Di Laura Ruoppolo, storica dell’arte e mamma di un’adolescente
Rumorosi, ecco come sono gli adolescenti. E per adolescenti intendo un’età che va dai dodici anni a più o meno infinito dal momento che noi, per primi, in qualità di genitori, siamo appena entrati in questo mondo dai decibel impazziti e sembriamo non vederne la fine.
Dai vagiti ai nuovi mondi
Torniamo al rumore del viaggio adolescenziale
Intanto la voce, la muta della voce, che li trasforma da usignoli a frontman degli Slayer.
Urlano, ma quanto urlano? Anche la mattina, appena svegli, quando le corde vocali sono ancora impastate di sonno, i decibel sprigionati sono già pavarottiani. Rumoreggiano quando si lavano, si vestono, indossano lo zaino e chiudono la porta di casa come se stessero mettendo in pratica un piano di evacuazione.
Avete mai provato ad attraversare gli spazi antistanti la scuola media? Equivale ad attraversare Piazza San Giovanni a Roma durante il concerto del Primo Maggio mentre il pubblico poga e canta a squarciagola a suon di Bandabardò e Marlene Kuntz. Aggiungete ai movimenti inconsulti da Primo Maggio, gli zaini ingombranti sulle spalle che devi scansare ogni volta come se fossi a un incontro di boxe e capirete bene come farsi largo incolumi in questo rumore adolescenziale di prima mattina sia impresa da eroi!
Rumoreggiano quando passeggiano, perché il loro passo è simile a quello dei bersaglieri con le sneakers ai piedi (le uniche calzature possibili sia che vadano al mare ad agosto sia che scalino il Monte Bianco a febbraio) e per fortuna direi! Immaginate se al passo da mandria vociante dovesse aggiungersi il rumore degli anfibi col tacco di ferro.
Rumoreggiano quando ti rivolgono la parola sottoforma di versi incomprensibili che vanno da gorgheggi che mischiano vocali a caso e H aspirate a vocaboli di una lingua sconosciuta, un esperanto adolescenziale che include termini come (segnateveli!): cringe, amio, burla, crash, boomer, bro, dissing, solitamente rivolta a noi genitori che non siamo più vvvveeeccchi, ma boomer appunto.
Il tutto condito da movimenti e inflessioni da rapper del Bronx, di cui imparano tutti i testi a memoria in meno di cinque minuti, salvo poi entrare in crisi se la prof. (non la professoressa!) di italiano assegna come compito l’incipit a memoria de “In morte del fratello Giovanni” di Ugo Foscolo. Un intero testo trap a memoria sì e quattro versi di Foscolo no, che poi se li confrontiamo non è che entrambi sprizzino gioia da tutti i pori.
Rumoreggiano senza preavviso quando urlano e ululano contro ignari genitori, che stanno sorseggiando un caffè per fatti loro, i vari “non mi capisci”, “che ne capisci tu”, “è colpa tua”, “ce l’avete sempre con me”, “ma che ho fatto io”, “non sono stato io”, “uffa però”, anche se il motivo scatenante è iLMeteo.it che prevede cieli temporaleschi che possano limitare l’uscita con gli amici del sabato pomeriggio.
Gli unici momenti in cui non rumoreggiano sono quelli in cui interagiscono con il cellulare, il loro sacro totem, che trattano con cura referenziale e certosina, tanto da rivolgersi a LUI con toni bassi da confessionale, mormorii e bisbigli di cui non ti sembra più capace l’adolescente. Anzi, quando non rumoreggia più vuol dire che sta mandando o ascoltando un vocale con i suoi simili. In silenzio. Tanto che, per ascoltare un vocale adolescenziale, ti serve minimo minimo un interprete dotato del super udito.
Rumoreggiano i nostri improvvisati Ulisse. E fanno bene!
Ne hanno tutto il diritto. Devono alzare la voce contro il mondo degli adulti di cui presto faranno parte. Ricordano quei capricci improvvisi che mettevano su quando erano morbidi e piccini, e che era il loro modo di abbandonare la neonataggine per diventare bimbi e bimbe con cui confrontarsi a suon di curiosi e continui “perché?”.
Rumoreggiate ragazze e ragazzi, anzi vi auguro di farlo sempre più forte in un mondo che tende a silenziare il pensiero e omologare gli animi. Siate rumorosi, impavidi come gli esploratori, ma con la bussola dello studio sempre in mano, vigili come Ulisse e sapienti come Atena. Trasformate il vostro rumore, non silenziatelo.
Il mondo ha bisogno delle vostre rumorose qualità.
(Magari non la mattina appena svegli, però!)