Le sale d’attesa dei medici somigliano alle pagine di certi romanzi fitti di capitoli e di personaggi. Per la sala d’attesa del dottore Marco Attard sarò passata non so quante volte, sebbene io non sia mai stata una sua paziente. Le sedie rosse, i quadri di pregio, i cachepot in maiolica e una sequela di volti di passaggio. Donne con il pancione, bambini magrissimi e in contraltare adolescenti obesi. Vecchi e giovani. Maschi e femmine. Perché la tiroide, come mi disse un tempo un collega di Attard, ce l’abbiamo tutti e a volte é un enigma capace di mettere sotto scacco l’intera esistenza. In sala d’attesa si aspetta e nel frattempo ci si guarda, ci si squadra, ci si riconosce, quindi si chiacchiera, lo si fa in un clima che azzera i convenevoli e fa tutti simili. Di fronte alla malattia, o alla paura di questa, si diventa solidali e non si è più i soliti stranieri in madrepatria.
Gli incontri in sala d’attesa
Una volta vi incontrai una signora del mio paese. La conoscevo di vista, ma non ci eravamo mai neppure salutate. Partì con il suo elogio: “Non fosse stato per il dottore Attard non sarei qui. Manco a Pisa se ne erano accorti che avevo un carcinoma alla tiroide, stadio 1 per fortuna”. Sempre in quel corridoio ho incontrato un collega: “Marco? Ormai per me è uno di famiglia. Ero venuto qui per dimagrire e l’indomani mi sono ritrovato in sala operatoria. Carcinoma alla tiroide, stadio 3, praticamente il buio. Nessun sintomo, eppure lui aveva rintracciato, tra le orbite dei miei occhi, qualcosa che non andava. Gli esami strumentali gli hanno dato ragione. Sono passati tre anni. Sto bene. Gli devo la vita, non pensi?”. Un’altra volta ho incontrato un tizio agrigentino, uno molto in vista, indicibilmente antipatico. Lì anche lui sembrava diverso. Era uno dei tanti, solidale al clima del mal comune, pure lui grato, financo intimidito. In quella sala d’attesa di via Dalla Chiesa ho visto passare un pezzo di mondo sufficiente a scrivere centinaia di pagine. La tiroide, se solo fa i capricci sa essere devastante: abortivitá, depressione, aritimie, metabolismo in tilt.
Attard e la soluzione per tutti
E il dottore Attard pareva avere una soluzione per tutti. Una sorta di straordinario azzeccagarbugli. Un luminare? Probabilmente sì. Inutile qui elencarne il curriculum medico, le pubblicazioni, i grandi viaggi. Era un grande medico. Io non l’ho mai visto, neppure per un istante. Me ne hanno però parlato così tanto, che é come se lo avessi conosciuto ben bene. Sarà per questo che quando seppi della sua partenza, é scesa una lacrima. Una sola, ma davvero sincera. Perché quando va via chi sa migliorare le vite degli altri, ci si sente un po’ soli. Perché ogni volta che torno in quella sala d’attesa ho meno storie da ascoltare. Ma sento sempre ripetere quel nome, che viene sì dalla mia terra, ma che a me pareva arrivato da un altro mondo.