Partire con un treenne non è una cosa semplice. Difficile credere a chi dice il contrario. Eppure, da grandi viaggiatori quali siamo io e mio marito (per diletto e per dovere) abbiamo iniziato Raffaele ai lunghi viaggi quando aveva circa quattro mesi. Non mancano i momenti “di panico”, i pianti apparentemente inconsolabili, la stanchezza, il ricorso, una tantum, al telefonino (cercando di non esagerare) e alla tv. Spesso viaggiamo in auto, così da essere più autonomi. Facciamo diverse soste e programmiamo le tappe più lunghe quando raffi dorme. Lui, tra l’altro, adora da sempre dormire nel seggiolino auto. Quando siamo in marcia e lui è sveglio, per cercare di ricorrere il meno possibile al telefonino, lo intratteniamo con i libri interattivi, le compilation audio dei suoi cartoni preferiti e le soste (con piccolo premio mangereccio). Gli itinerari si articolano in relazione alle sue esigenze. Appena Raffi è stanco si torna in hotel. Il primo viaggio di Raffaele è stato proprio in Alto Adige, un territorio che amiamo particolarmente e dove torniamo quando possibile. Sono siciliana, arrivo dal mare, però ho un amore viscerale per le montange, per le Dolomiti in particolare. Lì trovo pace, respiro, concentrazione e soprattutto rivedo i luoghi più ostili è più bello del Giro d’Italia. I passi dolomitici sono uno spettacolo unico e, seppur faticosi, vale la pena di farli. Il panorama in cima ripaga di tutto. Ho contagiato questa passione anche a mio marito e Raffaele sta condividendo per noi questo amore ad alta quota. Nelle scorse settimane abbiamo fatto il nostro terzo viaggio in Trentino e in Alto Adige. Con la collaborazione di alcune strutture ricettive e di alcuni musei, abbiamo fatto vivere a Raffaele un’esperienza vacanziera indimenticabile. Iniziamo con il dire che il Trentino e l’Alto Adige sono territori assolutamente family friendly. I più piccoli sono bene accetti dappertutto e non vi è comune che non abbia un parco giochi sicuro e ben attrezzato.
Il Muse di Trento
Il nostro primo pit stop è stato a Trento, città che avevamo visitato lo scorso gennaio e dove ci eravamo riproposti di vedere il Muse. Il Museo delle Scienze è una perla del Belpaese. Riconoscibilissima architettura di Renzo Piano, è stato inaugurato nel 2013 e in soli sei anni di vita ha già registrato quasi 3,5 milioni di visitatori. Un successo assolutamente meritato. Il percorso si articola su cinque piani. Entri e rimani immediatamente rapito dalla struttura, che ricorda l’andamento delle Dolomiti ed uno spazio distribuito nella verticalità e nell’espansione verso l’alto. Si può scegliere di iniziare dal piano più alto, il quinto, con la terrazza, totalmente in sicurezza per i bimbi, ed affacciata sul prato verde del museo, sulla città di Trento e sull’altopiano della Paganella. Noi siamo partiti dal basso, con un ingresso letteralmente ad effetto speciale. Raffaele ha sgranato gli occhi di fronte al modello gigantesco di uno scheletro di dinosauro, davvero fedelissimo quanto a stazza e struttura. Il modello si inserisce in un progetto più ampio dedicato ai primi cenni di vita sulle Alpi per arrivare al futuro globale. Oltre al dinosauro ecco sbucare le riproduzioni di altri fossili e delle più antiche forme di vita del nostro pianeta. Guardi in su e trovi l’evoluzione, che ha come riferimento il paesaggio alpino e dolomitico: ecco i volatili, i rapaci e quindi i mammiferi di alta quota, lo stambecco, la mucca, il capriolo ed il cervo. Riproduzioni e animali imbalsamanti con la tecnica della della tassidermia, ti consentono un viaggio lungo l’evoluzione della specie umana e faunistica. La presenza di cosi tanti esemplari (dai roditori, ai felini, passando per le scimmie e gli uccelli) non desta però turbamento, poiché il percorso espositivo è così luminoso e ben organizzato da far apparire gli animali, anche agli occhi di un bimbo, sì veritieri, ma lontani dall’idea