere in conto. Si deve, piuttosto, capire come imparare a gestirlo, così da allentarlo e da “farselo amico”. Al corso della clinica Candela hanno spiegato l’importanza della respirazione, con appositi e semplici esercizi sulle modalità di inspirazione ed espirazione, l’efficacia dei massaggi alla base della schiena (che nella fase del travaglio possono essere praticati dal partner, dalla mamma o, se possibile, dall’ostetrica). Elemento di novità, il cosiddetto canto carnatico, che, nella fattispecie della clinica in questione, viene insegnato dalla cantante Serena Ganci. Il canto accompagna le contrazioni, ne attenuerebbe il dolore, rilassando e accompagnando il momento clou.

Capire quando è il momento

Le gestanti, specialmente quelle alla prima gravidanza, si domandano: come farò a capire che è arrivato il momento?

Anche in questo caso la risposta non è univoca. I film ci mostrano il fantomatico momento della rottura delle acque, che sgorgano come un fiume in piena, la corsa in ospedale, il tempo di due spinte ed il gioco è fatto. La realtà non coincide con la finzione cinematografica. La rottura delle acque (tecnicamente delle membrane) solo in una percentuale di casi avviene prima dell’avvio del travaglio vero e proprio. In genere, la gestante inizia ad avvertire dei dolori al basso ventre, delle contrazioni irregolari, ma sopportabili. Da quel momento fino al parto potrebbero trascorrere anche 24/48 ora. Anche la perdita del tappo mucoso (muco denso spesso misto a modeste quantità di sangue), può essere una spia. Fermo restando che, dalla perdita del tappo al parto, può trascorrere un tempo variabile da poche ore a oltre una settimana.

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La fase delle contrazioni irregolari si chiama prodromica e non corrisponde all’inizio vero e proprio del travaglio. Contattare il ginecologo e spiegare nel dettaglio i sintomi è la prima cosa da fare. In assenza di contrazioni regolari, di rottura delle acque, di dolori eloquenti, di perdite ematiche (previo parere del medico) si può attendere a casa, magari facendo un rilassante bagno caldo.

Il travaglio

Quando le contrazioni diventano regolari (con intervalli di cinque minuti e durata del dolore da contrazione di un minuto circa) è molto probabile che sia iniziato il travaglio. Come hanno spiegato al corso pre parto, occorre sfatare alcune credenze. Non esistono travagli di 24 ore o più. Quelle sono semmai fasi prodromiche particolarmente dolorose. Il travaglio può durare fino a 12 ore, contingenza che si verifica in genere per il primo parto. I secondi e i terzi figli, come dicono le nonne, generalmente (non sempre) si fanno più in fretta.

In ospedale

Una volta in ospedale, ostetriche e ginecologi visiteranno la partoriente. Controlleranno se il collo dell’utero è morbido ed accorciato, verificheranno la dilatazione, faranno un’ecografia per verificare le condizioni generali del nascituro e poi sottoporanno la gestante, a intervalli regolari, ai monitoraggi/tracciati per verificare la frequenza cardiaca del piccolo. Quest’ultimo passaggio è fondamentale. Il tracciato consente di verificare la frequenza cardiaca ed è quindi un indicatore fondamentale della salute del bimbo nella delicata fase di travaglio ed espulsione. Qualora il tracciato rilevasse delle anomalie nel battito cardiaco del piccolo, i medici, ad esempio, potrebbero provvedere a un cesareo.

La fase espulsiva

Quando la partoriente ha una dilatazione pressoché completa (10 cm) inizierà a sentire una forte esigenza di spingere (occorrenza che può iniziare anche a dilatazione non completa. Sarà fondamentale, per il bene del bimbo, seguire i consigli delle ostetriche). È la fase espulsiva. Inizieranno le spinte, che faranno sì che il piccolo, ormai ben posizionato nel canale del parto, possa venire alla luce. Non si può stabilire con oggettività la durata della fase espulsiva. Ci sono donne che sono pronte a giurare di aver dato giusto tre spinte ed altre che sono rimaste in sala parto anche per qualche ora. Il consiglio è quello di collaborare, di ascoltare i consigli di medici e ostetrici e di comunicare sintomi e sensazioni.

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Metodi per alleviare il dolore

La maggior parte di cliniche e ospedali in Italia pratica la cosiddetta anestesia epidurale, che ha lo scopo di rendere il parto dolce. La si deve concordare per tempo, sottoponendosi a visita anestesiologica almeno sei settimane prima della data prevista del parto. L’anestesista fornirà tutti i chiarimenti del caso e spiegherà nel dettaglio la procedura, che può essere fatta però a determinate condizioni.

Il parto in acqua è un’altra maniera per attutire i dolori delle doglie. Negli ospedali attrezzati, vi sono delle vasche apposite, dove la partorienti possono trascorrere la fase conclusiva del travaglio ed il parto.

Respirazione, yoga, canto carnatico e massaggi sono altre tecniche assolutamente naturali e molto in voga

Quando correre in ospedale

Al corso pre parto raccomandano di vivere i momenti dell’arrivo del piccolo con serenità. Niente terrore, evitare corse in auto e quant’altro, immotivatamente, possa arrecare danno a mamma e bambino.

Vi sono dei casi in cui però non si deve temporeggiare.

Ne elenchiamo alcuni:

Rottura delle membrane con acque “tinte” quindi non di colore trasparente, verosimilmente di colore verde.

Acque miste a sangue

Perdite ematiche modeste o emorragiche

Assenza di movimenti fetali.

In tutti i casi, è sempre bene contattare il proprio ginecologo, di fronte a qualsiasi dubbio o sintomo strano, anche di lieve entità. La fine della gravidanza è un momento delicato e va gestito senza paranoie ma con opportuna prudenza. Auguri a tutte le future mamme.

 

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