“Per me non cambia nulla. Io vivo in quarantena ormai da dieci anni.”
Lo scrive Tina De Michele sulla sua bacheca facebook. Il riferimento è ai provvedimenti restrittivi comunicati dal premier Conte per la lotta al Coronavirus. Tina commenta con ironia, ma poi invita a fare ciascuno la sua parte, a osservare le regole, sicuramente difficili, che questo momento storico ci impone.
La storia di Tina però va oltre questo post ironico, che nasconde una realtà complessa, che ha avuto contorni anche drammatici. Tina però ci tiene sempre a precisarlo: “Racconto la mia storia, ma non voglio che passi il messaggio del melodramma, quanto quello della speranza”.
Tina De Michele è un avvocata, come ci tiene a precisare lei, si occupa in particolare dei diritti dei più deboli e lavora in un centro antiviolenza. È di Termoli, in Molise, e nella sua terra piccola, ma carica di personalità, lei è un nome del foro. É giovane, preparata, volitiva, bella, ha un compagno, ed ha una carriera luminosa davanti. Dieci anni fa la bella notizia: Tina è incinta. Qualche settimana dopo scopre di aspettare due gemelli. La gioia si raddoppia.
“Andava tutto bene, fino alla venticinquesima settimana, quando improvvisamente sono stata male. Sono partite le doglie. All’ospedale di Termoli, cittadina dove vivo, capiscono che la vicenda è delicata. Il parto non si può fermare e i bimbi vanno fatti nascere in un ospedale adeguato. Da lì la corsa in Puglia, a San Giovanni Rotondo, dove arrivo per strade in parte accidentate. Nascono i miei gemelli. Sono minuscoli ed hanno molti problemi legati a una prematurità importante, complicata dalla gravidanza multipla. Due mesi di terapia intensiva nell’ospedale dove sono nati e poi i bimbi devono essere separati. Rossana andrà a Napoli per sottoporsi a un intervento cardiologico, Sebastiano sarà trasferito al Bambin Gesù di Roma. Tra intervento e degenza, i due piccini restano in due ospedali diversi per oltre otto mesi.”
La vita che cambia dall’oggi al domani
La vita che cambia. Il timore, gli ospedali, le terapie intensive. Un oggi che non ricorda più le vita di ieri. Una rivoluzione, che si fa breccia nella vita di Tina e del suo compagno dall’oggi al domani, proprio quando si preparavano alla felicità più grande.
“La nostra vita non solo cambia diametralmente, ma improvvisamente. Iniziamo a fare la spola, prendiamo due case in affitto. Ci dividiamo tra il Molise, la Campania e la Puglia. Nel febbraio del 2011 il ritorno a casa. Divento ufficialmente una mamma. I miei piccoli hanno problemi sensoriali, cognitivi e motori. La sanità fa quel che può, il grosso dobbiamo farlo noi genitori. Da allora, lo ribadisco, ho iniziato una sorta di quarantena: azzerrati gli impegni non strettamente necessari e legati al lavoro, alla sussistenza, alla salute. Un po’ quello che il Governo ci ha chiesto di fare.”
I decreti urgenti non ti hanno destabilizzata?
“Assolutamente no. Nella nostra Costituzione si parla di un valore chiave: la solidarietà sociale. Cosa vuol dire in soldoni: se io non ho paura per me, devo averla per chi mi sta accanto ed ha paura. Anzi, nella fattispecie non si parla solo di paura, ma di necessità. Chi ci sta accanto può essere un anziano, un soggetto ammalato, un immuno-compromesso. Mai come oggi dobbiamo prendere consapevolezza dell’essere solidali. L’esserlo ci aiuterà a uscire in fretta da questa situazione.
Davvero vivi in quarantena da dieci anni?
Sostanzialmente sì. La mia vita è tutta da organizzazione incastri. Per me, da dieci anni a questa parte, anche andare a prendere un caffè con un’amica è diventato un lusso. Stangata a viaggi, gite, cene al ristorante, cinema, shopping, palestra, tutte cose che facevo regolarmente. Avevo una bella vita sociale, tanti amici, amavo viaggiare, dal mare alla montagna. A parte pochissime eccezioni alla regola, la mia vita oggi è sì una sorta di quarantena permanente (sorride). Faccio da tempo lo stile di vita che tutta Italia deve imparare a fare in questi giorni. Capisco l’impatto che i recenti provvedimenti possano avere sulle persone, perché quando si va a toccare la libertà, l’autodeterminazione, la scelta può mancare il il fiato. Ci sono passata. È stata durissima. Capisco anche che la mia è una condizione individuale, però comune a molte altre famiglie e che io ho avuto del tempo per abituarmi. So che certe limitazioni sono contro natura, ma so con certa che quando abbiamo uno scopo più alto da raggiungere, quesi sacrifici vanno fatti.
Nella tua storia di coraggio, c’è anche un bellissimo epilogo
Dopo Sebastiano e Rossana, sono nate Emma e Alba, che oggi hanno otto e tre anni. Sono nate in una famiglia dove vi sono due fratelli maggiori con handicap gravi, dove la vita quotidiana è scandita da ritmi precisi e tutti dobbiamo dare il nostro contributo. Stanno crescendo con questa consapevolezza, che forse le aiuta anche a gestire questo momento difficile per la collettività, perché anche i nostri piccoli sono chiamati al sacrificio.
Come stai vivendo questi giorni?
Proviamo a viverli come risorsa. Li prenderei come un rallentamento, come momento di riflessione collettivo. Leggo sui social che quando finirà tutto questo dobbiamo abbracciarci forte. Ne sentiamo una forte necessità. Questo momento deve insegnarci a capire il verbo ricostruire. Ricostruire noi stessi, ma anche avviare una ricostruzione, sia nei rapporti umani sia nel sociale. Le falle nel sistema sanitario e assistenziale ci fanno capire che, quando tutto sarà finito, dovremo ripartire puntando su questi settori.
Hai paura per te, per i tuoi piccoli?
Sono di natura ottimista, lato del mio carattere che mi ha aiutata tanto, soprattutto da dieci anni a questa parte. Ho una soglia della paura molto alta. Conosco i reparti di rianimazione, le terapie intensive, i respiratori. Li ho vissuti quando li hanno vissuti i miei figli. So cosa si vive e cosa si prova in quella realtà sospese, dove senti bip dei macchinari e sei appesa al un bollettino medico. Però non ho terrore. Sono certa che questa tempesta passerà e passerà prima, se tutti faremo la nostra parte. Credetemi, stare a casa, rinunciare ad aggregarci è dura ma non impossibile. Facciamolo per noi, per i nostri cari, per la società intera. Facciamolo con ottimismo, progettando cose belle per quando tutto sarà finito. Io oggi ho tinto di rosa due ciocche dei miei capelli. Una piccola cosa che mi ha regalato una gioia. Procediamo per piccole gioie ed arriveremo presto a quella grande. Ce la faremo!