Le chiese sono chiuse. La storia più recente non ricorda nulla di simile. Il virus non conosce razza, classe sociale e neppure religione. Arriva dove vuole. Arriva laddove c’è comunità. E la Chiesa, anzi, le chiese sono comunità per antonomasia. Chi crede da sempre, chi crede da ora, si fa tante domande. É vero, ci sono le dirette streaming di liturgie e preghiere. Ci sono i canali tv dedicati. Anche il Papa ha virtualmente aperto la sua celebrazione mattutina in santa Marta ai fedeli di tutto il mondo. É sufficiente? Tantissima gente scopre un desiderio: tornare in chiesa, anche solo per rimanere in silenzio e di questo silenzio godere. In tanti si chiedono: che fine hanno fatto oggi i sacerdoti.
Lo abbiamo chiesto a un parroco agrigentino, un prete amato perché ama stare tra la gente e donarsi ai fedeli. É don Giuseppe Morreale. Anche la sua parrocchia, quella di san Giusippuzzu, nella zona industriale di Agrigento, è chiusa.
DON GIUSEPPE, I PRETI DOVE SIETE?
La maggior parte dei preti siamo a casa, ma non pensiate che stiamo solo con le mani giunte o peggio con le mani in mano. Anche la casa in un momento così difficile può diventare una trincea.
CI SPIEGHI MEGLIO
Per ragioni di sicurezza ci è stato chiesto di chiudere le chiese. Non possiamo permetterci di creare aggregazione. Siamo però certi di una cosa: la casa in questo momento non può e non deve diventare un luogo di isolamento egoistico dagli altri, anzi i religiosi siamo chiamati a dare cura alle anime, quindi semmai ci fosse un reale bisogno, con tutte le accortezze del caso e le precauzioni a tutela di tutti, siamo pronti ad andare incontro a chi ha un reale bisogno.
DA CASA, COME AIUTATE I FEDELI?
Cerchiamo di dare segni concreti. In questo momento la tecnologia ci viene in aiuto. Quella tecnologia tanto demonizzata, che allontanava dallo spirito e dalla spiritualità, oggi è un’alleata anche per noi religiosi. Non sono amante delle condivisioni di preghiere e riti religiosi in streaming, ma sono in contatto quotidiano con i miei parrocchiani, con i fedeli in genere. Non una comunicazione asettica o in ciclo stile, ma una relazione che voglio arrivi al cuore, perché dal cuore parte. Da casa mi sento come in una vedetta, ho anche io dei momenti di sconforto, perché sono prete, ma sono un uomo. Ho una mamma anziana che vive in un paesino della provincia. Le visite frequenti delle scorse settimane oggi non sono possibili. Nei momenti di scoramento penso alla gente della parrocchia, agli anziani, agli ammalati. Faccio loro una telefonata. Mi sostengono con le parole e con i messaggi, perché in momenti dolorosi come questi basta poco. Ci diamo forza a vicenda. Dio ci avvicina, per il semplice fatto che ci accomuna e per noi che crediamo questo è un segno reale, un conforto grande.
COME SI SVOLGE LA SUA GIORNATA?
Vuole sapere se sto tutto il giorno con le mani giunte a pregare? No, non è così. Sto pensando moltissimo ed a volte penso di pregare poco. Poi capisco che Dio vede il cuore e non pensa alle formule, ma ai sentimenti che vi si muovono dentro.
CONTINUA A CELEBRARE LA MESSA? DA SOLO?
Sì, celebro ogni giorno la lituriga eucaristica. Ho allestito l’altare sul davanzale di casa. Da casa mia si vede in lontananza il mare: che è conforto, senso di libertà, di apertura. Celebrare in questo modo la Messa mi sembra il modo migliore. Sono solo? Fisicamente sì, ma mi creda penso ai miei parrocchiani, ai loro sorrisi, ai loro abbracci. Penso a quanti sono in trincea e in particolare ai sanitari e li penso di cuore. Anni fa, quando mio padre si ammalò, compresi il valore dei medici e del personale sanitario. Da allora ho sempre avuto un’intenzione speciale per loro nelle mie preghiere.
DON GIUSEPPE, IN MOLTI PENSANO CHE DIO SI È GIRATO DALL’ALTRA PARTE IN QUESTO MOMENTO?
Come giudicare chi, credente o meno, di fronte a questa situazione unica, al bollettino quotidiano di morti e ammalati gravi, vacilla. Da prete, da credente, io penso che Dio non sia un padre cattivo, che voglia il male dei suoi figli e non posso immaginare che questo male venga da Dio. Io credo in un Dio buono, che non può mandarci un male del genere. A chi crede che si sia voltato dall’altra parte, voglio suggerire di pensarlo come un papà, solo quello. Potrà essere d’aiuto.
HA CONTATTI CON SACERDOTI LOMBARDI?
Ho un caro amico, don Massimo, che è sacerdote a Bergamo. Con lui, lo scorso settembre, sono stato in missione in Albania. Siamo diventati amici veri. Lo sento quando è possibile. Mi racconta di un dolore grande. Tantissimi morti, una comunità decimata, bare su bare. Funerali che non si possono celebrare. Sacerdoti, almeno otto, morti di Coronavirus ed altri in ospedale, alcuni in condizioni gravi. Lui mi parla del libro di Giobbe, delle prove, della pazienza. Lui che è nel cuore del dolore mi dà conforto.
COSA FARÀ QUANDO TUTTO SARÀ FINITO?
Immagino ogni giorno la prima messa che potrò celebrare di nuovo in parrocchia insieme ai miei parrocchiani. Non so quando sarà, né quale sarà la parola di Dio da commentare. Penso però alle parole da utilizzare, chissà quali saranno. É un pensiero che mi dà forza, fiducia e speranza. Immagino anche tutte le persone che oggi desiderano entrare in chiesa e spero che, quando tutto tornerà come sempre, vi entrino davvero e lo facciano con quel desiderio che li anima in questi giorni.
DOMANI È LA FESTA DI SAN GIUSEPPE, IL PATRIARCA DELLA CHIESA. UNA FESTA SILENZIOSA QUEST’ANNO
Approfittiamone per stare un po’ in silenzio. Niente flashmob, in fondo al nord i nostri fratelli lombardi piangono i loro morti. Approfittiamo del giorno dedicato a San Giuseppe accendiamo una candela vicino alla finestra, recitiamo il rosario, una preghiera insieme a tutti i vescovi italiani domani alle 21, un piccolo pensiero. Il silenzio a volte è necessario.
Grazie don Giuseppe e buon onomastico.
Grazie a voi, vi lascio con una frase biblica che mi accompagna dalla liturgia delle ore di questi giorni: “Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio.”
Questo deve fare il sacerdote.
Una risposta
Don Giuseppe, grande sacerdote e vero uomo di Dio. Grazie per la tua testimonianza.