del trapasso. Il percorso somiglia a una scalata dolomitica, che attraversa flora e fauna, in maniera completa ed esaustiva. Agli spazi espositivi si alternano quelli interattivi, una vera chicca per gli ospiti più piccini. Esperimenti di fisica alla portata di tutti, che insegnano la scienza anche a chi non ha più l’età per stare tra i banchi di scuola. Continui il percorso e scopri le farfalle, gli insetti, la palude, l’acquario e quasi alla cima anche la riproduzione di un ghiacciaio, che si può toccare con mano. Un’esperienza adatta anche a un bimbo piccino che, curioso, farà tante domande, alle quali lo staff sarà contento di rispondere. Gli spazi gioco, le attività gratuite quotidiane e gli schermi interattivi rendono la visita ancora più intrigante. Alla fine del tour utile un salto allo shop, non fosse che per acquistare uno dei tanti interessanti testi e poi via a correre nell’ampio prato che circonda il museo e che è inserito in uno dei quartieri residenziali di Trento. Luogo accessibilissimo a bimbi e portatori di handicap, ascensori veloci, a vetro, adatti anche a chi con i luoghi chiusi non ha un buon rapporto. Al Muse c’è anche un bar, le macchinette self service ed un comodo parcheggio sotterraneo. Tutte le info su ingressi, prezzi e attività le trovate sul sito www.muse.it
La visita ad alta quota: il Latemar
Il secondo giorno in Alto Adige è stato sicuramente il più avventuroso. Decidiamo di fare una gita al Latemar, uno dei più suggestivi massicci dolomitici. Siamo entusiasti perché per arrivare in cima, a quota 2250, ci serviremo della seggiovia panoramica, che si trova in località Obereggen. A organizzare il tour è il Latemarium (www.latemarium.com), ottimo ed impeccabile gestore delle vostre gite in quota anche con bimbi piccoli al seguito. La seggiovia non ha creato alcun problema a Raffaele, che è abituato da tempo a salire in quota (ovviamente sempre dopo aver consultato il pediatra). Il percorso dura circa 20 minuti ed è esaltante, poiché viaggi con le creste dolomitiche a un passo e con ruscelli e vegetazione alpina a portata di occhi. La seggiovia procede lenta così da consentire un facile adeguamento all’altitudine. Arrivati in cima eccoci “approdare” al rifugio” Obrholz, una vera meraviglia. Davanti al rifugio ci sono i giochini per bimbi, che hanno attratto Raffaele al primo istante. Il rifugio è ultra moderno, con un panorama da togliere il fiato. Si può scegliere di pranzare nella terrazza o all’interno, magari in uno dei tavoli in prossimità delle vetrate. Abbiamo gustato, dall’antipasto al dolce, le delizie altoatesine, con tanto di merenda Oberholz, una squisitezza (speck, formaggi di malga, cetrioli, crema di rafano, salami,bretzel), quindi via libera ai canderli, alle zuppe, poi i secondi con il bue alla Strangoff (che meraviglia), la cotoletta con a fianco la marmellata di mirtilli (che in Alto Adige è un must e si sposa con il dolce e con il salato). Raffaele ha gustato un menù baby: pasta con il ragù e cotoletta panata. Gran finale con i dolci della tradizione: lo strudel, la sacher e la torta di grano saraceno. Tutto delizioso, cucinato con cura ed abbondante, servito in un clima luminoso e conviviale. La prontezza ed i sorrisi dello staff hanno fatto il resto. Gestori ed impiegati hanno accolto ed esaudito le nostre richieste con garbo e velocità e con un occhio di riguardo verso Raffaele e i tanti altri ospiti baby, presenti nel rifugio. Luogo ideale per una gita con il vantaggio dell’assenza delle barriere architettoniche. Da lì, inoltre, partono decine di percorsi alla scoperta dell’anello del Latemar, uno degli itinerari dolomitici più battuti. Siamo ridiscesi che era pomeriggio inoltrato, dopo aver fatto merenda con caffè, panna e strudel. Prima di tornare in hotel a Merano abbiamo fatto una puntatina allo spettacolare lago di Carezza, uno specchio di acqua color smeraldo con intorno le Dolomiti.
I giardini Trauttmansdorff
Il terzo giorno in Alto Adige abbiamo deciso di fare una gita più easy, optando per i giardini Trauttmansdorff a Merano. Si tratta dei cosiddetti giardini della principessa Sissi, che furono il luogo dove la celebre sovrana trascorse alcune stagioni invernali, dopo il 1870. Prendono il nome dal castello intorno a cui sorgono e si tratta di circa 12 ettari, tutti coltivati e interamente percorribili, dove è possibile ritrovare la flora proveniente da mezzo mondo. L’abilità di agronomi e giardinieri fa sì che, anche in una terra come l’Alto Adige, abbiano buona vita piante e fiori non propriamente alpini. I giardini sono un colpo d’occhio per i colori, per la vastità e la varietà: si passa dal pino alle piante esotiche, con tanto di incursione tra le gettonatissime piante carnivore, esposte all’interno del castello. Il bosco si alterna ai fiori coloratissimi e delle specie più svariate. Tra un giro e l’altro sbucano gli animali: la voliera con decine di uccelli, poi gli alpaca e le caprette alpine. Ottanta ambienti botanici caratterizzano i giardini, con l’alternanza delle cosiddette stazioni multisensoriali, dove grandi e piccini possono dilettarsi a riconoscere i profumi di piante e fiori. Nella parte più bassa ecco il belvedere di Sissi, una ringhiera imperiale, alla base del castello, dietro di questa una seduta di marmo, dove è installata una statua della principessa. Pare che fosse solita sedere lì e godere il panorama: il laghetto, le aiuole, i fiori coloratissimi ed i profumi inebrianti. Un colpo d’occhio, un momento magico, che dà l’illusione di vivere in un’epoca lontana, romantica ed elegante. Quel che colpisce dei giardini è la totale assenza di barriere architettoniche. I sentieri sono mattonellati e fruibili da tutti: neonati in porta enfant e disabili in carrozzina o con sostegno di stampelle o girello. Di fatti abbiamo incontrato visitatori baby e anziani con difficoltà motorie, che hanno potuto godere a pieno del percorso. Raffaele ha potuto scorazzare libero e in sicurezza per le quattro ore di visita dei giardini. Il pericolo è praticamente inesistente. La visita completa dura intorno alle 7 ore, ma vale la pena di farla. All’interno del castello vi sono ristoranti, bar e lo shop. A circa 300 metri dai giardini vi è un parcheggio custodito. Tutte le info sulle aperture, le serate in giardini, gli orari e le tariffe si trovano sul sito www.trauttmansdorff.it
La visita alle malghe
I giorni ferragostani siamo tornati in quota, stavolta però per visitare le malghe, un’esperienza imperdibile perchè racconta il cuore dell’Alto Adige, quello degli alpeggi e della caseificazione. I vostri bimbi resteranno stupiti e voi con loro. Siamo stati a quota 1800 metri alla malga Taser, che si trova in territorio di Schena, un comune molto turistico poco più su di Merano. Alla malga si arriva comodamente da Schena con la funivia (10 min. circa). La malga è una delle più note dell’Alto Adige. Ha un vasto parco giochi per bambini, con giochini per i più piccoli e con un percorso avventura per i più grandicelli. In mezzo al parco ecco le caprette, a portata di carezza e di clic. La malga dispone di un family hotel, un bar e un ristorante. Negli spazi esterni abbiamo fatto un comodo pic nic usufruendo dei tavoli di legno messi a disposizione dei visitatori. Bellissima anche l’esperienza delle amache panoramiche, con vista su Merano e con musica tradizionale in filo diffusione. La visita alla chiesetta di san Martino è stata la chicca della giornata. L’altra malga che abbiamo visitato è stata la Calice (Kalcheram) sul monte Giovo, nei pressi di Vipiteno. Una malga enorme, con tantissimi animali, per la gioia dei piccini: mucche, caprette, maialini ed un parco giochi davvero grande e ben attrezzato, con tanto di trattore in legno, una vera attrazione per i piccoli ospiti. Anche in questa malga è possibile usufruire del servizio ristorazione e bar. Sono inoltre messi a disposizione degli ospiti i giochini per bimbi e delle sdraio, dove si può comodamente prendere la tintarella montanara. Lì abbiamo gustato una deliziosa omelette con la marmellata di mirtilli rossi: una goduria. Raffaele ha trascorso un pomeriggio di relax, giochi, sole ed aria buona. Si arriva in malga con la funivia, che ferma a pochi passi dall’obiettivo oppure in auto, parcheggiando nello spazio riservato ai clienti. Per gli amanti delle passeggiate è possibile fare gli itinerari lungo i sentieri naturalistici.
La cantina Rametz
Il quindici agosto abbiamo deciso di visitare una delle tante cantine meranesi. La più antica è la tenuta Rametz, che si espande intorno a un bellissimo castello, che ha conosciuto tante dominazioni e l’eredità di diversi stili. Il colpo d’occhio è stupendo: il castello immerso tra i vigneti ed intorno le alpi altoatesine. Ero in dubbio se la visita fosse a misura di bimbo, ma la guida, Anne, una fortissima ottantenne amante dei vini e della vita, ci ha incoraggiati, dicendoci che il bimbo avrebbe gradito, ed aveva ragione. Abbiamo visitato i vigneti sul calar del sole, ascoltato la storia delle uve che crescono in quota e che danno un sapore più deciso ai vini, soprattutto ai bianchi. Abbiamo visitato il museo del vino, che si interseca nei vari piani della cantina. Un momento emozionante poiché abbiamo visto piccoli tesori dell’arte della viticoltura: bottiglie di vino vecchie di quasi settant’anni, botti di rovere odorose di legno e di mosto, l’atmosfera onirica che si respira quindici metri sottoterra e che ricorda la magia del film “Un’ottima annata”. Due ore in cui ci siamo immersi nel mondo delle viti e del vino. Raffaele ha gradito molto la parte etnoantropologica del museo, facendo decine di domande sugli utensili. Quando noi siamo scesi in cantina, lui, insieme al papà, ha fatto un giro nel bellissimo giardino di fiori e viti. Quindi la degustazione, in un clima conviviale ed insieme a un gruppo di simpaticissimi ragazzi toscani, ci siamo deliziati, con tanto di tavola imbandita, seguendo i preziosi consigli di Anne. Abbiamo sorseggiato vino rosso amabile da pasteggio, Pinot nero, vino bianco ed uno spumante supremo (in Trentino Alto Adige le bollicine sono un must). Abbiamo mangiato lo speck ed il pane nero, trascorrendo un bel pomeriggio ferragostano, in un luogo ricco di storia, natura, fascino e ottimi vini.
La settimana in Trentino Alto Adige è trascorsa davvero velocemente. Abbiamo visitato una terra ospitale, dove ogni cosa è a portata di mano. Abbiamo trovato un po’ cari i parcheggi a pagamento e custoditi (che possono superare anche a due euro l’ora) e ci siamo resi conto che, dopo le 19, trovare un litro di latte è un’impresa. In Alto Adige i negozi chiudono alle 19. Per fare i percorsi natura con bimbi piccolissimi dimenticate i passeggini tradizionali, occorrono quelli con ammortizzatori idonei alla montagna. È facile però trovarli a noleggio. Durante il tour non siamo stati esenti dai legittimi capricci di Raffaele, che sono stati placati dalle svariate possibilità che questa regione offre. In Trentino Alto Adige è difficile non trovare, quotidianamente, attività a prova di bimbi. Nei siti web dedicati (www.visitaltoadige) o nelle pagine dei siti ufficiali dei vari comuni, è facilissimo trovare il programma quotidiano dedicato ai bimbi e alle famiglie (gite in bici, trekking, corsi di cucina, percorsi tra i vigneti, i meleti o lungo i sentieri delle api o la bellissima liberazione dei rapaci a Tirolo). Questo viaggio ci ha confermato che la vacanza con un bimbo piccolo richiede pazienza, buona volontà, capacità di assolversi quando si perdono le staffe. Il viaggio verso posti nuovi però è un bel regalo che si fa a tutta la famiglia, perché viaggiare dona meraviglia, stupore e una forma singolare e tenerissima di condivisione, che rende più unita la famiglia.
Ps: Prima di qualsiasi gita in quota abbiamo sempre consultato il pediatra, che ci ha suggerito di non superare quota 2500. Quando Raffi aveva meno di due anni ci indicava di fermarci a quota 2000. Nei rifugi, dove non è possibile trovare una farmacia o un pronto soccorso, abbiamo portato con noi (su suggerimento del medico) cortisone pediatrico, paracetamolo, disinfettante, stick per le punture di insetti, pomata all’idro cortisone, cerottini caccia insetti. Durante la salita abbiamo sempre dato al nostro piccolo qualcosina da sgranocchiare (quando era più piccino il ciuccio) così da evitare l’effetto “tappo alle orecchie”. Ovviamente ciascun bimbo ha una storia medica a se, quindi, prima di qualsiasi gita in quota o tra i boschi è sempre preferibile consultare il pediatra.